Messa e bene comune, cattolici divisi
Dal contagio, come da ogni altra difficoltà nel conseguire il bene comune, ci salverà solo l’azione umana o soprattutto quella divina? Nel primo caso Dio non fa parte del bene comune e le Messe non sono necessarie ma semmai solo utili, nel secondo caso la Messa diventa un atto politico irrinunciabile. Meglio, per i vescovi, la critica moderata di Riccardi e Melloni che non le lodi di Grillo.
La sospensione delle sante messe a seguito delle disposizioni governative ha innescato una interessante discussione sul bene comune e i rapporti tra istituzione politica e istituzione religiosa. Tutte le componenti del mondo cattolico ne stanno parlando, ma la novità consiste soprattutto nella disputa all’interno dei cattolici di sinistra dove, se Andrea Riccardi o Alberto Melloni criticano la sospensione delle messe, Stefano Sodaro e Andrea Grillo criticano la loro critica.
La diversità di impostazione dipende soprattutto dalla diversa risposta ad una domanda: le difficoltà che gli uomini incontrano nel perseguire il bene comune hanno solo cause materiali o anche spirituali e religiose? Se hanno solo cause materiali, allora celebrare le messe non c’entra nulla. Se hanno invece anche cause spirituali e religiose allora la celebrazione della messa c’entra.
A ciò segue un’altra domanda: ammesso che non abbiano solo cause materiali ma anche spirituali e religiose, la celebrazione della messa sarà solo utile o anche indispensabile per affrontarle e risolverle? Le sante messe saranno un farmaco o solo un integratore? un’operazione chirurgica o una tachipirina? terapia o cosmesi? Il coronavirus mette evidentemente a rischio il bene comune. Si spiega solo con la scienza? oppure molti aspetti della sua diffusione hanno anche a che fare con il peccato umano, nel senso di un disordine nei rapporti tra gli uomini e con Dio? Dal contagio, come da ogni altra difficoltà nel conseguire il bene comune, ci salverà solo l’azione umana o soprattutto quella divina? Nel primo caso Dio non fa parte del bene comune e il culto pubblico a lui dovuto non è necessario ma semmai solo utile, nel secondo caso il culto pubblico a Dio diventa un atto politico irrinunciabile.
Riccardi, Melloni, Enzo Bianchi criticano la sospensione delle messe considerando la religione cattolica utile ma non indispensabile. La colpa dei vescovi sarebbe una “pigrizia burocratica di troppo” e le messe, se mantenute, avrebbero significato “intercessione, silenzio, fraternità, compassione: abiti virtuosi che sono misurati sempre e solo dalla credibilità di chi li indossa” (Melloni). La sospensione delle messe ha provocato “l’appiattimento della Chiesa sulle istituzioni civili. Le chiese non sono solo assembramento a rischio, ma anche un luogo dello spirito: una risorsa in tempi difficili, che suscita speranza, consola e ricorda che non ci si salva da soli” (Riccardi). A parte questo ultimo accenno alla salvezza, l’idea principale è la messa come alimentatore di fiducia sociale, di collaborazione civica, di speranza laica. Non ci si lamenta tanto della sospensione della messa, quanto della sospensione della messa coram populo, perché in questo modo verrebbe meno la sua utilità sociale.
Queste posizioni moderate sono redarguite dal teologo Andrea Grillo, stupito che a sostenere simili tesi siano cattolici di sinistra. Grillo teme che si torni al “primato della grazia”, al disprezzo per la scienza e per la medicina, alla contrapposizione tra salute del corpo e salute dell’anima come se la Chiesa dovesse occuparsi solo della seconda, ad una nuova contestazione al principio di una sanità pubblica indipendente dalla Chiesa. Il suo principale problema è il bene comune che, egli dice, è il bene di atei e credenti, devoti e agnostici, religiosi e atei “tutti parte di una medesima comunità che trova nella Costituzione, non nel Vangelo che è riferimento di fede, la propria identità”. La sua paura è che si metta in questione la laicità del bene comune da parte di un nuovo clericalismo e che si torni al principio secondo cui non c’è autorità se non da Dio.
Alla posizione moderata di Riccardi e Melloni si contrappone quindi quella radicale di Grillo. Per i primi la questione del coronavirus non ha a che fare essenzialmente con la religione, ma questa può animare azioni sociali utili ad uno “spirito di famiglia” dal significato anche civico. Per il secondo essa non ha nessun rapporto con la religione nemmeno considerata come utile, anzi esiste il pericolo di danneggiare l’impegno laico e secolare per il bene comune. Per i primi i vescovi hanno ceduto troppo, per il secondo hanno agito correttamente.
Ecco allora il quadro delle tre principali posizioni cattoliche. Da alcuni l’agire dei vescovi circa la sospensione delle messe viene lodato in quanto rispettoso di un bene comune inteso con l’esclusione di qualsiasi significato religioso. Altri esprimono una critica moderata perché le messe avrebbero aiutato la speranza civile e il cristianesimo ha perso l’occasione di essere utile, anche se non deve ritenersi indispensabile. Infine ci sono le critiche più radicali per ricordare che i giochi del bene comune si fanno in terra ma soprattutto in Cielo e la fede cattolica è non solo utile ma anche indispensabile.