Montfort, in una lettera il programma per la santità
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Nella Lettera agli abitanti di Montbernage, san Luigi Maria di Montfort racchiude in nuce la sua dottrina spirituale. Centrali la devozione a Maria come via perfetta per amare Gesù, il Rosario quotidiano, la riparazione dei peccati, il riposo festivo, la fiducia nella Provvidenza. Tutto per Dio e la salvezza delle anime.
Siamo nella prima metà del 1706. Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716), il santo di cui oggi ricorre la memoria liturgica, ha 33 anni. Da sei è sacerdote, ma non ha trovato ancora una via di apostolato stabile, attraverso cui poter annunciare a tutti ciò che gli sta più a cuore: Gesù. Anzi, ha da poco subìto l’ennesima battuta d’arresto o, per meglio dire, l’ennesimo invito ad andarsene. Già perché, dopo un periodo di missioni al popolo piene di frutti spirituali, nelle parrocchie di Poitiers e dintorni, gli è stato chiesto dal vescovo di lasciare la diocesi.
All’origine, un “incidente” avvenuto nella cappella delle Suore di Nostra Signora del Calvario. In sostanza, sul finire della missione, mentre il Montfort si trova in chiesa intento a confessare e poi a celebrare, qualche fedele brucia sul sagrato, come di consuetudine, delle stampe immorali, ma anche - all’insaputa del santo - un fantoccio simboleggiante il demonio. A qualcuno pare un’esagerazione. E così viene subito informata la Curia. In assenza del vescovo, il vicario generale si precipita nella chiesa del Calvario e, davanti a tutti, rimprovera duramente il Montfort, che rimane in silenzio rinunciando a difendersi. Poi, si limiterà a dire ai presenti: «Fratelli miei, stavamo per piantare una croce alla porta della chiesa. Dio non l’ha voluto; i nostri superiori si oppongono. Piantiamola nel mezzo dei nostri cuori: sarà il posto migliore».
Al suo ritorno a Poitiers, il vescovo, stretto tra difensori e oppositori di Luigi Maria, infine gli chiede appunto di andarsene. Per il Montfort è un brutto colpo, ma come sempre trova nella fede la sua forza. E decide, d’accordo con il suo confessore, di recarsi in pellegrinaggio a Roma, a piedi, per chiedere direttamente consiglio al Santo Padre. Un pellegrinaggio che si rivelerà provvidenziale.
È proprio in questo contesto che il nostro santo, prima della partenza, scrive una lettera agli abitanti di Montbernage e di altre parrocchie nelle quali aveva predicato la missione. Una lettera importante perché contiene, in alcune decine di righe, il nucleo essenziale degli insegnamenti del Montfort, che infatti comunica ai fedeli di scrivere loro «non per insegnarvi cose nuove, ma per confermarvi nelle verità che vi ho trasmesso».
La prima di queste verità: coltivare la devozione alla Madre celeste, via perfetta per conformarsi sempre di più a suo Figlio. Ecco dunque il missionario scrivere ai fedeli «di amare ardentemente Gesù Cristo, e di amarlo per mezzo di Maria, di far risplendere ovunque e davanti a tutti la vera devozione alla santissima Vergine, nostra buona Madre, per essere ovunque il buon profumo di Gesù Cristo, per portare costantemente la vostra croce al seguito di questo buon Maestro, e di guadagnare la corona e il regno che vi attende». Subito dopo, il santo esorta a vivere fedelmente le promesse battesimali, un impegno che nel suo scritto più celebre, il Trattato della vera devozione, spiegherà in modo approfondito, legandolo esplicitamente alla consacrazione a Gesù per le mani di Maria, come da lui insegnata.
Tra le prime raccomandazioni nella Lettera agli abitanti di Montbernage c’è poi quella di recitare ogni giorno il Rosario (altra devozione su cui il Montfort insisterà per tutta la sua vita) e di accostarsi ai sacramenti, quindi alla Confessione e alla Comunione, «almeno ogni mese».
Altra verità, oggi trascurata, che emerge dalla lettera: la necessità di riparare i peccati. Di qui, il grande predicatore chiede di «non tollerare senza reagire, nel loro quartiere, coloro che bestemmiano e spergiurano, chi canta canzoni volgari, chi si ubriaca. Dico “senza reagire”, cioè se non possono impedire di peccare, riprendano costoro con coraggio e dolcezza, in modo che qualche uomo o donna di Dio non manchi di fare penitenza, anche pubblica, per un peccato commesso in pubblico, non fosse che recitando un’Ave Maria per strada, o dove pregano, oppure tenendo in mano una candela accesa, in casa o in chiesa».
Nelle sue missioni, il santo insiste sul Terzo comandamento e anche la lettera di cui stiamo parlando ci offre un forte richiamo in tal senso, denunciando sotterfugi e pretesti volti a trasgredirlo: «Nessuno lavori nei giorni delle feste comandate. Nessuno esponga la merce o tenga socchiuso il negozio, come fanno comunemente fornai, macellai, rivenditrici e altri a Poitiers, che rubano a Dio il giorno a lui dedicato», scrive il Montfort, che ammette poi la possibilità di eccezioni, ma solo per «una vera necessità, riconosciuta - aggiunge - dal vostro degno parroco». A conferma dell’importanza data al precetto, il santo, che a tratti usa un linguaggio a cui oggi siamo poco abituati e che ricorda quanto oltre un secolo dopo riferiranno al riguardo i veggenti di La Salette, esorta tutti a essere di esempio agli altri: «Non lavorate nei giorni di festa, in alcun modo, e io vi assicuro che Dio vi benedirà nello spirituale e anche nel materiale, in modo da non mancare del necessario». In breve: san Luigi Maria concepisce il lavoro festivo solo se motivato dalla carità, ma custodendo il riposo nel suo senso più ampio, innanzitutto come riposo dell’anima in Dio e fiducia nella Sua Provvidenza.
Al cuore di tutte le preoccupazioni del Montfort c’è sempre la salvezza delle anime. Perciò, chiede di essere accompagnato con le preghiere nel difficile pellegrinaggio che sta per compiere, come scrive, «per voi e per molti», ossia per ottenere la perseveranza dei giusti e la conversione dei peccatori impenitenti. «La loro anima è così cara al mio Dio, che per essa ha dato tutto il suo sangue. E io non darei nulla? Per essa Egli ha compiuto lunghi e faticosi viaggi, e io non dovrei farlo? Egli ha messo a rischio perfino la sua vita: e io non dovrei rischiare la mia? [...]».
La conformazione a Gesù, Sapienza incarnata, è dunque la chiave per cooperare il più possibile al mistero della Redenzione. Il Montfort sa che per riuscirci deve fronteggiare vari nemici e ostacoli, «i mondani», «l’Inferno intero», la sua stessa miseria. Ma ancora una volta, sul finire della lettera, indica (a sé e a tutti) la via sicura per la santificazione: «È per mezzo di Maria che io cerco e troverò Gesù, che schiaccerò la testa del serpente e vincerò tutti i miei nemici e me stesso, per la maggior gloria di Dio».