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L’Uomovivo secondo Chesterton

"Uomovivo" è uno dei capolavori di GKC. Con l'ironia e il paradosso che lo contraddistinguono, lo scrittore britannico ridesta lo stupore per la vita quotidiana come via privilegiata per decostruire ogni ideologia e vivere intensamente il reale.

Cultura 03_01_2023

«Abbozzai la storia di un tale d’animo buono, che andava in giro con una pistola e la puntava a bruciapelo contro il pessimista, se mai diceva che la vita non valeva la pena di essere vissuta». Così Chesterton presenta nella sua Autobiografia il suo romanzo Uomovivo (pp. 217, 2022), pubblicato recentemente in una nuova veste editoriale insieme a otto articoli inediti dalla Società Chestertoniana Italiana, la casa Editrice Leardini e il Centro Missionario Francescano.

Pubblicato nel 1912, Manalive è un romanzo per certi versi autobiografico, in quanto il protagonista Innocent Smith ama girare con la pistola proprio come il suo autore, il quale «andò a sposarsi davvero con una pistola in tasca perché diceva che non esistono matrimoni prudenti», come ricorda nella prefazione al volume Marco Sermarini, presidente della Società Chestertoniana Italiana.  

In effetti «Innocent si prende la briga di saltare il muro di Casa Beacon e vi porta lo scompiglio dell’ortodossia, calca in testa allo scientista dottor Warner il suo cappello perché è depresso e questo è sbagliato perché ogni uomo è un re e il suo cappello è la sua corona e quindi l’uomo comune vale come il re; punta la pistola in faccia al rettore Eames perché rinsavisca e così possa rinsavire lui stesso!».

Costruito sul ciglio del paradosso, l’obiettivo di Manalive consiste proprio nel decostruire con armi quali «l’amore per l’ortodossia e il senso comune l’eresia che guasta l’uomo e il suo cervello e così questo mondo per cui combattere da patrioti cosmici», come sottolinea Sermarini. Ecco perché la pistola di Innocent è puntata fuor di metafora contro l’uomo moderno e la sua visione ideologica del reale: «Tutto ciò non è solo una questione personale di Innocent. Chesterton ci indica quale sia la nostra vera patria, che è di là ma che costruiamo già da qua. Dice infatti Innocent: “Alla fine del mondo, alle spalle dell’aurora, troverò la sposa che veramente sposai e la casa che è veramente casa mia”, e più avanti: “Dio mi ha ordinato d’amare e di servire un determinato luogo, e mi ha fatto fare, in onore di esso, una quantità di cose anche bizzarre, affinché questo luogo potesse servirmi a testimoniare, contro tutti gl’infiniti e tutti i sofismi, che il Paradiso è in un qualche posto e non dappertutto: è qualche cosa di preciso e non già qualsiasi cosa”. Inoltre questa regola Innocent la applica su di sé per il bene dei suoi occasionali amici, per il cui cambiamento fa il tifo», evidenzia acutamente ancora il presidente della Società Chestertoniana Italiana.

L’umorismo chestertoniano è il filo rosso non solo di Uomovivo, ma anche degli articoli inediti pubblicati in appendice a tale romanzo. Di qui la cifra di un matrimonio riuscito è, secondo l’ideatore di padre Brown, l’incompatibilità tra i coniugi. Infatti, scrive Chesterton, «finché un matrimonio è basato su una ben salda incompatibilità di carattere, quel matrimonio ha una buona probabilità di continuare a essere un matrimonio felice, perfino romantico. Qualcuno ha detto: “Finché gli innamorati riescono a litigare sono ancora innamorati”».

Relativamente alla poesia della vita quotidiana, con la saggia ironia che contraddistingue la sua penna, afferma in un altro articolo: «Le scarpe che porto, non dirò che siano belle sui monti ma sono almeno profondamente simboliche in strada, perché sono le scarpe di uno che reca la buona novella. La sedia su cui mi siedo è veramente romantica, anzi, eroica, visto che è costantemente in pericolo. I lampioni sono poetici, per cause non solo accidentali ma essenziali. Non si tratta semplicemente di commoventi associazioni sentimentali connesse ai lampioni, la bellezza del fatto che ad essi venissero appiccati gli aristocratici o che vecchi signori sbronzi se li abbraccino: il lampione porta davvero con sé l’intera poesia dell’uomo, perché nessun’altra creatura può innalzare una fiamma così in alto e custodirla così bene».

Rispetto al bolscevismo, constata che si sviluppò paradossalmente in Russia e non in America, ossia in «un paese che non era particolarmente industrializzato e neanche strettamente capitalista. I bolscevichi furono vittoriosi e furono sconcertati dalla loro vittoria. Il loro trionfo politico fu la loro sconfitta filosofica». E in effetti, secondo la concezione marxista della storia, il capitalismo del mondo industrializzato avrebbe dovuto precedere il collettivismo, cosa che però in Russia non avvenne.

Convintamente realista, condivide profondamente la filosofia di san Tommaso d’Aquino e ne illustra in un articolo il cuore teoretico con stile divulgativo, rilevando come il Dottore Angelico «chiese solo di ragionare a partire dalla propria esperienza. La fede è superiore alla ragione; ma la ragione è superiore a qualsiasi altra cosa e ha diritti supremi nel proprio ambito. È qui che anticipa e risponde al grido antirazionale di Lutero e degli altri; come mi disse un poeta molto pagano: “La Riforma è avvenuta perché la gente non aveva il cervello per capire l’Aquinate”. San Tommaso ha esaltato Dio senza abbassare l’uomo; ha esaltato l’uomo senza abbassare la natura. Perciò ha creato un cosmo di buon senso, una terra viventium, una terra dei vivi. La sua filosofia, come la sua teologia, è quella del senso comune. Non tortura il cervello con tentativi disperati di spiegare l’esistenza, spiegandola. I primi passi della sua mente sono i primi passi di qualsiasi mente onesta; così come le prime virtù del suo credo potrebbero essere quelle di qualsiasi onesto contadino. Perché lui, che combinava tante cose, combinava anche la sottigliezza intellettuale e la semplicità spirituale; e il sacerdote che assistette al letto di morte di questo titano di energia intellettuale, il cui cervello aveva strappato le radici del mondo e trafitto ogni stella e spaccato ogni paglia in tutto l’universo del pensiero e persino dello scetticismo, disse che nell’ascoltare la confessione del moribondo, gli parve improvvisamente di ascoltare la prima confessione di un bambino di cinque anni».