Midrar, oggi il nuovo verdetto sulla sua vita
Questa mattina la Corte d’Appello di Londra si pronuncerà sul caso del piccolo Midrar Ali, decidendo se accogliere il ricorso della famiglia contro la decisione di staccargli il ventilatore. Per l’ospedale di Manchester che lo ha in cura, il suo tronco cerebrale è «morto». Ma il bambino, di quasi cinque mesi, sta sbugiardando i documenti medici britannici. E continua a crescere.
AGGIORNAMENTO (12:00): La Corte ha rigettato all'unanimità il ricorso della famiglia.
AGGIORNAMENTO (12:00): La Corte ha reso noto di aver rigettato all'unanimità il permesso all'appello richiesto dalla famiglia.
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Sono ore decisive per Midrar Ali, il bambino inglese di quasi cinque mesi con una grave lesione cerebrale (dovuta a complicazioni poco prima del parto), ricoverato dalla nascita al Saint Mary’s Hospital di Manchester. Dopo l’udienza di mercoledì 12 febbraio - una sorta di udienza preliminare in cui sono state ascoltate le parti in causa - questa mattina è prevista una nuova seduta davanti ai giudici Andrew McFarlane, Nicholas Patten ed Eleanor Warwick King della Corte d’Appello di Londra: il tribunale comunicherà la decisione sul caso, dichiarando l’eventuale permesso all’appello, in tutto o in parte, o il rigetto completo dell’istanza.
I genitori di Midrar - Karwan Ali e Shokhan Namiq, originari del Kurdistan iracheno e di fede musulmana - hanno presentato ricorso dopo la sentenza di primo grado emessa dal giudice Nathalie Lieven, che il 28 gennaio aveva dato il via libera al distacco del ventilatore, autorizzando di fatto l’eutanasia del piccolo. La Lieven, non nuova a decisioni contro la vita umana, ha quindi avallato la posizione dell’ospedale di Manchester, secondo cui Midrar si trova in una condizione di «morte del tronco cerebrale», sulla base di tre test neurologici eseguiti sul bambino (nato il 18 settembre), l’1 ottobre, il 2 ottobre e il 4 novembre 2019. L’ospedale, lo ricordiamo, aveva chiesto nella sua istanza di poter staccare il supporto vitale per consentire al bambino «una morte buona e dignitosa», richiesta che evidentemente contrasta con la pretesa che Midrar sia già «morto».
La famiglia, da parte sua, chiede di mantenere in vita il bambino e contesta l’attendibilità dei test neurologici. In particolare, mancando nel Regno Unito una definizione normativa di morte, uno dei punti principali del ricorso è l’appropriatezza della Guida citata a sostegno della decisione di primo grado ed emanata nell’aprile del 2015 dal Royal College of Paediatrics, che integra un Codice medico del 2008 e indica i criteri per eseguire test neurologici su bambini sotto i due mesi (fino ad allora non consentiti). Quella Guida, secondo indicazioni mediche, andrebbe aggiornata ogni cinque anni (la ‘scadenza’ è quindi imminente) e il team legale dei genitori fa presente che questo aspetto non può essere sottovalutato, soprattutto alla luce del fatto che il caso di Midrar è una novità per il Regno Unito: si sta parlando di un bambino che continua visibilmente a crescere (a gennaio pesava sette chili) da quattro mesi e mezzo, cioè da quando è stata per la prima volta dichiarata la «morte» del tronco cerebrale. Midrar, in sostanza, sbugiarda quanto i documenti britannici prevedono al riguardo.
Perciò, è il ragionamento dei genitori, come si può porre fine alla vita di un bambino sulla base di una Guida che non tiene conto delle ultime conoscenze? Sarebbe irragionevole e disumano allo stesso tempo. La famiglia sottolinea inoltre la minore credibilità dei criteri in uso nel Regno Unito rispetto agli standard medici di altri Paesi quali gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda e l’Australia.
Oggi, dunque, si saprà l’esito del ricorso. Stando alle dichiarazioni dei giudici - riportate dal Daily Mail - nell’udienza del 12 febbraio, le prospettive non sono rosee. In particolare, McFarlane ha detto: «Purtroppo per questo bambino, lui non è nella zona grigia che si potrebbe riscontrare nella differenza tra i due codici [britannico e statunitense, ndr], perché la risonanza magnetica mostra che le sue condizioni sono andate oltre ciò che anche il codice americano accetterebbe come vitale». Eleanor King ha affermato che «non c’è biasimo personale verso il padre. Chissà come ognuno di noi reagirebbe nella posizione disperata in cui si trova quest’uomo». Allo stesso tempo, sposando di fatto la linea legale del trust sanitario che comprende il Saint Mary’s Hospital, ha riconosciuto, come riferisce ancora il Daily Mail, lo stress sofferto dal personale del nosocomio a causa della richiesta di prendersi cura del bambino.
L’avvocato del trust, Neil Davy, ha detto addirittura che il personale medico «è stato psicologicamente colpito dal fatto di dover curare Midrar dopo che la morte è stata confermata». Lord Brennan, legale della famiglia, ha invece dovuto ricordare l’evidenza e cioè che il «bambino è ancora vivo» e «sta crescendo». Appunto, si torna alla contraddizione di cui sopra: come si può dire che sia morto? Oggi sapremo meglio cosa ne pensano i giudici.