Ma la Chiesa cattolica non è fatta per le persone per bene
Diceva T.S. Eliot: «Il mondo gira
e il mondo cambia/ ma una cosa
non cambia» quando si ha a che fare con «l’uomo di eccellenti intenzioni»:
i profeti a corrente alterna,
che vorrebbero cacciare i mercanti
dal tempio ma solo alcuni. Per questo sono a disagio con la Chiesa cattolica, quella cosa strana che fu fondata
da Uno che difendeva le adultere dalle sassate e che andava a cena
coi mafiosi e gli evasori fiscali,
non scomunicava i peccatori,
ma eventualmente gli eretici,
non quelli che agiscono male,
ma l’orgoglio intellettuale di chi crede di non aver bisogno di perdono,
e poter così «distribuire morte
e giudizi», come ammoniva il saggio Gandalf.
T. S. Eliot non si sarebbe stupito: “Il mondo gira e il mondo cambia / ma una cosa non cambia” quando si ha a che fare con “l’uomo di eccellenti intenzioni”: i profeti a corrente alterna (quelli che vorrebbero cacciare solo certi mercanti dal tempio) si trovano a disagio con una istituzione come la chiesa cattolica che, per dirla sempre con Eliot, “è gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi / vorrebbero essere teneri” e che, fondata da Uno che difendeva le adultere dalle sassate e andava a cena coi mafiosi ed evasori fiscali, non scomunica i peccatori, ma eventualmente gli eretici, non quelli che agiscono male, ma l’orgoglio intellettuale di chi crede di non aver bisogno di perdono, e poter così “distribuire morte e giudizi”, rischio da cui ammoniva il Gandalf di J.R.R. Tolkien.
Anche G.K. Chesterton per tutta la vita si sarebbe identificato col personaggio del ladro Flambeau, che solo Padre Brown ha davvero compreso e convinto a cambiar vita, senza peraltro chiedergli mai di consegnarsi alla polizia: “Non ho forse ascoltato i sermoni dei giusti e visto il freddo sguardo delle persone rispettabili? Non sono stato forse catechizzato con quello stile elevato e distaccato, non mi è stato forse chiesto come fosse possibile per qualcuno cadere così in basso? Credete che tutto ciò che mi hanno fatto non mi abbia causato altro che riso? Solo il mio amico qui mi disse esattamente perché rubavo, e da allora non l’ho più fatto.” Gli uomini rispettabili ne avrebbero di libri simili da censurare, perché la grande arte cristiana scotta come una patata bollente nelle mani gelide di chi vorrebbe una chiesa pronta a epurare i figlioli prodighi e benedire la decapitazione dell’immondo di turno.
Difficile per loro andare d’accordo con un Dante che racconta un Manfredi dai “peccati orribili” che sorride per sempre al sicuro in Purgatorio; difficile andare d’accordo con Shakespeare, col suo Falstaff dai vizi debordanti e la disordinata allegria ma che muore da cristiano semplicemente gridando “Dio”; difficile andare d’accordo col vescovo dei “Miserabili” di Victor Hugo che, lungi dal consegnare il ladro Valjean ai gendarmi, ne raddoppia la refurtiva, e senza chiedergli di pagarci le tasse; difficile andare d’accordo con Manzoni, che fa ammonire Don Rodrigo da fra’ Cristoforo ma non fa passare neppure per la mente al cardinal Borromeo di comandare all’Innominato di consegnarsi alla “giustizia così facile” degli uomini; difficile andare d’accordo con Joseph Roth e il suo “santo bevitore”: non un ex alcolizzato che diventa santo, ma proprio un santo alcolizzato.
Oscar Wilde, che avrebbe amaramente conosciuto quali abissi di violenza e ipocrisia siano in attesa quando si confondono i reati coi peccati, disse che la chiesa cattolica è il luogo dei santi e dei peccatori, mentre le persone perbene si potevano accontentare della chiesa anglicana. Purtroppo per Wilde le persone perbene di ieri e di oggi hanno la brutta tendenza ad accontentarsi della chiesa puritana della “Lettera scarlatta”, che imporrebbe ai reprobi l’isolamento e la marchiatura pubblica delle colpe. Ecco finalmente un libro che descrive una società capace di andare incontro all’accorato appello di Barbara Spinelli: peccato che Hawthorne l’avesse scritto per denunciare un mondo di orrore, delazioni, falsità, e che per la chiesa siano i puritani gli eretici da scomunicare.
Da Il Foglio del 22 settembre 2011