Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ONG E MIGRANTI

Lo strano caso dell'Ocean Viking

Da dieci giorni la nave Ocean Viking gestita da SOS Méditerranée e Medici senza Frontiere girovaga nel tratto di mare fra Libia e Italia con a bordo 104 migranti, soccorsi il 18 ottobre. Alle richieste di un porto, finora solo silenzio dal governo giallorosso, mentre il clamore mediatico è ripreso solo dopo le elezioni in Umbria. Un caso?

Attualità 29_10_2019

Da dieci giorni la nave Ocean Viking gestita da SOS Méditerranée e Medici senza Frontiere girovaga nel tratto di mare fra Libia e Italia con a bordo 104 migranti, soccorsi il 18 ottobre. Due giorni dopo le operazioni di soccorso la nave aveva chiesto a Italia e Malta un porto dove sbarcare le persone soccorse, ma finora solo silenzio. “Ogni paziente visitato finora nella clinica di Msf a bordo ci ha raccontato di aver subito o assistito a violenze, anche sessuali, a un certo punto del viaggio. Le donne hanno detto al nostro team medico di essere fuggite dai loro Paesi a causa di matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili o violenze sessuali”, sottolinea Michael Fark, capomissione di Msf. “È inaccettabile che da dieci giorni queste persone già vulnerabili abbiano dovuto subire non solo le intemperie, bloccate in mare aperto, ma anche l'incertezza di non sapere cosa sarà di loro”.

Mentre la Ocean Viking è bloccata in mare, “questo fine settimana - sottolineano le due Ong - ci sono stati nuovi casi di barche in difficoltà nel Mediterraneo centrale, con due soccorsi condotti da navi umanitarie, tra cui un soccorso critico della Alan Kurdi in un clima di confusione tra le autorità competenti, come accaduto spesso nell’ultimo anno”. SOS Méditerranée e Medici senza Frontiere chiedono l’intervento degli Stati europei per “facilitare urgentemente l’assegnazione di un porto alla Ocean Viking”.

Eppure, fino a ieri, era sembrata proprio non essere un’emergenza per nessuno e comunque resta “bloccata” in mare con i suoi 104 migranti. Tra questi ci sono due donne incinte, diversi ragazzini e 41 bambini: i più piccoli hanno due e undici mesi, uno è nato in un centro di detenzione in Libia secondo la testimonianza della madre, come viene riferito dalle Ong.

Un silenzio molto sospetto quello che arriva dal Belpaese. Non solo perché il governo giallorosso, con in testa il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, aveva promesso da prima del primo giorno di abbandonare la cosiddetta politica dei “porti chiusi” promossa dall’ex ministro dell’Interno (e in effetti da circa un mese a questa parte è stata registrata un’impennata di quasi 2.000 persone a distanza di tre settimane dal cambio di inquilino al ministero), ma, soprattutto, perché la classe politica nostrana e internazionale ci aveva abituato ad altro.

In queste settimane, infatti, nessun parlamentare è salito a bordo, niente sacchi a pelo, di capitani non si è vista l’ombra, i capi di Stato europei sembrano essere in altre faccende affaccendati, il primo ministro italiano non si è espresso, e cardinali, vescovi e parroci non hanno indetto né fiaccolate né urlato allo scandalo. Insomma nessun proclama, ma forse semplicemente non c’era tempo: troppi impegni da campagna elettorale in Italia come in Germania.

Eppure parliamo di un’imbarcazione con una certa storia nell’ambiente, e che recentemente si è resa protagonista di alcuni dei casi più importanti riguardanti il controverso sistema di soccorso delle organizzazioni non governative. Nata nel 1985, anno in cui viene commissionata e costruita in Norvegia dalla Wilhelmsen Offshore Services, nel 2011 viene acquista dal suo attuale operatore, ossia la società Hoyland Offshore. Nel mese di giugno del 2019, la noleggia l’Ong francese SOS Méditerranée per lavorare esclusivamente nel Mediterraneo. Rimodernata e accessoriata di un centro medico, a luglio è pronta per le nuove missioni. Anche grazie ai 100.000 euro elargiti dal comune di Parigi, nei primi di agosto salpa, con 31 membri di equipaggio, dal porto di Marsiglia per dirigersi nella parte del Mediterraneo dove si immagina la presenza di barconi che partono dalla Libia. L’8 agosto recupera con successo un barcone con 80 immigrati tra la Libia e Malta. Tempo pochi giorni, e la Ocean Viking porta a bordo 356 persone. Inizia il lungo tira e molla tra la Ong, Malta e Italia. Il ministro Matteo Salvini nega l’accesso e lo stesso fa La Valletta. Dopo una settimana arriva l’offerta, subito declinata, dalla Libia. A fine agosto arriva il via libera allo sbarco da Malta: il governo maltese autorizza l’approdo in virtù della proposta europea di redistribuzione degli immigrati a bordo.

A un mese esatto dalla prima missione, la Ocean Viking torna a operare lungo la rotta libica dell’immigrazione. L’8 settembre recupera 50 emigranti, che poi diventeranno 84, e viaggia ancora tra Italia e Malta. Roma ha un nuovo governo che ne autorizza subito lo sbarco a Lampedusa, tra le proteste insistenti del sindaco dell’isola. A differenza delle ultime navi sbarcate in Italia, la Ocean Viking non viene sequestrata una volta all’interno del nostro territorio. Solo un’ispezione e poi il via libera di ripartire.

Il 16 settembre, sempre al largo della Libia, la Ocean Viking effettua un’altra azione di salvataggio e ha a bordo 109 migranti. Il 24 settembre, invece, la Ocean Viking fa sbarcare a Messina altri 182 immigrati. Anche in quel caso, l’approdo ha un significato politico importante, dal momento che avvenuto il giorno dopo il vertice di Malta. Il 16 ottobre a Taranto la Ocean Viking lascia scendere, autorizzata ovviamente dal governo, altre 176 persone soccorse nel Mediterraneo pochi giorni prima.

Pochi giorni e al campanello dei porti italiani suona ancora la Ocean Viking, con 104 immigrati a bordo. Quattro missioni in meno di due mesi hanno fatto dell’Ocean Viking, tra le navi delle Ong, quella più impegnata nel Mediterraneo negli ultimi mesi, ma ecco l’imprevista e brusca battuta d’arresto.

Eppure, sarà solo un caso se il clamore mediatico s’è fermato e la politica non si è spesa per qualche veglia a bordo proprio a ridosso del voto in Umbria e in Turingia (Germania). Anche perché, all’indomani del voto, le agenzie hanno ricominciato a battere l’emergenza. E qualche sezione del Pd è tornata a scalciare.