Multiculturalismo al potere, il modello Obama trionfa a Londra
L'elezione di Sadiq Khan, di origine pachistana e primo musulmano sindaco di Londra, dimostra come oggi per un politico il "non essere occidentale" diventi una risorsa. Non è l'esito di un dialogo tra culture, ma l'affermarsi di un'informe melassa culturale vagamente progressista.
Nell’elezione a sindaco di Londra del figlio di un autista di autobus immigrato in Gran Bretagna dal natio Pakistan c’è ad abundantiam tutto ciò che serve per trasformare la vicenda in una versione aggiornata dell’antica favola di Cenerentola. Oppure a piacere in un’inedita rilettura europea del “sogno americano” del ragazzo deciso anche se privo di mezzi che giunge infine al settimo cielo del successo.
Nella storia di Sadiq Khan gli elementi ci sono tutti: dalla nascita in una numerosa famiglia di poveri immigrati pakistani agli studi in scuole e in un’università di periferia, all’impegno come legale specializzato in cause in tema di diritti civili fino all’elezione alla Camera dei Comuni come deputato laburista e ora a quella di sindaco della Greater London Authority, la città metropolitana di Londra.
Mayor of London, da non confondersi con il Lord Mayor of the City of London che è il sindaco del centro storico della capitale britannica, oggi soltanto il primo dei 33 municipi in cui la città metropolitana si articola. E’ una storia di cui Sadiq Khan, divenuto ieri il primo sindaco di Londra musulmano e di origine non europea, ha fatto tesoro: nei suoi comizi non mancava quasi mai un accenno alla sua nascita in una famiglia di pakistani immigrati, autista di autobus lui e sarta a domicilio lei, nonché all’infanzia e alla giovinezza trascorse in una casa popolare di periferia, un trilocale affollato dove lui e i suoi cinque fratelli e una sorella dormivano in letti a castello. A un certo punto anche giornali a lui favorevoli avevano cominciato a ironizzare in proposito assicurandogli che ormai non c’era più un londinese che non ne avesse notizia.
Sposato con un’avvocatessa pure nata in una famiglia di immigrati pakistani, Sadiq Khan non ha mai rinnegato la fede dei suoi padri, anzi si dichiara musulmano credente. Inoltre c’è chi sostiene che abbia avuto qualche indulgenza verso persone condannate per atti di terrorismo islamista e loro famiglie. Tuttavia alla Camera dei Comuni fu tra i parlamentari che votarono a favore del matrimonio omosessuale, tanto più inconcepibile nel mondo islamico dove la stessa omosessualità è (iniquamente) perseguitata in quanto tale.
E in foto quasi ufficiali le sue due figlie sfoggiano minigonne che in Pakistan potrebbero costare la vita sia a loro che ai genitori. C’è qualcosa di sorprendentemente parallelo tra la parabola sociale e politica di Barack Obama e quella del nuovo sindaco di Londra. In entrambi i casi siamo di fronte a figli di padre immigrato dall’emisfero Sud, dall’Africa il primo e dall’Asia il secondo, che raggiungono alte cariche evitando di ridursi a rappresentanti delle minoranze cui appartengono ma invece intrecciando con successo la rendita politica che loro deriva da tale origine con l’attiva adesione alla cultura dominante dell’Occidente contemporaneo.
Sono casi che sembrano dimostrare quanto in un Occidente oggi caratterizzato da relativismo nutrito da un diffuso rifiuto della sapienza e dell’esperienza storica, per un politico il non essere di origine occidentale può cessare di essere un problema ma anzi diventare una risorsa. In effetti la multi-culturalità dell’odierno politically correct consiste non nel dialogo fra le diverse culture e visioni del mondo bensì nella loro espulsione dallo spazio pubblico a favore di un’informe melassa culturale vagamente progressista, magari colorata con un po’ di folclore multi-etnico. Per averne un’idea non c’è poi bisogno di andare lontano: bastano e avanzano le iniziative in materia di tante scuole statali italiane (per non dire anche di qualche scuola paritaria ormai inconsapevole della cultura che dovrebbe testimoniare e trasmettere).
Tornando al caso di Londra c’è da domandarsi se i Tories, i conservatori, avessero deliberatamente scelto di perdere questa elezione in cambio di qualche contropartita altrove. In una città dove il 40 per cento degli elettori è di origine straniera e dove basta uscire dal centro per accorgersi che il grosso della popolazione vive assai modestamente, i conservatori avevano candidato un aristocratico miliardario, Frank Zacharias Robin "Zac" Goldsmith, sposato in seconde nozze con Alice Miranda Rothschild, per parte sua nata in una delle famiglie più ricche del mondo.
La biografia di Zac Goldsmith è in ogni suo punto l’esatto opposto di quella di Sadiq Khan. L’uomo poteva forse andare bene come candidato a Lord Mayor, a sindaco della City, ma è ovvio che in almeno 25 degli altri 32 municipi della città metropolitana non aveva speranza alcuna. Mentre però, e per comprensibili motivi, da tutto il mondo si è guardato a Londra, le cose sono andate malissimo per i laburisti in Scozia, dove si votava in quel medesimo giorno: sono diventati il terzo partito là dove erano storicamente il primo.
In Gran Bretagna, nell’insieme 64 milioni e mezzo di abitanti, con i suoi meno di 5 milioni e mezzo di abitanti la Scozia tutta intera pesa meno di Londra, che ne ha oltre 8 milioni e mezzo. Se poi al peso puramente demografico si aggiunge quello politico ed economico la differenza aumenta ancora. Anche per questo tuttavia Londra è un caso a sé, mentre invece per il suo valore simbolico la Scozia ha una capacità di traino dell’opinione pubblica maggiore di quanto si penserebbe. Perciò è troppo presto per dire se la vittoria laburista a Londra sia o no il preannuncio del futuro arrivo a Downing Street di un premier laburista.