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SVIZZERA

L'uomo, rifiuto da buttare con la bara dell'eutanasia

La macchina dell'eutanasia introdotta in Svizzera è manifestazione plastica dell’autodeterminazione elevata a potenza: fai tutto tu, non ti devi rivolgere nemmeno ad una clinica. Finisci dentro quel sarcofago 2.0 come se fosse un cassonetto per l’organico. Sei spazzatura da smaltire. La SSP prima di essere uno strumento per dare la morte fisica è allora uno strumento che uccide l’anima delle persone perché disumanizza la stessa morte.

Editoriali 11_12_2021

Assomiglia a quelle bare per il criosonno o ipersonno che abbiamo visto in molti film di fantascienza e in cui finiscono gli astronauti che devono risvegliarsi dopo qualche centinaia di anni su una navicella spaziale lanciata verso mondi sconosciuti. La differenza però sta nel fatto che chi entra in questa bara non si risveglia più o, anzi, sì ma non in un altro mondo, ma nell’altro mondo.

Si chiama Sarco Suicide Pod (SSP) ed è stata inventata dal medico australiano Philip Nitschke. La persona entra in questo baccello futuristico, risponde ad alcune domande standard per verificare che sia capace di intendere e volere e desideri realmente morire, aspira un’alta concentrazione di azoto e in circa 30 secondi muore. Si tratta in buona sostanza di una macchina per uccidere le persone consenzienti. Questo aggeggio per l’eutanasia è stato approvato dal governo svizzero. Non poteva andare diversamente dato che in Svizzera il suicidio assistito è legale da molti anni.

Il suo ideatore ha dichiarato: "Vogliamo rimuovere qualsiasi tipo di revisione psichiatrica dal processo e consentire all'individuo di controllare il suicidio autonomamente. Il nostro obiettivo è sviluppare un sistema di screening gestito dall'intelligenza artificiale per stabilire la capacità mentale della persona. Naturalmente c'è molto scetticismo, soprattutto da parte degli psichiatri”. Lo scetticismo non riguarda tanto la decisione di morire, quanto la verifica che il candidato all’eutanasia sia capace di intendere e volere e desideri veramente morire. A nessuno, così pare, sfiora l’idea che se uno vuole morire quella è la prova provata che in lui qualcosa non va.

Il baccello della morte ricorda realmente una bara, però la differenza sta nel fatto che ci entri da vivo e non da morto. La macchina offre alcuni vantaggi rispetto alle normali procedure del suicidio assistito: "La macchina può essere trainata ovunque allo scopo di morire", ha dichiarato Nitschke, "può stare in un ambiente idilliaco all'aperto o nei locali di un'organizzazione di suicidio assistito, per esempio.". Edificante: puoi morire dove vuoi, in riva al mare, in un prato, nel tuo ufficio oppure anche a domicilio.

Dopo la macchina per far la pasta in casa e quella per fare il gelato, non poteva mancare quella per la dar la morte tra le quattro mura domestiche. Togliersi la vita diventa così ancor più affare privato, privatissimo.

La SSP è manifestazione plastica dell’autodeterminazione elevata a potenza: fai tutto tu, non ti devi rivolgere nemmeno ad una clinica, lo psichiatra a cui devi raccontare perchè vuoi morire viene sostituito da un microchip che ti pone domande standard e in 30 secondi ti ritrovi davanti a Nostro Signore a dover spiegare questa tua ultima follia. Tutto così apparentemente semplice. Anzi, così tutto banale, vuoto, disperato. La SSP in realtà è un monumento tecnologico alla solitudine. Finisci dentro quel sarcofago 2.0 come se fosse un cassonetto per l’organico. Sei spazzatura da smaltire. La SSP prima di essere uno strumento per dare la morte fisica è allora uno strumento che uccide l’anima delle persone perché disumanizza la stessa morte. Chi decide di farla finita in questo modo è già morto dentro da tanto tempo.