Morire di stupro a 6 mesi. In India è strage di innocenti
È ancora in coma la bambina di sei anni violentata e abbandonata nell’Orissa, in India. Il giorno prima, nel Madhya Pradesh, un’altra bambina è stata violentata e uccisa: aveva solo sei mesi. Sono solo gli ultimi casi di una lunga scia di orrori, dovuti a una cultura per cui una bambina non ha diritti, non vale nulla.
È ancora in coma la bambina di sei anni violentata e abbandonata nella veranda di una scuola il 21 aprile nell’Orissa, in India. L’uomo che l’ha stuprata e ridotta quasi in fin di vita è stato arrestato. È un ragazzo di 25 anni. Ha confessato di aver avvicinato la piccola offrendole cioccolatini e caramelle. Poi l’ha attirata nella scuola e l’ha violentata. Sostiene di essere stato preso dal panico alle sue grida di aiuto. Per farla smettere ha cercato prima di coprirle la bocca e poi le ha sbattuto la testa contro un muro fino a farle perdere i sensi. Allora, credendo di averla uccisa, se n’è andato.
Il giorno prima in un altro stato della federazione, il Madhya Pradesh, un’altra bambina è stata violentata e uccisa. Stava dormendo per strada insieme ai genitori, venditori di palloncini, quando poco prima dell’alba è stata rapita, portata del seminterrato di un edificio a pochi metri di distanza e stuprata a morte. Delle telecamere a circuito chiuso hanno ripreso il colpevole mentre arrivava in bicicletta, afferrava la bambina e la portava via. Si chiama Sunil Bheel, ha 21 anni ed è un lontano parente dei genitori. La piccola vittima aveva soltanto sei mesi.
La notizia della sua morte è giunta mentre il paese è già scosso da un altro caso, risalente a gennaio, tornato in primo piano sui mass media internazionali. Il 10 gennaio nel Jammu e Kashmir era scomparsa una bambina di otto anni, Afisa Bano. Il suo cadavere era stato rinvenuto sette giorni dopo, abbandonato in una foresta. Le indagini hanno accertato che la piccola era stata tenuta prigioniera in un tempio indù, sedata, seviziata, stuprata più volte e infine colpita due volte alla testa con un sasso e strangolata a morte.
Negli stessi giorni ha fatto clamore il tentato suicidio, davanti alla residenza del primo ministro dell’Uttar Pradesh Mehbooba Mufti, di una ragazzina di 16 anni che nel giugno del 2017 è stata violentata da un deputato del Bjp, Bharatiya Janata Party, il partito nazionalista indù al governo.
Per lo stupro e l’omicidio di Afisa sono state arrestate otto persone. Il loro processo è iniziato il 16 aprile. Sono sicuramente colpevoli. Però la piccola era “solo” la figlia di un pastore nomade musulmano. Il difensore degli imputati li ha giustificati dicendo che i pastori musulmani occupano le terre degli indù e vi fanno pascolare il bestiame. Il rapimento di Afisa era stato un avvertimento inteso a spaventarli e indurli ad andarsene. Persino due ministri del Bjp, Lal Singh e Chander Prakash Ganga, hanno difeso gli stupratori.
“Ma non siamo una nazione senz’anima, l’intera società sta vivendo un trauma” dice Monsignor Leo Cornelio, arcivescovo di Bhopal, descrivendo ad AsiaNews lo sgomento delle comunità colpite, la disperazione delle famiglie. In varie parti del paese si organizzano manifestazioni di solidarietà con le vittime e di condanna dei criminali. Le proteste popolari hanno costretto i due ministri a rassegnare le dimissioni che il primo ministro Mufti non ha potuto fare a meno di accettare.
Monsignor Cornelio descrive l’impegno della Chiesa cattolica, in collaborazione con altri leader spirituali – musulmani, indù, sikh e jain – per cercare di “sensibilizzare al rispetto delle ragazze e delle donne anche nelle nostre scuole delle aree rurali e semi-urbane. Nei nostri ostelli stiamo istruendo bambini e giovani a rispettare le ragazze… in ogni piattaforma, in piccole comunità stiamo insegnando ed educando le persone su come portare rispetto alle ragazze e alle donne”.
I dati più recenti sono sconvolgenti. Un rapporto del Child Rights and You indica che negli ultimi dieci anni i crimini contro i minori sono aumentati del 500%, passando dai 18.967 registrati nel 2006 ai 106.958 del 2016. Un’altra indagine, del National Crime Records Bureau, ha rivelato che nel 2016 i crimini di cui sono stati vittime dei minori sono aumentati del 14% rispetto al 2015. Ogni 15 minuti si è verificata una violenza contro bambini. Sempre nel 2016, 38.947 donne sono state vittime di stupro, il 12% in più rispetto al 2015: 100 donne al giorno violentate, e si tratta soltanto dei casi denunciati.
I vescovi cattolici il 18 aprile hanno celebrato una veglia di preghiera per chiedere pace, giustizia, il riconoscimento della dignità intrinseca di ogni persona. È stata dedicata in particolare alla piccola Asifa e alla sedicenne violentata dal deputato del Bjp. La manifestazione, organizzata in collaborazione con Signis India, una associazione cattolica internazionale per la comunicazione, e con la Commissione arcidiocesana per i giovani, si è svolta davanti alla cattedrale del Sacro Cuore di Delhi. All’iniziativa hanno partecipato 28 vescovi. Anche la Chiesa protestante è scesa in campo: “è tempo per l’India di riconoscere che ha un problema sul modo in cui tratta le donne” ha dichiarato monsignor Joseph D’Souza, moderatore della Chiesa evangelica.
Ha ragione. L’India, non va dimenticato, è il paese in cui milioni di bambine sono state abortite o uccise alla nascita per non gravare le famiglie del fardello di troppe figlie a cui corrispondere una dote al momento del matrimonio. Ed è il paese in cui migliaia di donne ogni anno vengono uccise dai mariti, di solito simulando un incidente domestico. Succede perché la dote promessa non viene corrisposta e la moglie diventa un incomodo per la famiglia che sperava di ricavarne un utile. È per questo che, quando una donna sposata muore per cause non naturali entro i primi sette anni dalle nozze, è previsto che si indaghi, nel sospetto che si tratti di uxoricidio.