Media di parte: gogna per Fontana, silenzio per Speranza
La Lombardia, investita dalla prima ondata di Covid-19, venne sottoposta anche ad un bombardamento mediatico. Il governatore Fontana fu accusato di forniture illegali e di conti neri. Ma la magistratura ha reputato infondate le accuse. L'indagine della procura di Bergamo sul ministro Speranza (sul piano pandemico) passa sotto silenzio.
L’anno scorso, in pieno Covid, i principali mezzi d’informazione, soprattutto cartacei, trovarono il tempo e il modo di riferire, con dovizia di particolari e un retropensiero colpevolista, le accuse rivolte al Governatore della Regione Lombardia nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Milano per la fornitura di camici e altri dispositivi di protezione individuale da parte dell’azienda del cognato, fornitura avvenuta sotto forma di donazione e senza oneri per le casse pubbliche. Peraltro i fatti risalgono all’aprile 2020, durante il primo lockdown, quando la pandemia era nel pieno della sua prima ondata e le istituzioni facevano fatica ad intervenire per contrastarla. In particolare la Regione Lombardia fu quella più colpita e in maniera particolarmente violenta dal virus.
A Fontana furono attribuite irregolarità in quella fornitura e il governatore fu accusato anche di altri reati, in relazione all’esistenza di alcuni suoi conti svizzeri, rimpinguati grazie allo scudo fiscale o voluntary disclosure. Fontana ha sempre detto che la somma in questione era un lascito ereditario di sua madre, e i suoi difensori avevano depositato la documentazione bancaria per dimostrarlo. Martedì, su richiesta dei pm, il gip di Milano ha archiviato l’inchiesta e quindi ha reputato infondate le accuse di autoriciclaggio e falso nella voluntary disclosure in relazione a quelle somme.
Al di là dei cavilli giuridici, che ci regaleranno ancora strascichi del “caso camici”, rimane l’accanimento mediatico di oltre un anno contro Fontana e la radicale diversità di trattamento verso un’altra inchiesta, ben più importante per la vita dei cittadini italiani, che riguarda il Ministro della Salute, Roberto Speranza e il mancato aggiornamento del piano pandemico. La Procura di Bergamo sta indagando, tra omissioni, reticenze e tante ombre sulle scelte operate dal governo precedente in materia di Covid. I media, però, hanno messo il silenziatore a quella inchiesta, che pure potrebbe svelare trame inimmaginabili e cambiare completamente l’interpretazione della gestione della pandemia.
Su Fontana, quindi, sono stati i giudici ad archiviare; su Speranza sono i media a silenziare. Due pesi e due misure, mentre la deontologia giornalistica e il diritto dell’informazione imporrebbero altro.
La Lombardia, all’epoca dell’apertura dell’inchiesta su Fontana, fronteggiava la pandemia più e meglio di altre regioni, pur essendo stata, come detto, la regione più colpita dal Covid. Ma il governatore doveva trascorrere le sue giornate anche a organizzare la sua difesa da accuse che lentamente si stanno dissolvendo e a parare i colpi di una campagna mediatica del tutto inopportuna, visto anche il periodo e la necessità di occuparsi dell’emergenza. L’infondatezza delle accuse rivolte a Fontana si era subito appalesata, ma i media avevano scelto fin da subito la via della gogna mediatica, la più redditizia sul piano dell’audience, anche se la meno rispettosa della dignità della persona e della deontologia giornalistica.
La comunità dei giornalisti non ha dimostrato analoga sensibilità nei confronti di Speranza e dell’inchiesta di Bergamo, riferita a fatti, situazioni, decisioni, che hanno certamente inciso sull’andamento della pandemia e sulla salute della popolazione italiana.
Ritorna, quindi, il tema della spettacolarizzazione delle vicende giudiziarie e del mancato rispetto della presunzione di innocenza da parte dell’informazione italiana. Chi risarcirà Fontana dei danni d’immagine che ha subito l’anno scorso e fino a qualche settimana fa a seguito dell’uscita di articoli insinuanti e colpevolisti già nei titoli? E perché, ora che la pandemia sembra agli sgoccioli, non riaprire anche sui giornali il dossier sulle responsabilità, ovviamente solo presunte e da accertare, del Ministro della Salute e di chi ha gestito l’emergenza sanitaria fin dall’inizio? Non sarebbe anche questo un buon viatico per prevenire altre pandemie, farsi trovare pronti per altri virus e illuminare l’opinione pubblica su ciò che è successo effettivamente dal paziente zero in poi, anzi ben prima? La trasparenza delle istituzioni e il ruolo di cane da guardia dell’informazione sono due ingredienti essenziali delle democrazie mature e che hanno realmente a cuore il benessere dei cittadini.