L'Occidente si sveglia invaso dall'antisemitismo
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Da Londra a New York, da Parigi a Milano le reazioni filo Palestinesi di gruppi antisemiti e anti israeliani delineano un inquietante quadro di jihad globale.
«Il 7 ottobre sarà ricordato come un grande giorno per l’islam radicale, ora sono incoraggiati», così ha detto a Giulio Meotti, sul Foglio, Mordechai Kedar, uno dei massimi esperti di geopolitica mediorientale.
A Londra, lunedì sera i manifestanti filo-palestinesi si sono radunati davanti all’ambasciata israeliana chiusa a Kensington, cantando “Israele è uno Stato terrorista”, “Palestina libera” e “Allah Akhbar” mentre lanciavano razzi e fuochi d’artificio. La polizia di Londra ha arrestato tre persone coinvolte nelle manifestazioni.
Le autorità delle città di tutta Europa e degli Stati Uniti stanno implementando le misure di sicurezza nei luoghi sacri ebraici, ma anche a protezione delle comunità locali. L’attentato senza precedenti di Hamas contro Israele ha scatenato il dipartimento propaganda del jihad in tutto l’Occidente e si temono attentati contro gli ebrei. Manifestazioni anti occidentali ed antisemite sono ovunque. I media internazionali mostrano le bandiere degli Stati Uniti e di Israele mentre vengono incendiante intonando slogan anti ebraici e a sostegno dei palestinesi.
A poche ore dall’attentato palestinese, e quindi dell’inizio della guerra, i Democratic Socialists of America di New York City hanno annunciato una protesta in onore degli attacchi. “All Out for Palestine”, così hanno battezzato la manifestazione «in solidarietà con il popolo palestinese e il suo diritto di resistere a 75 anni di occupazione e apartheid». Il gruppo antisionista IfNotNow ha illustrato le ragioni per cui gli attentati sarebbero colpa di Israele e sulla morte dei civili ha aggiunto, «il governo israeliano ha le mani sporche di sangue».
Il leader dell’antisemita Goyim Defense League ha detto: «I palestinesi stanno distruggendo e uccidendo la sinagoga di Satana. Dio benedica questi coraggiosi uomini». Mentre i sostenitori del GDL, sul loro canale Telegram, condividevano post come: «Mi sono svegliato con gli ebrei in Israele che hanno ricevuto la loro punizione. La vita è bella!».
La polizia metropolitana di Londra ha dichiarato che sta aumentando la sua presenza in alcune parti della capitale britannica per fornire rassicurazione, dopo aver individuato «una serie di incidenti in relazione al conflitto in corso in Israele e al confine con Gaza». Ristoranti ebraici sono stati vandalizzati nel fine settimana e le strade bloccate da auto in festa a sventolare bandiere palestinesi come dopo una partita di calcio importante, solo che si grida ad Allah. La conduttrice televisiva britannica Rachel Riley ha mostrato sul suo profilo Twitter diversi filmati dei festeggiamenti londinesi, ma anche di quelli australiani: sui gradini della Sydney Opera House s’è cantato per giorni, «gas the Jews», (gas per gli ebrei).
Negli Stati Uniti, il governatore di New York, Kathy Hochul, ha affermato di aver chiesto più sicurezza nei quartieri ebraici e intorno ai loro luoghi di culto. Ma ha anche voluto condannare pubblicamente come «abominevole e moralmente ripugnante» la manifestazione organizzata domenica a Times Square a sostegno di Hamas.
«New York City ha la più grande popolazione ebraica del mondo al di fuori di Israele, e noi siamo fianco a fianco con Israele ogni giorno, ma lo facciamo con maggiore determinazione oggi», ha fatto eco il sindaco Eric Adams. Anche a Los Angeles, il capo della polizia Michel Moore, ha promesso più pattuglie vicino alle sinagoghe e nei quartieri circostanti.
Manifestazioni filo-palestinesi non solo, quindi, in Iran, Libano e Turchia, ma anche a Berlino e Parigi. Gérald Darmanin, ministro dell’Interno francese, ha chiesto ai prefetti di rafforzare la sicurezza nei quartieri ebraici di tutto il Paese. Ad oggi a Parigi, Marsiglia e Strasburgo il livello di sicurezza è come dopo un attentato terroristico.
A Lione si è gridato “Palestina vincerà” in una manifestazione che s’è svolta nonostante il divieto della prefettura. E ieri durante una conferenza stampa, Mathilde Panot, capogruppo per La France Insoumise - partito della sinistra radicale francese -, all’Assemblea Nazionale, si è rifiutata di qualificare Hamas come “organizzazione terroristica”.
A Milano sono stati gli studenti a urlare, “Bello quando brucia Tel Aviv”. Alla Sapienza il collettivo ‘Cambiare Rotta’ ha protestato davanti al Rettorato in polemica con una mozione in appoggio a Israele, discussa dal Senato accademico. Potere al popolo ha parlato di “controffensiva contro l’occupante”. Messaggio che è scritto in ogni kefiah che abbiamo visto sventolare sopratutto negli ultimi 30 anni.
L’antisemitismo è radicato e diffuso in Occidente. Non sorprende, di conseguenza, l’abbondanza di messaggi e post che accusano Israele tutta la colpa di quanto accaduto.
E mentre un tifo da stadio, con tanto di cori e bandiere, come se tutto fosse sullo stesso piano, e dipendesse da passioni legittime in ugual modo, invade le nostre capitali, i terroristi di Hamas, con le armi automatiche a tracolla, ridono e sommergono di “Allah-u-akbar” ogni vicolo, puntando al centro di Tel Aviv, in cerca di chi appartiene a una civiltà e una religione che non gli piace. Riprendono le violenze sessuali, il sangue sparso, mentre l’Āyatollāh iraniano Khāmeneī dichiara «baciamo le mani di chi ha pianificato l’attentato».
“Operazione Al-Aqsa Deluge”, Hamas ha battezzato in tal modo gli attentati di questo fine settimana, affermando così, con un riferimento al terzo luogo più sacro per i musulmani, di agire a nome di tutti i musulmani, e non solo dei palestinesi. Hamas, infatti, non è un movimento di resistenza contro Israele, ma un gruppo terroristico che vuole la distruzione di ebrei e cristiani.
E intanto che in tutto l’Occidente le manifestazioni antisemite si moltiplicano coadiuvate dalle comunità islamiche locali, pur nelle differenze dottrinali, i mullah iraniani e le organizzazioni terroristiche sunnite, che sono il braccio armato della Fratellanza Musulmana nella striscia di Gaza, hanno rilanciato, di nuovo, il jihad globale: un problema per tutto l’Ovest del mondo, quindi per tutti noi, non solo di Israele.