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PAPA

«Natale di speranza e di martirio»

In un'intervista concessa ad Andrea Tornielli e pubblicata da La Stampa, papa Francesco rivendica la storicità del Natale. Ha ricordato i cristiani perseguitati nel mondo, parlando di «ecumenismo del sangue».

Ecclesia 15_12_2013
La tenerezza di Dio si è fatta carne

Che differenza con l'intervista - come oggi sappiamo, ampiamente «rielaborata», o reinventata - di Eugenio Scalfari. Papa Francesco ha ricevuto a Santa Marta Andrea Tornielli, un giornalista cattolico, credente - se volete, cari lettori, uno dei nostri, uno della squadra storica della Bussola e del Timone - e gli ha trasmesso un messaggio di speranza e di chiarezza per il Natale.

I giornali di tutto il mondo dedicano i loro titoli a una frase dell'intervista - «Il Natale per me è speranza e tenerezza» - e certo la tenerezza di Dio annunciata dal Papa commuove. È l'«effetto Francesco», che riporta in chiesa tante persone lontane -, ma non si tratta affatto di espressioni generiche.

Sulla scia di tante catechesi recenti, Francesco ricorda che il Natale è un evento storico, non un mito immaginato dagli evangelisti. È successo davvero, non è una fiaba, Gesù è venuto «in un punto preciso della Terra Santa», è entrato nella storia e questa sua entrata fa parte della storia. Ed è venuto a portare una speranza che non dobbiamo perdere guardando a quella che il Pontefice chiama, con i Padri greci, «synkatabasis», l'abbassamento di Dio in un bambino, un tema - ricorda Francesco - tanto caro al beato Giovanni Paolo II (1929-2005). Natale è «l'incontro con Dio» o non è nulla: è gioia, speranza, amore. Se non c'è l'incontro con Dio fatto bambino non c'è la vera gioia del Natale, ma la sua contraffazione, l'«allegria mondana».

Attenzione anche, ha detto il Papa, a una lettura del Natale che «s'imbriglia nelle ideologie», leggendo in una chiave frettolosamente sociale la povertà della grotta di Betlemme. «Il Natale non è stato la denuncia dell'ingiustizia sociale, della povertà, ma è stato un annuncio di gioia. Tutto il resto sono conseguenze che noi ne traiamo, alcune giuste, altre meno giuste, altre ancora ideologizzate. Il Natale è gioia, gioia religiosa, gioia interiore, di Dio, di luce, di pace». 

Altri - tra cui uno scrittore carissimo a Papa Francesco ed evocato nell'intervista, Fedor Dostoevskij (1821-1881) - a Natale pensano ai bambini sofferenti, si chiedono perché i bambini soffrono. È un mistero, risponde Papa Francesco: Dio non me lo spiega in questa vita, ma ci guarda - «mi guardi e io mi fido di te, Signore, del tuo sguardo». Naturalmente, se le ragioni ultime della sofferenza dei bambini sono misteriose, per tanti bambini che soffrono - diecimila ancora oggi muoiono di fame ogni giorno, ricorda Francesco - possiamo e dobbiamo fare qualcosa.

Ma, anche qui, fare ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa, non alle ideologie. Con un sorriso, Papa Francesco liquida coloro che hanno accusato la «Evangelii Gaudium» di essere marxista - «l'ideologia marxista è sbagliata», dice, «ma non mi sento offeso» perché ho conosciuto anche marxisti per bene - e afferma che nell'esortazione apostolica «non c'è nulla che non si ritrovi nella dottrina sociale della Chiesa». Il testo, insiste, non va letto come se fosse un documento tecnico di teoria economica - in quel campo devono operare i laici - anche se cita per criticarla una opinione degli economisti che secondo Francesco è stata smentita dai fatti, quella secondo cui la crescita del PIL, il prodotto interno lordo, assicura automaticamente benessere anche ai più poveri. Diversi economisti - ne abbiamo parlato anche su queste colonne - su questo punto specifico sono d'accordo con il Papa: in India, in Cina, altrove cresce il PIL ma non cresce il benessere dei più svantaggiati.

Commovente e decisivo, in tema di ecumenismo, è l'appello all'«ecumenismo del sangue». In tanti Paesi cattolici, ortodossi e protestanti sono perseguitati insieme e muoiono insieme. Francesco lo ha detto tante volte: quella dei cristiani perseguitati oggi è un'emergenza planetaria, e il criterio per sapere se amiamo la Chiesa è se ci ricordiamo, anche a Natale, dei fratelli perseguitati.

In una chiave davvero ecumenica: «In alcuni paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia, e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi. Il sangue è mischiato. Per coloro che uccidono, siamo cristiani». 

Il Papa parla anche del delicato problema dei sacramenti ai divorziati risposati, ricordando che l'esclusione dalla comunione «non è una sanzione», invitando alla massima prudenza nell'esaminare questi problemi nei prossimi due Sinodi e affermando con chiarezza che nella «Evangelii Gaudium» ha trattato della necessità di essere insieme cauti e generosi nel decidere a chi dare o rifiutare i sacramenti in senso generale, senza voler entrare nella materia specifica dei divorziati. «Non sono sceso in casi particolari», ripete, «non ho parlato di questo nell'esortazione».

No anche alle donne cardinali: «E'  una battuta uscita non so da dove. Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, non "clericalizzate"». E sì alla riforma dello IOR, che è - dice - sulla buona strada. Ma le riforme in genere - ripete Francesco - nella Chiesa si fanno guardando a Gesù, a quel Dio che si è fatto bambino che chiama tutti alla conversione e alla gioia. Buon Natale, Papa Francesco.