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FASCISMO DI SINISTRA

Minculpop "democratico": una legge censura l'editoria

Il Ddl voluto dalla Boldrini sulla promozione nei libri di testo della «diversità» e dell’«inclusione» (spesso sinonimi di omosessualismo) prevede che un osservatorio esprima un parere sui libri esaminati: se è positivo, viene assegnato un riconoscimento da apporre sul volume; in caso negativo l’osservatorio si rende disponibile a collaborare alla revisione del testo. Lo stesso fece Mussolini nel 1930.

Attualità 09_10_2020

Allarme scuola! Dopo il disegno di legge voluto da Fassino per l’inserimento dello studio della canzone “Bella Ciao” «a decorrere dall’anno scolastico 2020/ 2021, nelle scuole di ogni ordine e grado» (ddl n.2483), ora tocca a quello voluto dalla Boldrini sulla promozione nei libri di testo della «diversità» e dell’«inclusione», sinonimi ormai da tempo consolidati di omosessualismo e gender.

È pure previsto un organismo – denominato osservatorio nazionale – che monitori e vigili sull’intera operazione. Stiamo parlando del disegno di legge n. 2634 recante «Disposizioni per la promozione della diversità e dell'inclusione nei libri scolastici nonché istituzione di un osservatorio nazionale». Una proposta che gode di un consenso unanime in tutta la sinistra italiana, visto che tra i presentatori vi sono deputati di Liberi e Uguali, del Partito Democratico, del Movimento Cinque Stelle e di +Europa, la formazione radicale di Emma Bonino.

I deputati promotori sono decisamente chiari sulle reali finalità della loro iniziativa: «La presente proposta di legge vuole promuovere una maggiore attenzione ai temi della diversità e dell’inclusione all’interno dei percorsi scolastici, rendendo più rappresentativi e inclusivi i curricula delle varie discipline, in particolar modo con una prospettiva attenta al genere».

Dalla relazione illustrativa si scopre che, in realtà, il settore dell’editoria scolastica, per quanto riguarda il tema della citata proposta di legge, si è già dato delle direttive attraverso un codice di autoregolamentazione sulle pari opportunità nei libri di testo (POLITE) dell’Associazione italiana editori, realizzato in accordo con il Ministero dell’istruzione. Se tutto è già autoregolato da un codice, a che serve dunque l’intervento del parlamento? Lo spiegano i deputati proponenti: «La presente proposta di legge non intende sostituire con una regolamentazione pubblica il codice di autoregolamento, bensì incentivare e promuovere il rispetto degli standard più avanzati in materia di inclusione e diversità nel campo dell’editoria scolastica, puntando sul monitoraggio, sulla sensibilizzazione e sulla formazione degli operatori della filiera, nonché sulla costruzione di un canale di dialogo costante e regolare con gli editori». Insomma, non ritengono sufficientemente maturi gli operatori del settore dell’editoria scolastica per quanto riguarda i delicatissimi temi sopra indicati.

Il disegno di legge è strutturato in ben nove articoli, che meritano di essere analizzati singolarmente. L’articolo 1 istituisce presso il Ministero dell’istruzione un osservatorio nazionale sulla diversità e sull’inclusione nei libri di testo scolastici, stabilendo la sua composizione e la durata in carica dei suoi membri. L’articolo 2 assegna all’osservatorio il compito di redigere le linee guida sulla diversità e sull’inclusione nei libri di testo scolastici, da aggiornare ogni cinque anni, e di effettuare una ricognizione dei libri utilizzati nelle scuole di ogni ordine e grado e nei diversi ambiti disciplinari secondo un calendario triennale. L’osservatorio, inoltre, esprime un parere sui libri esaminati, motu proprio o su segnalazione di un editore o di una scuola. Qualora il parere risulti positivo, al libro viene assegnato un riconoscimento positivo che l’editore appone sul libro stesso. Una sorta di attestato di qualità, come avveniva un tempo con il celebre bollino blu per le banane Chiquita. E in caso di parere negativo, cosa accade? L’art. 2 precisa che l’osservatorio si rende disponibile a collaborare con l’editore ai fini della revisione del testo. Si aggiunge anche che «il parere dell’osservatorio è inserito tempestivamente in appositi elenchi pubblichi telematici istituiti e tenuti dallo stesso osservatorio».

Pubblico encomio o pubblica gogna. L’articolo 3 prevede che l’osservatorio rediga una relazione annuale sul lavoro svolto e sui principali dati raccolti, da inviare alle Commissioni parlamentari competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. L’articolo 4 assegna all’osservatorio il compito di proporre un piano di formazione per gli editori e per gli altri operatori professionali del settore. L’articolo 5 prevede che il Ministero dell’istruzione inserisca nei piani, nei programmi e nelle iniziative di formazione destinati al personale delle scuole e della propria amministrazione centrale e periferica percorsi di formazione e di aggiornamento sui temi della diversità e dell’inclusione.

L’articolo 6 assegna all’osservatorio, nell’ambito dei processi di revisione delle indicazioni nazionali, il compito di riferire sullo stato della diversità e dell’inclusione all’interno dei percorsi scolastici e di esprimere un parere per il loro rafforzamento. L’articolo 7 prevede che l’osservatorio possa istituire appositi premi e riconoscimenti in favore degli editori che si distinguano in modo particolare nel raggiungimento degli obiettivi della proposta di legge. L’art. 8 si preoccupa di reperire la copertura finanziaria di tutta l’operazione che viene preventivata in un milione di euro all’anno a decorrere dal 2021.

Anche questa ennesima sciagurata proposta legislativa mostra il volto totalitario della sinistra italiana. Basti considerare che per rinvenire un precedente simile a quello del Ddl 2634, occorre andare indietro negli anni e risalire nientepopodimeno che al tanto vituperato Ventennio, quando era l’Ufficio Stampa della presidenza del Consiglio ad occuparsi del controllo delle pubblicazioni librarie. Ricordiamo che l’azione più drastica fu compiuta proprio nei confronti dei libri per l’educazione pubblica, con l’adozione nel 1930 di un libro unico di Stato per le elementari e con l’eliminazione dalle biblioteche scolastiche di tutto quello che «esercitasse sui lettori dannose influenze o che contraddicesse al regime e ai suoi fini educativi». Sulle schede dei volumi che ricevevano parere negativo da parte dei funzionari governativi, veniva messo un timbro azzurro con la sigla «lib. sg.», abbreviazione di «libro sgradito».

Qualcuno riesce ad immaginare cosa sarebbe successo se una simile proposta di legge l’avessero avanzata esponenti del centrodestra, magari per epurare i libri di testo scolastici dalla nefasta influenza dell’ideologia omosessualista e della teoria gender? Tutti avrebbero gridato alla «censura fascista». Ma se a farlo è la sinistra con il Ddl 2634 nessuno fiata. Non si leva nessuna voce critica. C’è pure da chiedersi dove siano finiti i liberali nel nostro Paese.