Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Spigolature giuseppine/3

Lo sposo vecchio o giovane, san Giuseppe e l’iconografia

I vangeli apocrifi, rifiutati dalla Chiesa, hanno descritto un san Giuseppe vedovo e molto anziano al momento di sposare Maria, con una “messa in scena” ricca di dialoghi e segni come il bastone (poi fiorito). I pittori hanno attinto abbondantemente a questi testi. Tra i quadri che rompono la consuetudine dello sposo vecchio c’è il Matrimonio della Vergine di Rosso Fiorentino. E anche certi disegni devozionali moderni, più rispettosi della verità storica, ringiovaniscono san Giuseppe.

Ecclesia 17_06_2021

Giotto di Bondone († 1337), Il matrimonio di san Giuseppe. Le verghe nel tempio - Cappella degli Scrovegni, Padova.

Oltre ai quattro Vangeli canonici, la letteratura cristiana produsse altri vangeli o simili, ricchi di particolari rispondenti alla curiosità di conoscere quanto i Vangeli tacevano o raccontavano troppo in breve. Due di questi ampliano le vicende dell’infanzia di Maria e del suo sposalizio con Giuseppe abbondando di particolari soprattutto per quanto riguarda Giuseppe: si tratta del Protoevangelo di Giacomo, databile dopo il sec. IV, e del Vangelo dello Pseudo Matteo, databile dopo il VI secolo e probabilmente oltre. Entrambi accettano l’impostazione di Epifanio su Giuseppe vedovo e molto anziano al momento di sposare Maria, ma con una narrazione ampia e dettagliata che è una vera “messa in scena” ricca di dialoghi e di immagini. Dunque è opportuno, oltre che divertente, conoscerne i testi di prima mano.

IL PROTOEVANGELO DI GIACOMO

Si parte da Maria presentata al tempio e ivi dimorante. Giunta all’età di dodici anni, i sacerdoti sono preoccupati che la fanciulla «non contamini il tempio del Signore» (8,2): non si capisce a motivo di che cosa, ma si suppone che si tratti delle incipienti mestruazioni che in Lv 15,19-30 mettevano nello stato di impurità legale.

Il rimedio più ovvio è di farla sposare: ma come e con chi? Il sommo sacerdote, su consiglio dei colleghi, entra nel santo dei santi del tempio e lì un angelo del Signore gli appare e gli dice: «Esci e raduna tutti i vedovi del popolo. Ognuno porti un bastone: (Maria) sarà la moglie di colui che il Signore designerà per mezzo di un segno» (8,3). Tra i vedovi c’è anche Giuseppe e al momento di ritirare i bastoni che erano stati posti nel tempio, «una colomba uscì dal suo bastone e volò sul capo di Giuseppe» (9,1).

Al che il sommo sacerdote dice a Giuseppe: «Tu sei stato eletto a ricevere in custodia la vergine del Signore» (ivi). Giuseppe si trova alquanto imbarazzato e obietta: «Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza. Non vorrei diventare oggetto di scherno per i figli di Israele» (9,2), ma il sommo sacerdote lo convince ad accettare prospettandogli anche dei castighi di Dio se si fosse rifiutato e Giuseppe, ricevuta in custodia Maria, così a lei si rivolge: «Ti ho ricevuta dal tempio del Signore e ora ti lascio in casa mia. Me ne vado a eseguire le mie costruzioni e dopo tornerò da te: il Signore ti custodirà» (9,3).

L’assenza di Giuseppe è funzionale al suo ritorno, al ritrovare Maria incinta, a piombare nell’angoscia e finalmente a ricevere la soluzione e il conforto dal sogno dell’angelo (come nel Vangelo di Matteo), dopo il quale «Giuseppe si levò dal sonno, glorificò il Dio di Israele che gli aveva concesso questo privilegio, e custodì Maria» (14,2).

Notiamo la novità di due segni: i bastoni e la colomba.

IL VANGELO DELLO PSEUDO MATTEO

Sostanzialmente segue la narrazione precedente, ma con qualche sua accentuazione.

Maria è nel tempio e tutti, sacerdoti e parenti, vogliono che si sposi perché «Dio si venera nei figli e si adora nei discendenti, come è sempre stato in Israele», ma Maria risponde che «Dio si venera nella castità (...). Io fin dalla mia infanzia, nel tempio di Dio ho appreso che la verginità può essere assai gradita a Dio» (7,1). Quando ella giunge al quattordicesimo anno, il sommo sacerdote accetta il suo proposito di verginità, ma ritiene di affidarla a qualcuno.

Allo scopo raduna tutte le tribù di Israele e ne sorteggia una e la sorte cade sulla tribù di Giuda. Quindi il sommo sacerdote stabilisce che quanti della predetta tribù sono senza moglie, vengano il giorno dopo al tempio portando una verga e «avvenne così che Giuseppe, insieme ai giovani, portò una verga» (8,2). Le verghe sono poste nella parte più interna del tempio, nel santo dei santi, e il giorno dopo il sommo sacerdote le ritira, ma da nessuna appare alcun segno. Entrato tuttavia di nuovo, un angelo gli fa notare una verga piccolissima che non era stata notata: «Quella era la verga di Giuseppe, il quale, essendo vecchio, era avvilito per non poterla prendere e perciò neppure lui volle ricercare la sua verga» (8,3).

