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LA LETTERA

Maria Fida Moro contro il governo, a difesa della libertà

La figlia di Aldo Moro ha aderito all'iniziativa promossa per chiedere le dimissioni di questo governo, invocando l'intervento di esperti di diritto a difesa delle libertà garantite dalla Costituzione.

Politica 18_01_2021
Maria Fida Moro con il presidente Mattarella

La politica a volte riserva delle inaspettate sorprese. Una di queste è stata la convinta adesione della figlia e del nipote di Aldo Moro all’iniziativa promossa da Fratelli d’Italia per chiedere che l’attuale governo tolga quanto prima l’ormai insopportabile disturbo.
In effetti, ha destato un certo scalpore il fatto che Maria Fida, la primogenita dello statista democristiano ucciso dai brigatisti rossi, insieme al figlio Luca, il nipotino spesso citato da Moro nelle lettere scritte durante il sequestro, si siano pubblicamente esposti sottoscrivendo il citato appello antigovernativo. E lo hanno fatto, peraltro, in maniera convinta e pubblica, mediante una lettera aperta che merita di integralmente riportata.

Scrive, infatti, Maria Fida Moro: «Mio figlio, Luca Moro, ed io abbiamo deciso di aderire alla raccolta firme lanciata dall’onorevole Giorgia Meloni per “rispedire al mittente l’attuale Governo”. Le ragioni sono semplicissime. Un’intera generazione di studenti ha già perso oltre sette mesi di scuola e, se va tutto bene perderà un altro anno. L’economia del nostro Paese è stata azzerata, bonus o non bonus. La gente è terrorizzata a causa della mancanza di informazioni chiare e precise. Siamo tutti agli arresti domiciliari, ma non sappiamo fino a quando. È stato eroso il potere sovrano del Parlamento e cancellati, come se fosse normale, i diritti inviolabili dell’uomo. Primo fra tutti la libertà, che è il bene più prezioso di tutti. Mio padre, Aldo Moro, è stato ucciso e come lui tanti altri servitori dello Stato in nome della libertà. Ci sono state innumerevoli terribili guerre per riavere e difendere la libertà. La normalità non è una gentile concessione del Governo, è il nostro destino di uomini liberi, creati a immagine e somiglianza di Dio che ci ha fatto dono del libero arbitrio. Non siamo pedine inanimate su una scacchiera. Siamo persone! Il Governo faccia al meglio il proprio lavoro, cosa che fin ora non ha saputo fare, invece di tiranneggiare sugli italiani. Dove sono gli uomini di legge e coloro che hanno studiato diritto? Dove sono gli uomini di buona volontà? Dov’è la gente di buon senso? Dove sono gli uomini liberi? Venite a firmare o i morti di tutte le guerre saranno morti invano».

Maria Fida Moro è un personaggio difficilmente decifrabile dal punto di vista politico. Basta ricordare che è riuscita a traghettare da Rifondazione Comunista (1991) ai Radicali (2008), passando per il Movimento Sociale Italiano e Alleanza Nazionale (1993-1998). Quello che si può dire è che certamente stiamo parlando di uno spirito libero.
Ecco perché appare interessante il fatto che non si sia posta il problema di firmare l’appello della Meloni, ma soprattutto interessanti appaiono le questioni che pone. A cominciare dalla domanda: «Dove sono gli uomini di legge e coloro che hanno studiato diritto?». Interrogativo che rischia di apparire sarcastico, visto che è  posto ad un personaggio autodefinitosi “Avvocato del popolo” e che si picca di essere pure professore di diritto.

Non è un mistero il fatto che Maria Fida Moro non abbia mai fatto sconti all’attuale governo per quanto riguarda la discutibile gestione della crisi sanitaria. In un’altra sua lettera aperta indirizzata il 3 aprile 2020 a Giuseppe Conte, la stessa figlia di Moro aveva ammonito il premier ricordandogli di «fare attenzione a non logorare “sine die” i diritti inviolabili dell’uomo, sanciti dalla nostra Costituzione». Il problema, in effetti, sta proprio in quel “sine die”. Quanto può durare l’attuale stato di emergenza e relativa, nonché pericolosa, sospensione dello Stato di diritto? Com’è noto, furono proprio i padri costituenti come Aldo Moro che decisero di non contemplare nella nostra Carta Fondamentale la previsione di uno stato di emergenza che non fosse il caso estremo dello stato di guerra.
La preoccupazione era, evidentemente, quella di evitare possibili tentazioni di derive totalitarie. L’attuale premier, non avendo potuto trovare un esplicito riferimento costituzionale, è dovuto ricorrere al cosiddetto Codice della Protezione Civile – ovvero una semplice legge ordinaria – per sospendere provvisoriamente lo Stato di diritto.

Ma torniamo alla domanda che ci siamo posti: quanto può durare una simile situazione patologica? L’art. 24, terzo comma, del citato codice al riguardo sembra essere alquanto chiaro: «La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi». Possiamo quindi stare tranquilli? Non proprio, e il motivo è presto detto. Non trattandosi, come abbiamo visto, di un istituto riconosciuto costituzionalmente, lo stato di emergenza è disciplinato dal Codice di Protezione Civile, ossia da un semplice decreto legislativo (n.1/2018), che può essere modificato in qualunque momento.

Resta da chiedersi se sia lecito che diritti e libertà fondamentali riconosciuti dalla Costituzione – come la libertà di circolazione, di associazione, di riunione, di culto o di impresa – possano essere limitati modificando un semplice decreto legislativo. Ma a questo proposito subentra il giusto interrogativo posto da Maria Fida Moro: «Dove sono finiti gli uomini di legge e coloro che hanno studiato diritto?». Bella domanda!