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OSSESSIONI VERDI

Ma quale caldo record? L'anomalia della Mecca e di New Delhi è solo mediatica

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Caldo record, eccolo di nuovo. I media non fanno che parlare delle ondate di caldo senza precedenti registrate in Arabia Saudita e a New Delhi (India) per dimostrare che sia iniziata la crisi climatica. Uno studio attento dei dati negli ultimi quattro decenni rivela che l'anomalia non c'è: si registrano ondate di caldo peggiore, in passato. 

Creato 03_07_2024
Caldo record, rimedi indiani

Siamo davvero di fronte a fenomeni che non hanno precedenti?

Nel giugno 2024 i media italiani hanno segnalato una consistente mortalità da caldo nella città di Nuova Delhi e alla Mecca. In quest’ultimo caso a essere colpiti sono stati i devoti musulmani che si recano nella città per il tradizionale pellegrinaggio di maggio, L'Hajj, che tutti i musulmani adulti fisicamente ed economicamente in grado di intraprendere il viaggio sono tenuti a compiere almeno una volta nella vita.

La domanda che con angoscia crescente si pongono i nostri concittadini è se si tratti di fenomeni senza precedenti e sintomo di quella crisi climatica da tanti paventata. A fronte di ciò è compito del ricercatore è fornire dati atti a confermare o smentire una tale ipotesi, cosa che proveremo a fare in questo scritto, in cui per valutare il livello di anomalia delle temperature massime registrate in tali aree nel giugno 2024 utilizzeremo i dati di temperatura massima giornaliera presenti nel dataset di GSOD. Tali dati, aggiornati al 26 giugno 2024, sono attinti dal sito dell’Università del Texas (Texas University - Global data time series), da cui chi fosse interessato a un’informazione corretta e fondata su dati osservativi è invitato ad attingere per analizzare casi analoghi che dovessero verificarsi in futuro.

Circa il dataset meteorologico globale GSOD mi preme ricordare che è tutt’altro che esente da difetti, in particolare per le precipitazioni che sono di qualità scadente. Inoltre nel caso delle temperature, il dataset non è in grado di rendere conto di fenomeni estremi a carattere locale in quanto trattasi di stazioni sinottiche spesso collocate in aeroporti.

Il caso dell’Arabia Saudita

I dati aeroportuali di Al Taif (60 km a Est della Mecca) sono relativi al periodo 1983-2024 e presentano un solo anno mancante (il 1989), per cui in complesso sono disponibili 41 anni. In figura 1 si presentano i 50 giorni più caldi dell’intera serie. Si noti che quanto registrato nel 2024 vanta importanti precedenti e che ai 6 giorni più caldi in assoluto (17 agosto 2001 con 44.0°C seguito dal 3 agosto 1987 con 42,4°C, dal 19 luglio 2012 con 41°C, da 14 settembre 2000 e 16 luglio 2011 con 40.6°C e dal 19 luglio 2010 con 40.5°C) segue una lunga lista di 30 valori di 40,0°C fra cui ricadono l’8 giugno, il 21 giugno e il 22 giugno 2024 (barre rosse).

I dati per il circondario di New Delhi

Fra maggio e giugno, prima dell’arrivo delle piogge estive associate al Monsone, il clima del circondario di New Delhi è esposto a ondate di caldo estreme, fenomeno di cui rende ad esempio conto la descrizione che del clima offre un sito governativo per la città di Ambala, che da Nuova Delhi dista circa 200 km: “Il clima di Ambala per la maggior parte dell'anno è di carattere continentale pronunciato. Fa molto caldo in estate e decisamente freddo in inverno. Maggio e giugno possono essere molto caldi e le temperature che possono superare i 48°C, mentre in inverno possono scendere fino a -1°C".

Per una valutazione dell’evento termico estremo del 2024 sono state prese in esame le serie GSOD dal 1 gennaio 1957 al 26 giugno 2024 registrate negli aeroporti di Ambala (214 km a Nord di New Delhi – lat 30.383 N, lon 76.767 E, 272 m slm) e Hissar (188 km a Nordovest di New Delhi - lat 29.179 N, lon 75.755 E, 213 m slm). Si consideri che mentre nella serie di Hissar mancano solo gli anni 1959-60 e 1963-72 ed in complesso è disponibile il 79,9% dei dati, in quella di Ambala le carenze sono assai più consistenti, mancando all’appello il 65,8% dei dati. In ragione di ciò ci si è limitati a considerare la serie di Hissar (figura 2), per la quale le 4 ondate di caldo più estreme rispetto a quella del 2024 sono ricadute negli anni 1986, 1998, 2007 e 1984.

Mortalità da caldo (e da freddo!) e isola di calore urbano

Dall’analisi condotta emerge che per gli areali oggetto di questo commento le ondate di caldo del 2024 non possono in alcun modo essere considerate come prive di precedenti. Occorre peraltro aggiungere che l’isola di calore urbano può giocare un ruolo importante nel determinare problemi di salute e conseguenti eccessi di mortalità in coincidenza con le ondate di caldo. Da ciò deriva che una priorità assoluta dovrebbe oggi quella di mitigare l’isola di calore urbano e più in generale di creare condizioni di vita fisiologicamente gradevoli e socialmente dignitose nelle grandi città, in primis in quelle dei Paesi in via di sviluppo. Al riguardo occorre anche sottolineare che la mitigazione dell’isola di calore urbano dovrebbe essere selettiva e mirare a contenere l’eccesso termico estivo rispetto alle aree rurali circostanti mantenendo al contempo la protezione che le città offrono alle popolazioni in occasione delle ondate di freddo invernali, che in Italia e a livello globale sono tutt’ora di gran lunga la principale causa di mortalità per estremi termici. 

A tale riguardo Yuming Guo e collaboratori in un lavoro scientifico apparso su The Lancet nel 2021 hanno esaminato le serie temporali di 750 località collocate in 43 Paesi del mondo. I dati sono relativi al periodo 2000-2019, nel quale le temperature globali sono aumentate di 0,26 °C per decennio. Su tale periodo i ricercatori hanno analizzato un totale di 53.904.274 decessi ponendo in evidenza che l’eccesso termico (troppo caldo o troppo freddo) ha provocato  5.833.173 decessi, di cui  4.592.644 (oltre il 90%) era dovuto al freddo e solo il 490.529 (meno del 10%) era provocato dal caldo. Tali dati confermano quelli emersi dallo studio pubblicato sempre su The Lancet da Gasparrini e collaboratori nel 2015.

In conclusione l’eccesso di enfasi sul tema della cosiddetta “crisi climatica” allontana un’analisi oggettiva delle cause del disagio delle popolazioni. Occorrerebbe invece ridurre il tasso di retorica e indirizzare le risorse limitate di cui disponiamo alla soluzione dei problemi più che mai concreti che ci stanno di fronte, a iniziare dalla vivibilità degli ambienti urbani e rurali, dal rischio idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria e delle acque e dalla disponibilità di cibo e di acqua potabile.