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FOSCOLO. ASSOLUTO E ILLUSIONI/14

L’ultimo urlo di Foscolo: il mondo salverà la bellezza?

Se in tutte le sue opere Foscolo ha sempre testimoniato la certezza che la bellezza abbia un valore altissimo nella crescita dell’umanità, negli inni delle Grazie questo è ancor più evidente. Senza la bellezza l’uomo non può vivere.  Scritti per lo più tra il 1812 e il 1813, gli inni non vennero completati e furono pubblicati postumi.

Cultura 17_05_2015
Ugo Foscolo

Se in tutte le sue opere Foscolo ha sempre testimoniato la certezza che la bellezza abbia un valore altissimo nella crescita dell’umanità, negli inni delle Grazie questo è ancor più evidente. Senza la bellezza l’uomo non può vivere.  Concepiti già nel 1802-1803, scritti per lo più tra il 1812 e il 1813, quando l’artista Antonio Canova stava realizzando il gruppo scultoreo omonimo, gli inni non vennero mai completati e furono pubblicati solo postumi (dopo essere stati riordinati dall’Orlandini nel 1848, dal Chiarini nel 1884 e dallo Scotti nel 1985).

La mancata conclusione dell’opera testimonia probabilmente l’inarrestabile tramonto della fase neoclassica nella poesia italiana, ma è altresì testimonianza emblematica delle difficoltà incontrate dal poeta nel realizzare opere organiche unitarie. Tanto è eccelsa la capacità di Foscolo nel realizzare piccoli quadretti e squarci lirico - poetici come in alcuni mirabili sonetti o in alcuni luoghi de I sepolcri altrettanto evidente è la difficoltà del poeta a conferire unità alle opere nel loro insieme, per cui l’Ortis è comunque un romanzo epistolare, composto, quindi, di lettere separate tra loro e il carme immortale de I sepolcri manifesta, pur nella sua grandezza che lo rende un’opera tra le più significative della letteratura mondiale, alcuni limiti nei passaggi analogici che lo caratterizzano e che, talvolta, attenuano l’intima unità delle parti.

Racconta il poeta nelle Grazie che gli dei diedero ai mortali degli esseri intermediari tra cielo e terra, tra loro dei immortali e noi esseri umani: questi esseri si chiamavano “Grazie”. La loro funzione era quella di ingentilire gli animi barbari, di portarli dalla condizione ferina ad una condizione più compiuta attraverso l’arte. L’uomo, a differenza della bestia, possiede questa capacità di cogliere il bello. La scomparsa della bellezza e l’incapacità di coglierla sono per qualsiasi civiltà un campanello di allarme per una possibile distruzione dell’umanità, che può ritornare alla condizione primitiva. Alla nascita delle Grazie è correlata anche la diffusione dell’arte nelle sue differenti forme e dei sentimenti rivolti ad altri come «la gratitudine a’ benefici, il desiderio di beneficare, il religioso amore per la patria, la dolce e serena pietà de’ mali altrui». Ritorna l’idea di poesia lirica che già una decina di anni prima (1803) Foscolo aveva trasmesso nel testo Della ragione poetica di Callimaco, che affianca la traduzione della Chioma di Berenice di Callimaco. 

La poesia che è per sua natura «teologica e legislatrice» ha la funzione di «cantare memorabili storie, incliti fatti ed eroi, accendere gli animi al valore, gli uomini alla civiltà, le città all’indipendenza, gl’ingegni al vero ed al bello». Foscolo riconosce, tuttavia, una differenza tra la poesia antica e quella moderna, dovuta alla mediocrità del presente contrapposta alla grandezza del passato. Alla poesia moderna, che non può cantare le grandi gesta dei popoli, non resta che «diseppellire le virtù di qualche privato per poter onorare di alcun giusto elogio le nostre città». Così anche nelle Grazie evidenti sono i segnali di un presente cupo tanto che il poeta denuncia fin da subito il fine del carme: «all’Italia/ Afflitta di regali ire straniere/ Voli improvviso a rallegrarla il carme». Più tardi, nell’Inno a Pallade, Foscolo allude alle guerre di liberazione: «Di stragi/ Su’ canuti, e di vergini rapite,/ Stolto! Il trionfo profanò che in guerra/ Giusta il favore della Dea gli porse». La poesia, l’arte e le Grazie stesse rappresentano questo mondo ideale di valori (bellezza, libertà, patria, …) da preservare perché la civiltà si conservi in un mondo che è squallido e orrido. 

Gli Appunti sulla ragione poetica del carme ci permettono di intendere correttamente le finalità della poesia lirica secondo Foscolo: «Il fondo del Carme delle Grazie è didattico, e lo stile è tra l’epico e il lirico». Così nella lettera indirizzata a Francois Xavier Fabre, Foscolo ribadisce: «A taluni forse dispiacerà di mescolare il didattico, l’epico e il lirico, in un solo genere,  […]. Dirò solo che la non è novità, perché gl’inni attribuiti ad Omero, quei di Callimaco, le più lunghe odi di Pindaro […], il poema di Catullo sulle nozze di Teti e Peleo, sono per l’appunto misture di tre generi; e tale fu forse la prima poesia». Nel primo inno, dedicato a Venere, Foscolo rappresenta la comparsa della dea dal Mar Ionio, mito ripreso da Esiodo. Il poeta canta, nel contempo, l’apparizione delle Grazie che portano l’uomo dalla condizione ferina a quella più pienamente umana, capace di apprezzare la bellezza, di stupirsi e di vivere una più intensa spiritualità. Venere ritornerà in Cielo lasciando le Grazie in Terra come conforto ai mortali. Prima di congedarsi Venere così si rivolge alle Grazie: «Assai beato, o giovinette, è il regno/ de’ Celesti ov’io riedo. Alla infelice/ Terra ed a’ figli suoi voi rimanete/ confortatrice: sol per voi sovr’essa/ ogni lor dono pioveranno i Numi». L’apparizione delle Grazie nell’antica Grecia ha un alto valore simbolico, perché testimonia che ivi nasce per la prima volta l’arte. 

Nel secondo inno dedicato a Vesta, dea del focolare domestico, le Grazie si trovano in Toscana, nella villa di Bellosguardo. Tre bellissime donne (Eleonora Nencini, Cornelia Martinetti, Maddalena Bignami), che rappresentano rispettivamente la musica, la poesia e la danza, sono sacerdotesse di un rito in loro onore. Il passaggio delle Grazie in Italia è rivelatore della consegna del testimone dell’arte dalla Grecia a Roma attraverso la cultura latina e, poi, la nascita nella nostra penisola del Rinascimento. 

Il terzo inno, dedicato a Pallade (dea della sapienza), ha un ruolo drammaticamente profetico. Le Grazie, infatti, sono in pericolo e si devono rifugiare in Atlantide. «Isola è in mezzo all’ocean, là dove/ Sorge più curvo agli astri; immensa terra,/ Come è grido vetusto, un dì beata/ D’eterne messi e di mortali altrice». Ivi, Pallade fa tessere per le Grazie un velo per proteggerle. L’arte, avverte Foscolo già due secoli fa, è a rischio di estinzione, la bellezza non è salvaguardata e viene confusa con la rozzezza e la volgarità. La catastrofe è incombente.