L'UDIENZA
«L’ora di Gesù» per il Messico e Cuba
Non è stato casuale il viaggio nei due Paesi latino-americani alla vigilia di Pasqua. Solo l'amore di Cristo può segnare la risurrezione dei due Stati.
Attualità
05_04_2012
Nell’udienza generale del 4 aprile Benedetto XVI è tornato sui «giorni indimenticabili di gioia e di speranza, che rimarranno impressi nel mio cuore» del viaggio in Messico e a Cuba del 23-29 marzo. Senza nessuna critica diretta ai media, che si sono concentrati pressoché esclusivamente sugli aspetti politici del viaggio, il Papa ha però insistito in modo molto significativo sulla calorosa accoglienza ricevuta nei due Paesi latino-americani.
Così, a proposito della città messicana di León, ha osservato che «qui una grande folla festante mi ha riservato una straordinaria e vivace accoglienza, come segno dell’abbraccio caloroso di un intero popolo». «Ripenso con profonda gratitudine – ha detto il Pontefice – alla fila interminabile di gente lungo le strade, che mi ha accompagnato con entusiasmo. In quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti lieti, in quelle grida di gioia ho colto la tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili». Oltre a evocare «l'immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica domenicale nel Parco del Bicentenario di León», Benedetto XVI ha aggiunto, riferendosi ai bambini e i ragazzi, che «la loro inesauribile allegria, espressa con fragorosi canti e musiche, come pure i loro sguardi e i loro gesti, esprimevano il forte desiderio di tutti i ragazzi del Messico, dell’America Latina e dei Caraibi di poter vivere in pace, in serenità e armonia, in una società più giusta e riconciliata».
A Santiago de Cuba il Papa ha riferito di avere trovato «la partecipazione attenta e orante di migliaia di persone, segno di una Chiesa che viene da situazioni non facili, ma con una testimonianza vivace di carità e di presenza attiva nella vita della gente». Nella capitale di Cuba, L’Avana, «i giovani, in particolare, sono stati i principali protagonisti dell’esuberante accoglienza nel percorso verso la Nunziatura». «Il giorno seguente – ha ricordato ancora Benedetto XVI – ho presieduto la Santa Messa nella Piazza principale de L’Avana, gremita di gente». E «al momento di lasciare Cuba, decine di migliaia di cubani sono venute a salutarmi lungo la strada, nonostante la forte pioggia». Non si tratta solo di appunti di viaggio. Il Papa vuole insistere sul fatto che il viaggio ha avuto la «desiderata riuscita pastorale». Forse non tutti i poteri forti locali e i media hanno accolto a braccia aperte il Pontefice. Ma lo ha fatto il popolo cattolico, rispondendo con un entusiasmo spontaneo e sorprendente alla visita di Benedetto XVI.
E qual è stato il contenuto fondamentale del viaggio, che cosa è andato a dire il Papa in Messico e a Cuba? Come La Bussola Quotidiana ha sottolineato durante e subito dopo il viaggio, tra tanti temi uno il Pontefice ha voluto sottolineare particolarmente e ha ricordato anche il 4 aprile: «la necessità del riconoscimento e della tutela dei diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca la libertà religiosa». Già la storia del Messico ha conosciuto, ha ricordato Benedetto XVI, «situazioni insopportabili e oscure», cui «i messicani hanno risposto con la loro fede ardente», ennesima allusione alle persecuzioni laiciste del XX secolo e all’epopea dei Cristeros. E a Cuba ci sono «difficoltà ancora da superare perché la religione possa svolgere il proprio servizio spirituale e formativo nell’ambito pubblico della società». Il Papa ha ribadito all’udienza il doppio profilo del viaggio a Cuba, diplomatico e profetico. Da una parte, ha detto, la visita si è svolta «non mancando di evidenziare le buone relazioni esistenti tra Stato e Santa Sede, finalizzate al servizio della presenza viva e costruttiva della Chiesa locale». Dall’altra, ha ribadito che «il Papa porta nel cuore le preoccupazioni e le aspirazioni di tutti i cubani, specialmente di quelli che soffrono per la limitazione della libertà».
A Cuba serve, ha detto ancora Benedetto XVI, la «costruzione di una società aperta e rinnovata, dove vi sia sempre più spazio per Dio, perché quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo». «Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno si apre alla verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà». E se si apre a Gesù Cristo, perché «Egli solo può disperdere le tenebre dell’errore, aiutandoci a sconfiggere il male e tutto ciò che ci opprime». A Cuba, come ovunque, «la Chiesa non chiede privilegi, ma chiede di poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di speranza e di pace del Vangelo in ogni ambiente della società». La «piena libertà religiosa» non si riduce alla sola libertà di culto, ma richiede che alla Chiesa e ai cristiani sia possibile partecipare in quanto tali alla vita culturale, educativa – anche aprendo e mantenendo scuole e università – e politica.
Non è un caso, ha concluso Benedetto XVI, che questo viaggio entusiasmante e delicato si sia svolto alla vigilia di Pasqua, dell’«ora di Gesù» che inizia con l’Ultima Cena. Tutta la vita di Gesù «è orientata a questa ora, caratterizzata da due aspetti che si illuminano reciprocamente: è l’ora del “passaggio” (metabasis) ed è l’ora dell’“amore (agape) fino alla fine”. In effetti, è proprio l’amore divino, lo Spirito di cui Gesù è ricolmo, che fa “passare” Gesù stesso attraverso l’abisso del male e della morte e lo fa uscire nello “spazio” nuovo della risurrezione. È l’agape, l'amore, che opera questa trasformazione, così che Gesù oltrepassa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna». L’ora di Gesù, quella in cui «siamo invitati a vivere questa trasformazione attuata dall’agape», a lasciarci «raggiungere da questo amore» e «trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione» può venire, nonostante le mille difficoltà, anche per Messico e per Cuba.