Manifestazione per la vita, un'occasione per fare chiarezza
La manifestazione del 21 maggio a Roma è certamente un evento positivo, ma non può nascondere la frammentazione e le gravi divisioni che connotano il mondo pro life italiano. Le tante adesioni non cancellano le assenze importanti. Il problema sta nei contenuti e su questo sarebbe auspicabile un vero chiarimento.
Come è noto, sabato 21 maggio si svolgerà a Roma la Manifestazione per la vita, che prevede una marcia con inizio alle ore 14 da piazza della Repubblica e arrivo in piazza San Giovanni, dove ci saranno testimonianze e interventi. Come accade dal 2011, anche quest’anno dunque avremo una marcia intorno al 22 maggio, giorno che nel 1978 segnò l’approvazione in Italia della legge che legalizzava l’aborto.
Che anche in Italia si sia creata la possibilità di questa iniziativa - sul modello di tante che si svolgono in varie parti del mondo - non può che essere salutato con soddisfazione, e dunque non c’è che da augurarsi una piena riuscita dell’iniziativa di sabato, per la quale si prevede l’arrivo a Roma di decine di migliaia di persone: non tanto grazie all’adesione quest’anno di una novantina di associazioni, quanto alla mobilitazione del movimento neocatecumenale convinto dalla presenza di un suo esponente, Massimo Gandolfini, quale portavoce della manifestazione.
Detto questo però non sarebbe serio cercare di nascondere la polvere delle divisioni e dei distinguo del popolo pro-life sotto il tappeto della bella manifestazione con tante adesioni di associazioni. Anzi, è doveroso capire cosa stia avvenendo nel variegato e complesso popolo della vita italiano per comprendere anche le prospettive future ed eventualmente correggere la rotta.
Proviamo a spiegarci: il primo fattore da comprendere è che, malgrado l’apparenza e malgrado i tentativi di ricucire, il mondo pro life italiano è molto diviso. E sabato prossimo mancheranno a Roma componenti importanti di questo popolo, a cominciare da chi ha organizzato le Marce per la vita da 11 anni a questa parte. Non a caso quella di quest’anno si chiama Manifestazione per la vita e non Marcia per la vita, il cui marchio registrato resta in mano a chi ha organizzato l’evento fino al 2021. Bisogna dare atto che si è evitato di creare uno scontro pubblico in nome di un bene più grande, ma la divisione resta e non è un problema di antipatie personali. Il problema sono i contenuti, e non certo da oggi, dato che questa non è neanche la prima grossa trasformazione dell’iniziativa.
Dobbiamo perciò risalire all’origine: nel 2011 la prima Marcia nazionale per la Vita si svolse a Desenzano del Garda, organizzata da Movimento Europeo Difesa Vita (MEDV) e associazione Famiglia Domani, con l’adesione di diverse associazioni. In Italia per la prima volta emergeva un popolo della vita fuori dai canali istituzionali, ovvero in alternativa al Movimento per la Vita che, dipendente dalla Conferenza Episcopale Italiana, era molto ingessato e più incline a frequentare i palazzi della politica che non a mobilitare l’opinione pubblica, anche ricorrendo alle piazze.
Non per niente diverse delle associazioni aderenti alla prima Marcia per la vita erano schegge uscite dal Movimento per la Vita, in aperto contrasto con la sua dirigenza nazionale. E ovviamente il Movimento per la Vita osteggiava apertamente l’iniziativa. Già nel 2012 la Marcia si trasferisce a Roma, preceduta il giorno prima da un Congresso internazionale sulla vita. Ma già nel 2014, in nome di una maggiore purezza della battaglia contro l’aborto, una parte dei primi organizzatori è costretta a ritirarsi: il problema era la partecipazione di relatori giudicati non completamente allineati su ogni aspetto delle battaglie pro life. Così al nome della Marcia viene affiancato lo slogan “senza compromessi”, per evitare qualsiasi ambiguità. Nello stesso tempo però fette consistenti del mondo pro-life non partecipavano alla Marcia che infatti, anche negli anni più brillanti, non ha mai superato qualche migliaio di partecipanti.
