Londra, parlamento sospeso: silenzio, parla la Brexit
Ieri, mercoledì 28 agosto, il premier britannico Boris Johnson ha chiesto alla regina e ottenuto la chiusura del Parlamento per un periodo molto lungo: 23 giorni lavorativi. Questa mossa, azzardata, ma nei limiti della Costituzione (non scritta) britannica, eviterebbe ulteriori dibattiti prima della Brexit. Ma il governo così è a rischio di sfiducia
Ieri, mercoledì 28 agosto, il premier britannico Boris Johnson ha chiesto alla regina Elisabetta II e ottenuto la chiusura del Parlamento per un periodo di tempo molto lungo, 23 giorni lavorativi. Questa mossa, molto azzardata ma nei limiti della Costituzione (non scritta) britannica, in teoria è un tempo di recupero dopo una sessione parlamentare straordinariamente lunga, in pratica serve a un solo scopo: arrivare alla Brexit senza perdersi in troppi dibattiti. Mentre le opposizioni gridano al golpe, la maggioranza descrive la sospensione quasi come fosse ordinaria amministrazione. Il governo conservatore, in questo modo, però, si gioca tutto. Anche la sua stessa sopravvivenza.
Secondo quanto chiesto dal premier e autorizzato dalla regina, il Parlamento terrà la sua ultima sessione annuale in data ancora da stabilire, compresa fra il 9 e il 12 settembre. Dopo la pausa estiva le sessioni ricominceranno il tre, dunque i deputati avranno meno di una settimana per legiferare nella vecchia sessione. La nuova sessione sarà invece inaugurata il 14 ottobre, giorno in cui la regina terrà il discorso al Parlamento. Il 31 ottobre è la data fissata per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Dunque l’opposizione avrà meno di due settimane, a ottobre, per scongiurare la Brexit o rinviarla ancora.
Non si tratta di un golpe: la procedura della sospensione del Parlamento è legale e si ripete ogni anno, per consuetudine, prima delle elezioni o prima della nuova sessione parlamentare. Quel che è insolita è la durata, solitamente di una settimana ma questa volta di 23 giorni lavorativi. C’è un solo precedente recente ed è nel 2014 (governo Cameron), con 20 giorni di sospensione. Fra i casi più controversi di sospensione prolungata nel passato meno recente c’è quella del 1997 (governo Major) e quella del 1948 (governo Attlee) entrambe ben più lunghe rispetto a quella voluta, ieri, da Boris Johnson. La contestazione delle opposizioni non riguarda la procedura in sé, ma soprattutto il fatto che avvenga in un momento così delicato, alla vigilia della Brexit. Laburisti, Liberaldemocratici e indipendentisti scozzesi, soprattutto, si sentono privati della possibilità di dire la loro ultima parola ed esprimere il loro ultimo voto prima che arrivi la fatidica scadenza del 31 ottobre. Dall’altra parte, la decisione di Johnson, è stata preceduta da una fitta campagna mediatica conservatrice, in cui si accusano i partiti di minoranza di voler rubare il voto della maggioranza degli inglesi, espresso nel referendum del 2016. E’ un caso in cui entrambe le parti si accusano di essere anti-democratiche.
La scelta di Johnson, comunque, ha messo in crisi lo stesso Partito Conservatore. L’ex premier John Major (forse memore della sua stessa esperienza del 1997) minaccia di impugnare la decisione di Johnson in tribunale. (Come per altro sta facendo Joanna Cherry, portavoce dell’Snp, partito degli indipendentisti scozzesi, che si è già rivolta alla magistratura scozzese). La leader conservatrice scozzese Ruth Davidson ha rassegnato le dimissioni in polemica con il premier. Già era in rotta di collisione con il nuovo vertice del partito perché è sempre stata una “remainer”, anche per motivi familiari e nazionali, scozzese con parenti irlandesi. La sospensione del Parlamento è stata, per lei, l’ultima goccia. Philip Hammond, altro conservatore dissidente, già ministro delle Finanze, dichiara che questo modo di procedere sia “profondamente anti-democratico”. Lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, definisce la sospensione “un oltraggio alla costituzione”.
Di opposto avviso il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Jacob Rees-Mogg: “è una procedura assolutamente appropriata da un punto di vista costituzionale”, ha detto alla stampa dopo aver incontrato la regina assieme al premier. Secondo lo stesso Boris Johnson, la durata della sospensione è giustificata dalla lunghezza della scorsa sessione parlamentare, pari a 340 giorni “La più lunga sin dai tempi della Guerra Civile del XVII Secolo”. Quanto al dibattito sulla Brexit, Johnson rassicura le opposizioni che ci sarà tutto il tempo per discutere e votare, dopo il 17 ottobre, quando si terrà l’ultimo Consiglio d’Europa per l’approvazione di un accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Il Parlamento avrà dunque modo di votarlo. Ma già dalla settimana prossima, però, il governo dovrà lottare per la sua sopravvivenza, perché le opposizioni si stanno organizzando per un voto di sfiducia e i franchi tiratori, fra i Conservatori, potrebbero essere numerosi.