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IL PUNTO

Migrazioni, quando l'ignoranza si fa Avvenire

Il quotidiano dei vescovi detta la linea al nuovo governo sulle politiche migratorie, ma l'«esperto» di turno mette in fila una serie di inesattezze, errori e falsità da lasciare esterrefatti. Prendiamola come occasione per chiarire alcuni concetti.

Editoriali 02_09_2019

Il 30 agosto il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire ha pubblicato un articolo intitolato:  “Umanesimo alla prova. Scelte nuove per governare le migrazioni”. Il quotidiano ha tiratura nazionale. Merita leggerlo. L’autore esordisce auspicando novità in materia di “politiche migratorie”. In realtà però, salvo poche parole, l’intero articolo tratta di richiedenti asilo, rifugiati ed emigranti illegali, non di “migrazioni”, e critica delle leggi varate per garantire la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, non le politiche migratorie del governo italiano.

L’autore dell’articolo si chiama Maurizio Ambrosini ed è un sociologo. Sebbene si dichiari esperto in “processi migratori”, ai flussi migratori verso l’Europa degli ultimi anni non ha evidentemente dedicato abbastanza attenzione. In caso contrario per prima cosa non scriverebbe che i “due cosiddetti Decreti Sicurezza congegnati da Matteo Salvini” criminalizzano il soccorso umanitario, causano “l’illegalizzazione di gran parte dei richiedenti asilo”, violano i trattati internazionali e i diritti garantiti dall’articolo 10 della Costituzione.

Saprebbe infatti che i “cosiddetti decreti sicurezza” sono entrambi leggi dello Stato, rispettano fedelmente la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e l’articolo 10 della Costituzione italiana, non sono stati “congegnati” da Matteo Salvini ma da una squadra di esperti in vari settori, non criminalizzano il soccorso umanitario. Tanto meno “illegalizzano gran parte dei richiedenti asilo”.

Si vede che l’autore dell’articolo non lo sa, ma è sufficiente collegarsi con la pagina web del Ministero dell’Interno per verificare che oltre l’80% delle richieste di asilo depositate in Italia vengono respinte perché infondate (sostituite negli anni scorsi con discutibili permessi di soggiorno per motivi umanitari della durata di un anno). Tutti ormai sanno che pretendersi profugo è un espediente per non essere respinti usato dagli emigranti illegali, quelli che ricorrendo a organizzazioni criminali tentano di raggiungere un paese europeo e di entrarvi illegalmente. I falsi profughi non sono “illegalizzati”, sono emigranti illegali.

L’articolo prosegue sostenendo che i richiedenti asilo non devono essere ridistribuiti tra i paesi europei come se fossero “rifiuti ingombranti da smaltire”. Rivendica il diritto dei perseguitati “a scegliere il luogo da cui ripartire per ricostruire la propria vita” aggiungendo che i paesi ospiti “andrebbero risarciti delle spese sostenute con fondi a carico del bilancio comunitario”.

Nell’ordine: secondo la Convenzione di Ginevra i rifugiati non hanno il diritto di scegliere dove risiedere, tanto meno i richiedenti asilo. Chi fugge dal proprio paese deve presentarsi alle autorità dello stato in cui si trasferisce per mettersi al sicuro, dichiarare la propria condizione, chiedere asilo. Se lo ottiene può eventualmente avviare una pratica di riallocazione in un paese terzo sicuro.

In secondo luogo: pensare che i rifugiati vogliano ricostruire la propria vita nel paese che li ospita è un errore madornale. Quasi tutti i rifugiati, così come gli sfollati, hanno un solo desiderio nel cuore: tornare a casa al più presto, ricomporre le famiglie, riprendere la vita di sempre. Fa eccezione chi lascia paesi come ad esempio l’Iran e la Corea del Nord: chi se ne va sa che non potrà più fare ritorno, almeno finché governa il regime a causa del quale ha scelto l’esilio. 

Terza considerazione: a regola non dovrebbe essere l’Unione Europea a risarcire i paesi membri che ospitano dei rifugiati. Ambrosini non lo sa, ma in tutto il mondo risarcire i paesi ospiti e provvedere ai bisogni dei profughi è compito dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). L’agenzia ha un bilancio annuale che si aggira intorno agli otto miliardi di dollari, circa l’87% dei quali forniti da Stati Uniti, Unione Europea e stati europei. È a quei fondi che caso mai si dovrebbe attingere, anche in Europa, per assistere i rifugiati che hanno bisogno di aiuto.

La successiva rivendicazione di una legge meno restrittiva sulla cittadinanza, che affermi lo “ius culturae” – la scuola “fabbrica dei futuri cittadini” – procede dallo stesso errore: pensare che i rifugiati considerino la loro condizione permanente e vogliano essere naturalizzati al più presto. Per inciso, l’Italia è già adesso il paese europeo che concede più cittadinanze.

Altro ci sarebbe da obiettare all’autore. Ad esempio il suo elogio dei corridoi umanitari che invece sono iniziative per lo più superflue perché uno dei compiti dell’Unhcr è proprio provvedere al trasferimento in paesi terzi sicuri di chi ne fa richiesta (e ricevere parere positivo dallo stato in cui chiede di essere ospitato, in alternativa a quello in cui si trova).

L’articolo si conclude invocando la bonifica e il risanamento del tessuto sociale, culturale e persino linguistico del Paese, “dopo i guasti del sovranismo”. Ambrosini auspica a tal fine che l’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, venga rafforzato dotandolo di nuovi strumenti e soprattutto venga reso autonomo dalla presidenza del Consiglio. Vale la pena di riportare le esatte parole: “un ufficio controllato direttamente dal Governo non si vede come possa vigilare ed eventualmente contrastare le derive discriminatorie che potrebbero provenire dal Governo stesso e dai suoi sodali a livello locale, e neppure come possa sanzionare i discorsi eventualmente xenofobi di politici di opposizione, senza cadere sotto l’accusa di promuovere interessi di parte”. In altre parole, che sia al governo o all’opposizione, la Lega è il Male, e magari anche Fratelli d’Italia.