L’arrivo del Covid, e la diatriba sui vaccini preparati con linee cellulari provenienti da feti abortiti, ha fatto il resto: non è un segreto che chi aveva la massima responsabilità della Marcia ha sostenuto la vaccinazione senza se e senza ma. Si è così creata una frattura insanabile che ha portato il Comitato Marcia per la Vita a sciogliersi l’anno scorso e a rendere impossibile una nuova Marcia con la stessa dirigenza (che però ha mantenuto il marchio).
Sono entrate così in gioco altre associazioni che hanno preso il testimone, cogliendo l’occasione per proporre una iniziativa che solo apparentemente è in continuità con la storia precedente, tanto è vero che sabato mancheranno proprio le componenti che hanno finora sostenuto la Marcia per la Vita: si è passati infatti da una concezione esclusivista, fortemente connotata dal punto di vista cattolico, a una iniziativa “ecumenica” che tende a riunire tutti a costo di ammorbidire i contenuti ed evitare le questioni più spinose. In effetti leggendo il manifesto appare chiaro che, sebbene il giudizio negativo sull’aborto sia netto, si evitano riferimenti alla legislazione italiana puntando invece sulla testimonianza positiva per la vita. E questo anche in un momento in cui quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il possibile rovesciamento della sentenza della Corte Suprema sull’aborto, dovrebbe indurre a maggiore coraggio sulla possibilità di cambiare il corso della legislazione.
Ma soprattutto si evita accuratamente il tema che pure ha lacerato il mondo pro life in questi due anni, ovvero il vaccino, e anche una condanna più generica dell’uso di linee cellulari di feti abortiti nell’industria farmaceutica (non solo vaccini anti-Covid dunque) è sparita dal manifesto finale. La domanda è d’obbligo: quanto può essere solida un’unità che evita le questioni più spinose, su cui ci sarebbe davvero bisogno di chiarirsi? In fondo è la stessa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sui vaccini anti-Covid a chiedere ad aziende farmaceutiche e governi di produrre e commercializzare farmaci evitando l’uso di quelle linee cellulari.
C’è da aggiungere che quanti dei partecipanti alle vecchie marce per la vita non aderiscono alla Manifestazione di quest’anno obiettano anche sul titolo dato alla manifestazione, “Scegliamo la vita”, uno slogan di vago sapore pro-choice. Il tema della scelta, in effetti, appartiene al fronte abortista, tradizionalmente nel fronte pro-life si parla di accoglienza della vita, essendo questa un dono.
Ma è chiaro, in questo, tutto lo sforzo degli organizzatori di trasmettere un messaggio positivo, di trovare parole e slogan su cui tutti - o perlomeno il maggior numero possibile - possano ritrovarsi in qualche modo. Per questo c’è anche la massima attenzione a evitare che gruppi o singoli attivisti pro life portino manifesti o immagini che possano creare problemi, sul sito della manifestazione ci sono anche gli slogan da stampare su striscioni e cartelloni, i soli consentiti. È uno sforzo certamente diretto alla Chiesa istituzionale per averne il sostegno, inclusa l’adesione del Movimento per la Vita. Quest’ultimo tentativo è però clamorosamente fallito in modo addirittura grottesco. Il Movimento per la Vita, guidato da Marina Casini, ha infatti partecipato a tutta la fase preparatoria della Manifestazione, influenzando pesantemente il contenuto del manifesto e chiedendo anche garanzie per isolare o silenziare eventuali gruppi e associazioni giudicate estremiste. Dopodiché, l’assemblea del Movimento per la Vita ha comunque bocciato la proposta di adesione e la presidentessa Marina Casini ha dovuto inviare una imbarazzata e patetica lettera di spiegazione ai membri del Movimento.
Risultato: l’adesione di tante associazioni e la prevista partecipazione in massa del movimento neocatecumenale, per quanto positive, non possono comunque nascondere la realtà di un movimento pro-life italiano che resta molto frammentato e diviso. Ci si può solo augurare che si abbia più coraggio di un confronto vero e trasparente, e senza reciproche scomuniche, sulle questioni di fondo che riguardano la vita perché cresca una unità su ciò che conta davvero. E che la manifestazione del 21 maggio possa essere un passo in questa direzione.