Convocato dal sommo sacerdote, Giuseppe si fa avanti e «non appena tese la mano e ricevette la sua verga, dalla cima uscì fuori una colomba più bianca della neve e straordinariamente bella: volando a lungo per le sommità del tempio, si lanciò verso il cielo» (ivi). Come nel Protoevangelo di Giacomo, Giuseppe avanza qualche riserva: «Sono vecchio e ho figli, perché mi affidate questa bimbetta la cui età è inferiore a quella dei miei nipoti?» (8,4). Poi, convinto dal sommo sacerdote, giunge a una conclusione piuttosto strana: «Sarò custode fino a quando saprò, a proposito della volontà di Dio, quale dei miei figli la potrà avere in moglie» (ivi). Infine e nonostante tutto diventa lo sposo di Maria.

I PITTORI ALLA SCUOLA DEGLI APOCRIFI

Va precisato che la Chiesa non accolse mai questi vangeli. Già san Gerolamo si rifiutava di ammettere un precedente matrimonio di Giuseppe e in Contro Elvidio (n. 8: PL 23,192) trovava strani certi particolari del Vangelo dello Pseudo Matteo; in ogni caso per il rifiuto di questi vangeli e di altri libri apocrifi, cf. due documenti del Magistero: Innocenzo I († 417), Lettera Consulenti tibi a Esuperio, vescovo di Tolosa (D 231), e il Decretum Gelasianum, attribuito a Papa Gelasio († 496) (D 354).

Spesso però nella Chiesa di Dio certe cose rifiutate - non tutte - restano sottotraccia e continuano ad essere prese in considerazione senza che il Magistero intervenga a tacitarle del tutto. È il nostro caso. La devozione popolare accolse un Giuseppe anziano e i racconti più piacevoli ed esaustivi degli apocrifi, ma soprattutto li accolsero i pittori, per i quali la movimentata scena dei bastoni ritirati nel tempio e della colomba che spicca il volo dal bastone di Giuseppe era un vero... invito a nozze grafico!

Così ad esempio fece Giotto († 1337) nella Cappella degli Scrovegni a Padova che affrescò il matrimonio di Giuseppe con la scena delle verghe ritirate nel tempio. Nell’affresco del matrimonio però, oltre alla colomba, figura anche una verga fiorita in mano a Giuseppe.

La verga fiorita è una nuova elaborazione che trasferisce su Giuseppe il segno dell’elezione di Aronne come sommo sacerdote. Mosè infatti ricevette da Dio l’ordine di prendere dagli israeliti dodici bastoni - uno per ogni tribù - con il nome di ogni capo tribù sul relativo bastone. Sul bastone della tribù di Levi vi era il nome di Aronne, fratello di Mosè; questi «ripose quei bastoni davanti al Signore nella tenda della Testimonianza. L’indomani Mosè entrò nella tenda della Testimonianza ed ecco, il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli, aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle» (Lv 17,22-23).

E così sarà il bastone di Giuseppe: fiorito. E non solo in Giotto, ma anche in pittori successivi.

SAN GIUSEPPE DA VECCHIO A GIOVANE

San Giuseppe vecchio non fu tuttavia accettato da tutti. Già san Bernardino da Siena († 1444) si lamentava che «(...) gli sciocchi dipintori el dipingono vecchio e maninconioso e con la mano alla gota, come s’ell avessi dolore a maninconia avuta dalla guardia che gli era dato, che era tutto il contrario, allegro di cuore, di mente e di viso, veggendosi in tanta grazia di Dio» (citato da S. Barbagallo, San Giuseppe nell’Arte. Ed. Musei Vaticani 2013, p. 25).

In questo senso uno dei quadri più famosi che rompe la consuetudine di san Giuseppe vecchio è il Matrimonio della Vergine di Rosso Fiorentino († 1540), che fa sposare Maria con un Giuseppe che non è più un anziano, ma un bel giovane, biondo, con un vestito elegante, un’acconciatura ricercata, un elegantissimo paio di calzature e senza rinunciare al bastone fiorito.

Più modestamente anche certi disegni devozionali moderni ringiovaniscono un poco il volto di san Giuseppe. Tutto considerato, forse è un carisma del nostro tempo più rispettoso della verità storica e dunque più attento ad elaborare immagini verosimili. Ciò evidentemente può e deve coesistere con san Giuseppe patrono della buona morte, perché si tratta di un carisma donatogli da Dio e che supera i limiti dell’età e della pura cronaca storica.

In ogni caso ringiovanire l’immagine di san Giuseppe, oltre che raggiungere forse un risultato più verosimile, è un atto di fiducia verso lo sposo di Maria e un atto di fede verso la grazia di Dio, in grado di donare la castità a un Giuseppe giovane senza aspettare che compia ottant’anni o, per maggior sicurezza, forse anche qualche anno in più.

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