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IL BELLO DELLA LITURGIA

Maria, la prescelta da Dio, nell’Annunciazione di Crivelli

Nel dipinto noto come “Annunciazione con Sant’Emidio”, datato 1486, Crivelli intreccia il racconto sacro con la storia di Ascoli, a cui da poco lo Stato Pontificio aveva concesso autonomia amministrativa. L’arcangelo Gabriele chiarisce, con un semplice gesto della mano destra, da chi è inviato. E la Vergine, colta di sorpresa, è raffigurata in una stanza che è un tripudio di simboli: dalla candela accesa, segno della sua fede, alla bottiglia di vetro, immagine della sua purezza.

Cultura 07_12_2019

Carlo Crivelli, Annunciazione, Londra, National Gallery

«Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 28)


Di Carlo Crivelli sappiamo poco. Originario di Venezia, vi nacque in un non meglio precisato anno compreso tra il 1430 e il 1435. A Padova assorbì la lezione prospettica di Donatello coniugandola, molto originalmente, con lo spiccato decorativismo gotico ancora dilagante in Laguna. Questa felice commistione d’influenze caratterizza tutta la sua produzione: ne è un bellissimo esempio L’Annunciazione con Sant’Emidio, sua opera tarda e, a detta dei più, suo capolavoro.

La tavola, realizzata a tempera e oro per la chiesa della Santissima Annunziata di Ascoli su commissione dei Frati minori osservanti, fu successivamente trasportata su tela. È firmata in primo piano dall’artista e datata 1486. Si tratta di un brano pittorico ricchissimo di simboli, dettagli e virtuosismi di ogni tipo.

Il racconto sacro s’intreccia con la storia civica contemporanea. Ad Ascoli era stata, infatti, da poco riconosciuta la libertà comunale dallo Stato Pontificio e questo “annuncio”, accolto con favore dai cittadini, s’intreccia, nella pittura del Crivelli, con l’Annuncio per antonomasia. Sacro e profano, dunque, convivono nella splendida pala d’altare, perché tutto c’entra con l’avvento di Cristo. Non ci scandalizza, allora, che l’angelo, anzi, l’arcangelo Gabriele, sia appena planato in una via della città marchigiana su cui si affaccia la casa, di gusto decisamente rinascimentale, di Maria. Lo scorcio prospettico è preciso e audace, e conduce l’occhio fino all’arco che si apre sul fondo della strada oltre al quale, al di là di una cinta muraria, si intuisce la distesa di un giardino.

L’hortus conclusus, simbolo dell’Eden e della verginità di Maria, è qui ulteriormente sintetizzato dall’alberello racchiuso nella grata della camera della Vergine, il luogo deputato all’annuncio.

Il messo divino chiarisce subito chi è il suo mandante. Con un semplice gesto della mano destra indica il cielo, dove il Padre Eterno, sullo sfondo di un blu intenso, è raffigurato come un cerchio di luce da cui parte un raggio che traccia, per la colomba dello Spirito Santo, la traiettoria per raggiungere Maria.

Ed eccola la Vergine, colta di sorpresa, assorta com’è nella lettura, inginocchiata davanti a un leggio. La sua stanza, minuziosamente descritta, è un tripudio di simboli: sulla mensola la bottiglia di vetro allude alla purezza della fanciulla e la candela accesa alla sua fede. Il letto intatto è simbolo della vita casta della prescelta da Dio. Il pavone sulla balaustra è simbolo cristologico d’immortalità.

L’evento che cambierà il corso della storia non passa inosservato ad Ascoli. Sant’Emidio, vescovo e patrono ascolano, offre a Gabriele il modellino della città mentre tanti altri personaggi, anche meno importanti di lui, affollano la strada. Li riconosciamo dai loro abiti: sono magistrati, frati, semplici passanti. C’è anche una bambina che, incuriosita, fa capolino da dietro il parapetto di una scalinata.

È una giornata qualunque quella scelta da Dio per chiedere a Maria il suo “sì”: lo dimostrano i tappeti stesi al sole, le colombe appollaiate sui pali, le donne che passeggiano in lontananza. Un cetriolo sporge in primo piano quasi invitando lo spettatore a raccoglierlo per entrare anche lui nello spazio dipinto e prendere parte a quanto sta avvenendo. Una mela perfettamente ombreggiata è posata lì accanto. Non sono oggetti scelti a caso: il primo indica la fecondità di Maria e la seconda allude al peccato originale che verrà cancellato attraverso il Battesimo, frutto dell’Incarnazione e del sacrificio di Cristo.