Mélenchon rivela il suo comunismo per il nuovo secolo
Jean-Luc Mélenchon, leader del partito di estrema sinistra francese La France Insoumise, non viene mai considerato un pericolo per la democrazia. Eppure ivela nel suo libro Ribellatevi! il suo piano: un nuovo comunismo che strizza l'occhio all'ecologismo radicale e all'islam politico.

I pericoli per la democrazia in Europa sono ormai numerosi. E detto questo, il pensiero va alla Le Pen, ad Orban, a Fico, all’AfD e alle elezioni rumene che potrebbero essere vinte da Simion. Ma nessuno ricollega la parola “pericolo” al leader di La France Insoumise, partito dell’estrema sinistra francese, Jean-Luc Mélenchon. Eppure l’intervista che ha rilasciato al Corriere della Sera, il 13 maggio (per presentare il suo libro Ribellatevi!) è l’espressione di un’ideologia radicalmente anti-sistema e potenzialmente violenta.
Se i giornalisti e i grandi partiti tradizionali sono attentissimi ad ogni manifestazione che, nel XXI Secolo ricorda il fascismo del XX, nessuno è altrettanto attento alle nuove manifestazioni del comunismo. La Le Pen, con sentenza praticamente contra personam, è stata esclusa dalle prossime elezioni. Mélenchon, al contrario, è stato funzionale nelle ultime tornate elettorali al presidente Macron, per tenere la destra fuori dal governo. Eppure, mentre, nel corso degli anni, la Le Pen ha sempre più preso le distanze dal fascismo (di cui non si è mai ritenuta esponente per altro), Mélenchon non nasconde la sua simpatia per il comunismo. Anzi rimprovera chi, come il Pci di Occhetto, ha provato a prenderne le distanze dal 1989.
Della nostra esperienza politica dice: «il crollo del Partito Comunista Italiano è stato decisivo. Ecco il prototipo di gente che pensava di fare la cosa giusta: si sono messi la cravatta, hanno lucidato le scarpe per rendersi rispettabili e aderito alla dottrina socialdemocratica, ma nel momento peggiore. Cioè quando non poteva più funzionare. La dinamica del capitalismo non può più produrre vantaggi per il popolo. E avete un partito che per non essere divisivo si chiama Partito Democratico. Ma chi può dirsi “anti-democratico”? Tanto vale chiamarsi Partito-partito. È il vuoto che non convince nessuno». Ha ragione nell’affermare che la sinistra italiana non abbia più trovato una sua identità, però Mélenchon, in questa risposta, fa capire però a chiare lettere che il comunismo non fosse fallito e non dovesse essere abbandonato neppure dopo la caduta del muro di Berlino e nemmeno dopo la fine ingloriosa dell’Unione Sovietica.
Cambia solo i termini della lotta di classe: «Prima l’opposizione era borghesi contro proletari. Oggi è l’oligarchia contro il popolo. E definisco, da materialista, che cosa questo cambiamento comporta e da dove viene». E cambia i modelli, invece che Lenin cita Robespierre: «Qualcuno ha detto che Robespierre è l’incarnazione della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Ammiro la sua visione dell’insoumission. Guardate la sua lotta per l’abolizione della schiavitù. Gli dissero che era economicamente impossibile. Lui si infuriò e rispose: “Muoiano le colonie, piuttosto che un principio!”. Lo si può accusare di un eccesso d’irrealismo. Ma concretamente, la schiavitù sarebbe un realismo accettabile?». Sotto Robespierre sono morti anche centinaia di migliaia di francesi, sia ghigliottinati dopo processi farsa, sia quelli trucidati (senza processo) nella repressione dell’insorgenza cattolica vandeana. Ma a Mélenchon, evidentemente, quel modello va bene ugualmente.
Oggi la schiavitù non esiste più in Europa, ma è il capitalismo quello a cui allude Mélenchon. È l’abolizione del capitalismo il “principio” che non deve morire. Ma per sostituirlo con cosa? «La prima crisi è quella dell’ecosistema sull’orlo del collasso. Per affrontarla serve pianificazione ecologica, quindi controllo dei cittadini. Per questo è necessario un altro potere politico, fondato su una maggiore partecipazione dei cittadini. Molto più potere a livello comunale», risponde Mélenchon. Celando una contraddizione notevole, tipica anche dei primi comunisti: la pretesa che l’economia collettivista, pianificata, possa essere gestita dalle Comuni locali. Quando invece la storia insegna che, per rispettare la pianificazione, l’esito inevitabile è la sua assoluta centralizzazione.
L’aspetto più vistoso ne La France Insoumise è la partecipazione massiccia di immigrati e in particolar modo della comunità islamica, anche quella più radicalizzata. Ma come conciliare queste due posizioni, l’islam (tutto trascendenza) e il comunismo (tutto materialista)? A Mélenchon, che è materialista, non interessa l’islam. Gli interessa cambiare l’ordine sociale, a partire dalla famiglia: «La nostra definizione del popolo deriva dalle relazioni sociali. Per Marine Le Pen il popolo deriva da una filiazione genetica e tradizionale. Una volta, durante un dibattito all’Assemblea nazionale sulla procreazione medicalmente assistita, mi disse: “Signor Mélenchon, esiste un ordine biologico della famiglia.” E io le risposi: “No, signora, non esiste. La famiglia è sempre il risultato di una cultura”».
Sul piano nazionale, punta alla “creolizzazione”, lo stesso concetto che viene anche chiamato "meticciato": «La Francia è sempre stata il Paese creolo d’Europa. Chi parlava francese in questo paese? Nessuno. La lingua francese è un’invenzione e una decisione politica del re Francesco I nel XVI secolo. La creolizzazione è cominciata fin da subito, prendendo dal latino e dal greco tutte le parole mancanti». Oggi, dunque, l’arabo islamico dovrebbe avere posto nella società “francese” (che per Mélenchon è solo un’espressione vuota) tanto quanto gli autoctoni francesi cristiani.
«L’islam è la seconda religione del paese. La priorità è l’unità del nostro popolo. La religione è una questione privata», dice al Corriere, fingendo di credere che anche per i musulmani la religione sia una questione privata. Gli islamici ringraziano e useranno il suo partito come un veicolo (come stanno già iniziando a fare da anni) per tentare di imporre alla Francia quella che credono essere l’unica vera religione.