Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Francesco Saverio a cura di Ermes Dovico
AFFONDAMENTI NEI CARAIBI

Venezuela: prima ancora della guerra, già si sospetta un crimine

Il conflitto in Venezuela non è iniziato, almeno per ora, ma già si sospetta che il Pentagono abbia commesso un primo crimine di guerra. In uno degli affondamenti dei barchini veloci nei Caraibi, due naufraghi sono stati deliberatamente uccisi.

Esteri 03_12_2025
Pete Hegseth (La Presse)

Il conflitto in Venezuela non è iniziato, almeno per ora, ma già si sospetta che il Pentagono abbia commesso un primo crimine di guerra. Se è dubbia la legalità dell’affondamento dei barchini veloci nei Caraibi, quelli usati dai corrieri della droga (la Marina statunitense li affonda senza fermarli, né ispezionarli), uccidere naufraghi è sicuramente illegale, secondo le leggi di guerra e anche secondo la stessa legge statunitense. A quanto risulta da un’inchiesta del Washington Post, che ha portato un’ampia documentazione video, la Marina statunitense avrebbe ucciso due naufraghi, dopo aver affondato il loro motoscafo. Il fatto è avvenuto il 2 settembre. Ora si cerca di capire perché sia successo e di chi sia la responsabilità. Il Washington Post punta in alto e addita quale maggior responsabile il ministro, il Segretario della Guerra Pete Hegseth. Lui avrebbe dato l’ordine di “uccidere tutti”.

Un primo colpo ha semi-distrutto e incendiato il barchino veloce. Due uomini dell’equipaggio si erano però salvati e si aggrappavano al relitto. A questo punto è intervenuto un secondo colpo, mirato, a ucciderli entrambi. La responsabilità diretta dell’attacco “double tap” è dell’ammiraglio Frank M. Bradley, comandante del Joint Special Operations Command. L’ammiraglio, secondo il quotidiano di Washington, avrebbe giustificato il suo ordine sostenendo che, se i sopravvissuti fossero rimasti in vita, avrebbero potuto chiedere aiuto e i loro soccorritori avrebbero potuto impossessarsi del contrabbando trasportato dalla nave. Sentita così, è un’argomentazione difensiva un po’ fragile.

Secondo la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, «L’ammiraglio (Frank) Bradley ha agito nel rispetto della sua autorità e della legge», anche quando ha ordinato il secondo attacco, quello che ha ucciso i due naufraghi. La Leavitt scagiona anche il Segretario della Guerra. Non avrebbe mai dato l’ordine di “uccidere tutti”.

Il Congresso non è soddisfatto di queste spiegazioni. E in questo caso, le interrogazioni sono in entrambi i partiti. Sia i legislatori repubblicani che quelli democratici hanno espresso preoccupazione per l’incidente del 2 settembre e hanno promesso di riesaminare la politica degli attacchi ai barchini veloci nei Caraibi.

Secondo il senatore democratico Jacky Rosen (del Nevada): «Se le notizie sono vere, Pete Hegseth ha probabilmente commesso un crimine di guerra quando ha dato un ordine illegale che ha portato all'uccisione di sopravvissuti, disarmati e incapaci di agire, in un attacco statunitense nei Caraibi». Rosen è membro della Commissione per le forze armate e ha anche chiesto un'indagine approfondita. «Ovviamente, se ciò fosse avvenuto, sarebbe molto grave», ha affermato il deputato repubblicano dell'Ohio Mike Turner, durante il programma della CBS Face the Nation. «Concordo sul fatto che si tratterebbe di un atto illegale», ha aggiunto.

La legge di guerra vieta l’uccisione di un nemico, quando questo è “fuori combattimento”. Difficile determinare quando lo sia, nel corso di una battaglia. Ma in questo caso, due naufraghi erano indiscutibilmente “fuori combattimento”, secondo la definizione data dallo stesso Manuale del comandante statunitense sul diritto delle operazioni navali. I precedenti non fanno ben sperare in un’assoluzione di Bradley o anche dello stesso Hegseth, se venisse coinvolto. Perché al Processo di Norimberga era stato condannato a morte il capitano Heinz Eck, comandante di un U-Boot tedesco che nel 1944 aveva affondato un mercantile greco e poi ucciso i naufraghi. In tempi più recenti, nel 2014 la Corte d'Appello del Secondo Circuito degli Stati Uniti aveva stabilito che, se un soldato uccide intenzionalmente un prigioniero di guerra, “commette omicidio”.

Hegseth ha respinto le accuse contenute nel reportage, definendole “inventate, provocatorie e denigratorie”. Lunedì ha twittato che l'ammiraglio Bradley «è un eroe americano, un vero professionista, e ha il mio sostegno al 100%». «Sono dalla sua parte e sostengo le decisioni che ha preso in combattimento, nella missione del 2 settembre e in tutte le altre successive». Martedì ha affermato di non aver neppure assistito al secondo colpo, ma di aver lasciato la sala comando (con il collegamento video in diretta dai Caraibi) subito dopo che era andato a segno il primo colpo.

Fermo restando che si è innocenti fino a prova contraria e che sia Hegseth che Bradley finora lo sono, resta da capire che piega stia prendendo il nuovo modo di condurre la guerra da parte del Pentagono, nell’amministrazione di un presidente Trump che più di altri aspira al Nobel per la Pace. Perché è solo sotto questa amministrazione che il Segretario alla Difesa è diventato “della Guerra”. Perché è sempre Hegseth che ha affermato più volte il principio della “massima letalità” nelle operazioni militari, superando vecchi lacci e lacciuoli delle regole di ingaggio “troppo restrittive”. Non c’è da stupirsi se si accertasse che abbia dato veramente anche l’ordine di “uccidere tutti” nelle operazioni navali nei Caraibi. E forse i suoi subordinati lo hanno preso alla lettera, anche troppo.

Questa inchiesta capita al momento sbagliato, quando gli Usa stanno esercitando il massimo della pressione possibile sul Venezuela, per indurre il dittatore Maduro a lasciare il paese, anche senza ricorrere a una guerra. Ora l’amministrazione Trump deve prima di tutto lavare questa macchia che rischia di essere indelebile, come le violenze sui prigionieri a Guantanamo e ad Abu Ghraib ai tempi dell’amministrazione Bush.