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Malpensa-Lugano, il solito pasticcio all'italiana

Dopo ritardi e inadempienze, italiane, è pronta la linea ferroviaria che collga Lugano a Malpensa. Ma le ferrovie di casa nostra hanno fatto sapere che utilizzeranno il collegamento solo in parte costringendo i viaggiatori a un cambio scomodo e assurdo. Il nostro governo non riesce ad essere interlocutore con i suoi vicini. 

Economia 01_07_2017

Per un Paese - che a Nord confina con la Francia, la Svizzera, l’Austria e la Slovenia, e a Sud sta di fronte alla Libia e alla Tunisia - fare una politica estera di vicinato non è certo semplice. Questo però non basta a giustificare la latitanza dell’attuale governo in materia.

Il catastrofico caos della gestione dei flussi migratori irregolari attraverso il Mediterraneo richiama comprensibilmente l’attenzione generale, ma quanto sta accadendo al Nord, pur se meno drammatico, è altrettanto serio. Provocando attriti si riduce il potenziale di relazioni che sono una grande risorsa non solo per i territori interessati ma indirettamente per tutto il Paese.

Il caso più recente è quello della nuova linea ferroviaria tra Stabio (Svizzera) e Arcisate (Italia), pochi chilometri grazie ai quali diventerebbe ora possibile andare velocemente in treno da Lugano all’aeroporto di Milano-Malpensa via Varese. Promossa dalla Regione Lombardia e dal Canton Ticino sin dal 2000, la nuova linea verrà finalmente aperta al traffico quest’autunno. Il tratto in territorio svizzero è stato puntualmente completato e aperto al traffico nel 2014, mentre da parte italiana accumulando ritardi si è fatta la solita magra figura; di qui proteste e ironie da parte svizzera che purtroppo non si poteva fare altro che ingoiare. E il bello è che sia da un lato che dall’altro della frontiera la costruzione della nuova linea è stata affidata a una medesima grande azienda italiana.

Adesso che finalmente la linea è pronta pure sul tratto che ci compete, le ferrovie italiane hanno fatto sapere di non voler attivare un collegamento diretto tra Lugano e l’aeroporto di Malpensa. Si pretenderà che i passeggeri in viaggio fra la città ticinese e l’aeroporto, circa 30 chilometri, spesso ovviamente carichi di bagagli, prendano un treno diretto a Como e poi, giunti a Mendrisio (Svizzera), scendano e cambino prendendo un altro treno diretto a Malpensa via Varese. Sono decisioni prese a Roma, dove evidentemente poco o nulla si sa delle esigenze dei territori serviti dalla nuova linea. A meno che sia anche questo un nuovo capitolo della “guerra” di Roma contro l’aeroporto di Milano-Malpensa.  

Il Consiglio di Stato ticinese, ossia il governo cantonale, che insieme ai comuni ticinesi serviti dalla linea si era impegnato a sostenere le spese di tale collegamento con un contributo di due milioni di franchi all’anno, a questo punto ha deciso di non dare più un soldo, tanto più che è prevista un corsa non ogni 30 minuti bensì ogni due ore; non così frequente da motivare la rinuncia all’auto su un itinerario tra l’altro già servito da un’autostrada. Mentre scriviamo non si può ancora sapere come la questione si concluderà, ma comunque ancora una volta abbiamo fatto la figura dei pasticcioni e dei “furbi” che promettono una cosa e poi ne fanno un’altra.

Il danno va oltre il caso specifico: alimenta la sfiducia nel governo italiano come interlocutore affidabile anche al di là della stima di serietà e di laboriosità di cui godono i frontalieri. Nel solo Canton Ticino, 352 mila abitanti, sono circa 64.500 i frontalieri residenti in Lombardia o in Piemonte che, ogni giorno o quasi, vanno e vengono tra l’Italia dove abitano con le loro famiglie e la Svizzera dove lavorano. Un tempo erano soprattutto operai di fabbrica e addetti al commercio mentre oggi si tratta in misura sempre crescente di tecnici e di professionisti. Diversamente da quanto spesso crede chi la vede da lontano, la Svizzera non è infatti solo un centro finanziario. Dispone anche di un’industria molto avanzata e molto presente sui mercati internazionali da cui viene una forte domanda di lavoro qualificato.

Le frontiere terrestri, e quindi i rapporti internazionali di prossimità, sono tra le condizioni e le esperienze che l’Alta Italia non condivide con il resto del Paese. Per motivi tanto culturali (la comunanza di lingua e anche di dialetti) quanto geografici questi rapporti sono particolarmente importanti ed estesi tra la Svizzera italiana e le terre lombarde e piemontesi confinanti: oltre due milioni di abitanti, più della popolazione delle Marche e dell’Umbria messe insieme.  

L’importanza sia attuale che potenziale di tali rapporti meriterebbe una specifica politica estera che invece non c’è, e di cui il proverbiale Palazzo romano nemmeno si avvede. Salvo, quando se ne avvede, fare tutt’altro. E’ il caso della sorda opposizione di Roma all’adeguato collegamento con la rete ferroviaria italiana del nuovo collegamento veloce attraverso le Alpi centrali, reso possibile da AlpTransit,  la galleria di base già in funzione, lunga 79 chilometri, che passa sotto il massiccio del San Gottardo. In attesa dell’analogo tunnel del Brennero che verrà (tra dieci-quindici anni, forse), le ferrovie italiane fanno infatti tutto il possibile per rallentare l’adeguamento delle linee tra Lugano e Milano.