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ALLARGAMENTO

Montenegro nella Nato, una mossa avventata

Da un punto di vista militare, l'allargamento della Nato al Montenegro è pressoché irrilevante. Da un punto di vista politico, invece, avrà l'unico effetto di far irritare la Russia, che considera la mossa della Nato come un'ingerenza nella sua sfera di influenza storica. L'Italia, a questo punto, dovrebbe avere più voce in capitolo per contrastare la politica di allargamento.

Editoriali 04_12_2015
Montenegro

Proprio mentre l’ambiguo comportamento della Turchia, suo importante membro, aggrava nel Vicino Oriente una  crisi già fin troppo pericolosa, la Nato pensa bene di aprire le braccia  al Montenegro.  Lo ha annunciato ieri il suo segretario generale, Jens Stoltenberg , nel corso del secondo giorno di lavori a Bruxelles dell’annuale conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’alleanza. Si tratta di un’iniziativa che sembra fatta apposta per irritare la Russia, e questo proprio mentre la crisi ucraina è ancora aperta e mentre Mosca è in prima linea nella lotta contro l’Isis. 

Situato fra la Croazia e l’Albania, entrambe membri della Nato dal 2009, il Montenegro è un piccolo Paese che si affaccia sull’Adriatico di fronte alla Puglia. Ha più o meno la superficie della Campania,  ma la sua popolazione, circa 620 mila abitanti, è paragonabile a quella della provincia di Foggia. Secondo il premier montenegrino Milo Djukanovic, in varie forme ininterrottamente al potere dal 1991, l’invito a entrare nella Nato segna  “il giorno più importante per il Montenegro dopo il referendum del 2006 per l'indipendenza". Con tale invito si avvia una procedura che dovrebbe concludersi in un paio d’anni e che implica anche  il voto favorevole dei Parlamenti dei 28 Paesi che già fanno parte dell’alleanza.  

Pur essendo un Paese in maggioranza di lingua serba e di tradizione slava-ortodossa, il Montenegro non ha buoni rapporti con la vicina Serbia, della quale è invece nota la storica prossimità con la Russia. Osserviamo qui per inciso che il Montenegro ha poi storici legami con il nostro Paese: era montenegrina la regina Elena, consorte dell’ultimo re d’Italia; e  il suo litorale comprende quello che fu l’estremo lembo dei domini dalmati della Repubblica di Venezia con le Bocche di Càttaro e la piccola città di Perasto che forniva la guardia allo stendardo di guerra della flotta veneziana, che in tempo di pace ivi era custodito.

Da un punto di vista strategico che il Montenegro faccia parte o meno della Nato è del tutto irrilevante. Da un punto di vista politico invece è uno schiaffo alla Russia. Dopo la fine dell’Unione Sovietica gli Stati Uniti avevano promesso a Mosca che la Nato non si sarebbe avvicinata ai confini della Russia o comunque di Paesi con cui la Russia ha specifici legami storici. L’ingresso del Montenegro nella Nato viola ancora una volta una promessa che non ha mai smesso di venire tradita. A che pro? Stando freddamente ai fatti  non si può se non concludere che gli Stati Uniti, dominus della Nato, vogliano così esacerbare la crisi nel Levante e aprirne un’altra nell’area ai confini tra Unione Europea e Russia. La Russia ha già annunciato che reagirà. Come ha dichiarato il portavoce di Putin, Dimitri Peskov: "La continua espansione della Nato verso est, di certo, non può che portare ad azioni di risposta da parte russa per motivi di sicurezza”. Mosca è maestra nel fare la voce grossa anche al di sopra delle sue reali possibilità, ma resta il fatto che così si continua ad alimentare un attrito che forse fa comodo agli Stati Uniti ma di certo non all’Unione Europea né all’Europa in genere. 

Tutto ciò che sta accadendo conferma quanto sarebbe importante che il nostro Paese assumesse un ruolo più attivo sia nell’Unione Europea che nella Nato. Basta uno sguardo alla carta geografica per accorgersi che, dalla caduta del muro di Berlino in poi, la prima non si è estesa abbastanza mentre la seconda si è estesa troppo. Sotto l’ègida della Germania, che tra l’altro efficacemente contribuì a che la Cecoslovacchia si sciogliesse senza spargimento di sangue, l’Unione Europea si è assai allargata verso nordest, e molto meno e molto più tardi  verso sudest, dove tra l’altro l’Italia non fece nulla per evitare  che la Jugoslavia si disfacesse in modo catastrofico (anzi forse vi ha persino messo del suo). Un tale stato di cose non conviene ai Paesi interessati e non conviene nemmeno a noi. Con le dovute clausole specifiche imposte dalle rispettive situazioni socio-economiche, il nostro Paese dovrebbe promuovere l’ingresso nell’Ue anche dei restanti Paesi dell’ex-Jugoslavia e dell’Albania, del cui sviluppo condiviso la nostra economia potrebbe essere, anche a nostro vantaggio, un motore principale.

In sede Nato dovremmo invece schierarci contro ulteriori allargamenti che, senza nulla aggiungere in termini di efficienza militare, giocano contro il consolidamento della pace in Europa. Non è nell’interesse dell’Unione Europea in generale, e del nostro Paese in particolare, che la Nato continui ad espandersi sempre più lontano da quelle rive del Nord Atlantico ove era nata e da cui prende nome.