Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
RIFLESSIONI AGOSTANE

Logos & passion: il perché del made in Italy

I miei amici stranieri in vacanza mi hanno chiesto: «Perché in Italia tutto è così bello e buono? Perché il Made in Italy è così ben fatto? Cos’hanno gli italiani di speciale?». La mia risposta parte dal logos greco, di cui noi siamo figli. Il fine, l'armonia, il progetto, che Dio, poi, incarna in Cristo. Poi ci siamo abbandonati a... Bacco. 

Editoriali 01_09_2019

Quest’estate ho passato un periodo di vacanza con una coppia di amici stranieri. Siamo stati in Italia centrale e li ho invitati a visitare il più possibile borghi  e città.

Al termine della vacanza, durante una cena all’aperto, immersi in un paesaggio meraviglioso, sazi di ottimo cibo e un po' su di giri per il vino, gli amici mi hanno rivolto la seguente domanda: «Ma perché in Italia tutto è così bello e buono? Perché avete questi borghi, e paesaggi? Perché il Made in Italy è così ben fatto e le auto italiane ammirate da tutto il mondo? Cos’hanno, gli italiani, di speciale?». La domanda era interessante e mia moglie ha proposto: «Forse il segreto è la passione… Gli italiani mettono molta passione in ciò che fanno. Oppure la finezza, la cura per il particolare...».

Ci ho pensato un po', poi ho risposto così.

Noi facciamo le cose come le facevano i greci. I greci non avevano una parola per l’arte; usavano techne, tecnica. Questa parola indica il modo giusto per fare le cose. Significa che, per loro, esisteva un modo giusto per fare le cose, un modo «come Dio comanda». Noi facciamo le cose allo stesso modo: non basta che funzionino, né che siano belle. Devono assomigliare il più possibile al loro progetto originario, al modo in cui Dio le ha volute. Le auto, per esempio: non basta che funzionino bene, per quello ci sono i tedeschi. Le auto italiane cerca(va)no di avvicinarsi il più possibile al prototipo dell’auto, all’auto come dovrebbe essere. All’auto come Dio l’ha pensata.

«E cosa hanno a che fare gli italiani con i greci?», chiesero i miei interlocutori.

I greci avevano un’idea fondamentale: l’universo è un insieme armonico e ordinato; e ha un senso, un fine. Per indicare quest’ordine, quest’armonia, usavano la parola logos. Cercavano di vivere (e di fare) secondo il logos. Poi arrivò l’evangelista Giovanni, che annunciò ai greci che il Logos si era incarnato ed era vissuto in mezzo a noi. Contrariamente a quanto era accaduto a Paolo, che venne deriso, i greci non ebbero difficoltà a credere a Giovanni: sapevano bene che il Logos esisteva, e dava un senso a tutto. Benedetto XVI, nel famigerato discorso di Ratisbona, spiega che questo passaggio era necessario, e fu provvidenziale:

L'incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell'Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: "Passa in Macedonia e aiutaci!" (cfr At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una "condensazione" della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l'interrogarsi greco. […]  Oggi noi sappiamo che la traduzione greca dell'Antico Testamento, realizzata in Alessandria – la "Settanta" –, è più di una semplice (da valutare forse in modo addirittura poco positivo) traduzione del testo ebraico: è infatti una testimonianza testuale a se stante e uno specifico importante passo della storia della Rivelazione, nel quale si è realizzato questo incontro in un modo che per la nascita del cristianesimo e la sua divulgazione ha avuto un significato decisivo.

E non è finita: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l'Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa.

Roma – caput mundi – ha avuto quindi il compito di diffondere questa fede illuminata dalla ragione. Non so se ci avete fatto caso… ma dove è arrivata Roma, portatrice del Logos, c’è un mondo; dove Roma non è arrivata ce n’è un altro. Avete mai confrontato il limes romanus con la cartina dei länder cattolici e protestanti in Germania?

In sostanza: la provvidenza ha stabilito che il Logos diventasse greco e romano. E gli italiani sono gli eredi di greci e romani. Hanno conosciuto il Logos, ne sentono la nostalgia. E riversano questa nostalgia per il senso, l’ordine, il fine, in ciò che fanno: dai vestiti, alle auto, ai campi coltivati…

«Quindi...», proseguirono sbalorditi i miei interlocutori, «… gli italiani sono il popolo eletto?».

«Ogni popolo che accetta il Logos è popolo eletto», risposi.

La serata era dolce, il crepuscolo avanzava e una brezza leggera ci avvolse. Tacemmo a lungo.  Poi, complice il vino, ci perdemmo in altri, più leggeri, discorsi.