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AI CONFINI DELLA CINA

Morto il vescovo Yeung, la Chiesa di Hong Kong al bivio

La morte di Michael Yeung Ming-cheung, vescovo di Hong Kong, avviene in un momento molto delicato: all'indomani della firma dell'accordo fra Cina e Vaticano, nel pieno del dibattito in Hong Kong sul futuro della Chiesa in Cina, fra fautori del dialogo e scettici. Il successore sarà cruciale

Ecclesia 04_01_2019
Michael Yeung

Nei giorni scorsi la diocesi di Hong Kong aveva diffuso notizie sul deteriorato stato di salute del suo vescovo, Mons. Michael Yeung Ming-cheung. Ammesso al Canossa Hospital è deceduto il 3 gennaio per una crisi epatica all’età di 73 anni. La morte del vescovo Yeung lascia interrogativi per quanto riguarda la direzione futura di una diocesi che ha preso un ruolo importante anche per quello che riguarda il dialogo fra Cina e Vaticano.

Come sappiamo esistono due fronti riguardo la questione sino-vaticana, quello che supporta la linea del dialogo senza se e senza ma e quello che sostiene una linea di maggiore prudenza nelle trattative con il governo di Pechino. Senza dubbio il fronte del dialogo è ora in una posizione di favore, grazie all’accordo provvisorio di settembre. La diocesi di Hong Kong, con alcune eccezioni, ha sposato questa linea ora favorita anche dalla diplomazia Vaticana. Pur vero che il vescovo Yeung stesso, in occasione della firma dell’accordo provvisorio, non nascose le difficoltà che si presentavano nella nuova situazione. Detto questo, sono state evidenti le differenze fra la leadership odierna della diocesi, il vescovi Yeung e il suo predecessore Cardinale John Tong, e il Cardinale Joseph Zen, strenuo oppositore di un tipo di diplomazia che è vista come una resa alle pretese di Pechino.

Ora c’è il discorso della successione e sembrerebbe in pole position il vescovo ausiliare Joseph Ha Chi shing, francescano. In una intervista proprio a me concessa per La Nuova Bussola Quotidiana, parlando delle paure di coloro che non volevano un accordo a queste condizioni riconosceva: “Io penso che ci sia fondamento. Ma dall’altro lato, se non corriamo il rischio non vedo come la Chiesa in Cina possa progredire. Usando le parole di un officiale del Vaticano, stiamo cercando di rendere la gabbia più larga. Stiamo sempre in una gabbia, ma proviamo a renderla più larga”. Questa era la “via francescana”, come l’aveva definita il giornale nel titolo. Il vescovo Ha è persona di grande umanità e bonomia, tutta francescana.

Altre ipotesi, ma non so quanto realistiche, potrebbero vedere il ritorno del vescovo Stephen Lee Bun sang, attualmente vescovo a Macao da qualche anno e appartenente alla prelatura dell’Opus Dei. Non c’è dubbio che il vescovo Lee ha cercato di ravvivare la diocesi di Macao, in un certo senso stagnante nei decenni precedenti. Per fare questo si è servito anche di manodopera proveniente proprio dalla sua diocesi di appartenenza, Hong Kong. Il lavoro del vescovo mi sembra molto apprezzato (e necessario) nella sua attuale diocesi, anche se non mancano (ataviche) resistenze. Un suo eventuale spostamento riaprirebbe il problema di una successione a Macao, quindi mi sembra meno realistico della successione del vescovo Ha. Voci nei mesi passati vedevano come vescovo futuro padre Peter Choi, adesso vicario generale della diocesi (ci sono due Peter Choi, uno si occupa di musica, questo invece si occupava in precedenza del Seminario di Hong Kong ed è stato fra gli organizzatori dell’incontro tenutosi alla Gregoriana qualche tempo fa sull’incontro fra cultura cinese e cultura occidentale). Ora, la morte improvvisa del vescovo Yeung fa vedere questa ipotesi come più lontana, anche se il Papa può sparigliare tutta la situazione.