Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

LETTERE IN REDAZIONE

Lo strabismo dei pacifisti

A proposito dell'articolo di Mario Palmaro su "Il triste tramonto del movimento pacifista", alcune considerazioni: una cosa è la legittima difesa sul proprio territorio, un'altra andare a fare guerre in giro per il mondo...

Caro direttore, 
riguardo alla riflessione di Mario Palmaro su "Il triste tramonto del movimento pacifista", volevo chiedere all'autore se secondo lui: 
1. Sia giusto (in base ala dottrina della Chiesa come lei cita) che gli afghani ed iracheni reagiscano all'occupazione con la violenza;
2. Se pure GPII era un pacifista visto che più volte esclamo accorato: "Mai più la guerra!";
3. Una cosa è la legittima difesa sul proprio territorio, un'altra andare a fare guerre in giro per il mondo...
4. "Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada.”  Quindi il suo Regno si è già realizzato viste le tante guerre sul nostro pianeta?
 
                                                                                                                                            Stefano Colagrossi

Risponde Mario Palmaro


Gentile sig. Colagrossi,
                        la ringrazio dell’attenzione riservata alla Bussola Quotidiana e delle domande che mi rivolge: mi aiuteranno, spero, a chiarire meglio il mio pensiero.

Criticare il mondo pacifista per le sue compromissioni ideologiche, o denunciare l’incompatibilità del pacifismo con la dottrina cattolica sulla “guerra giusta”, non significa assumere una posizione partigiana sotto il profilo della politica internazionale. Se scrivo – come ho scritto – che il pacifismo è stato spesso, per non dire sempre, antiamericano, o filocomunista, con questo non intendo dire che gli americani avessero sempre ragione, o che le guerre combattute dagli Stati Uniti fossero sempre giuste. Non era il tema di quell’articolo, e non è nemmeno possibile affrontare la questione in queste poche righe.

Le posso assicurare però che la questione è quanto meno aperta, e che l’insegnamento della Chiesa è esigente per tutti e non fa sconti a nessuno. Ad esempio: bombardare intenzionalmente delle città allo scopo di uccidere donne, bambini e civili inermi, come avvenne in Europa a Dresda o a Milano, durante la Seconda Guerra mondiale per mano dei cosiddetti Alleati, è condotta riprovevole che non può trovare giustificazione alcuna da parte della Chiesa. La storia è una faccenda tremendamente complessa, perché se i nazisti erano “i cattivi” -  e questo mi pare fuori discussione – non è detto che i buoni fossero sempre così buoni: radere al suolo l’Abbazia di Monte Cassino, ad esempio, non fu certo azione commendevole.

D’altra parte, un grande Papa come Pio XII fu implacabile con il comunismo e con il pericolo sovietico, ma non fu mai un burattino nelle mani degli interessi politici e militari degli americani. E se la Chiesa aveva delle riserve su quell’America anni Cinquanta, figuriamoci quali riserve deve avere oggi, dopo che quel Paese si è trasformato spesso in apripista delle peggiori depravazioni sul piano del costume e del diritto. Senza per altro dimenticare che gli Usa sono un grande Paese, denso di contraddizioni, dove cose belle e cose brutte convivono e si combattono, un po’ come in tutto il mondo.

Questo discorso dovrebbe aver chiarito che qui – per dirla con linguaggio ciclistico – non si vuole tirare la volata a nessuno, ma solo difendere la verità e la giustizia di un corretto diritto internazionale, sistematicamente violato dal mondo moderno secolarizzato.

Mi spiace che lei dimostri un certo gusto per la provocazione, che rischia di banalizzare una materia molto seria: è evidente, ad esempio, che in Afghanistan e in Iraq esiste un terrorismo spietato e sanguinario, e che non si può far altro che combatterlo. E’ stato giusto muovere guerra a quelle nazioni? A posteriori il bilancio è positivo o negativo? Tutte le azioni militari hanno rispettato i principi inderogabili del diritto naturale? Su questi punti, si possono avere legittimamente idee diverse, a patto che non siano generate dall’ideologia e dal pregiudizio nei confronti degli attori in gioco.

In queste valutazioni gioca sempre un peso rilevante la valutazione politica: gli Inglesi e gli Alleati che sono sbarcati in Italia durante la Seconda Guerra mondiale erano dei liberatori o degli invasori? Sul punto, il regime fascista e i partigiani avevano idee diverse.

E ancora: Giovanni Paolo II è stato un Papa per la pace, ma ciò non fa di lui un pacifista. Nessuna persona di buon senso, e tanto meno nessun cattolico, desidera la guerra. Solo che, a differenza dei pacifisti, a certe condizioni e come extrema ratio, un cattolico ortodosso la ritiene indispensabile per difendere la giustizia e gli innocenti. Ricordando, per altro, che in guerra le leggi morali non sono abolite, e che non tutto è lecito.

Più seria è la questione che lei pone sul fatto di “andare a fare guerre in giro per il mondo”: ma anche qui bisogna valutare caso per caso, e stabilire se anche un’azione militare condotta nel territorio di una nazione nemica possa essere considerata un’azione difensiva, per prevenire un attacco certo e micidiale. Ripeto: la Chiesa propone dei criteri oggettivi, che devono essere applicati con rigore. Ai governanti spetta di valutare la sussistenza di tali presupposti.

Per finire, mi sembra evidente che la spada di cui parla Gesù – e lo si capisce anche dal contesto della mia citazione – non è un elogio della guerra, quanto piuttosto un avvertimento sulla necessità di dire la verità anche quando questa può dividere o infastidire. Ci sono parrocchie in cui si preferisce convivere passivamente con il pacifismo, o addirittura tappezzare altari e oratori con bandiere arcobaleno. Purtroppo si tratta di un tragico errore, che segna la prevalenza dell’ideologia sulla fede.

Nulla più della Croce di Cristo rappresenta la vera pace. La guerra nasce prima di tutto nel cuore di ogni uomo, e non saranno marce e manifestazioni di piazza a sradicarla dalla nostra natura malata. Madre Teresa di Calcutta, una che viveva in mezzo ai derelitti del pianeta, ritirando il Premio Nobel per la pace disse che “il più grande nemico della pace è l’aborto: se  infatti una mamma può uccidere suo figlio, tutto diventa possibile”. Forse il movimento pacifista dovrebbe ricominciare da qui: dalla difesa dei più deboli e innocenti, i non nati. Anche questa è una guerra che fa milioni di morti, ma i pacifisti – ancora una volta strabici – sembrano non vederla.