Lo scontro tra Turchia e Francia: islam contro laicità
Per molti analisti l’islam è solo un pretesto nel duro braccio di ferro verbale e commerciale tra la Francia di Emmanuel Macron e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che si fronteggiano in Grecia, Armenia e Libia. Ma la religione è la causa prima. La difesa della libertà di satira su Maometto ha acceso un jihad globale contro la Francia laica.
LA MOSCHEA DELL'ATTENTATORE di L. Formicola
Per molti analisti l’islam è solo un pretesto nel duro braccio di ferro verbale e commerciale tra la Francia di Emmanuel Macron e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. I due Stati e i due presidenti sono rivali in tutti gli scenari di crisi: Parigi sostiene la Grecia contro le pretese turche sul Mediterraneo Orientale e sostiene l’Armenia contro gli azeri appoggiati da Ankara nel conflitto in Nagorno Karabakh mentre, anche in Libia, Parigi risulta sbilanciata a fianco del generale Khalifa Haftar sconfitto nella battaglia di Tripoli proprio dall’intervento militare turco.
Motivazioni rilevanti ma forse non del tutto sufficienti a spiegare un confronto che sta già coinvolgendo altri Stati e molti ambienti islamici in un “jihad” dialettico e commerciale contro Parigi esploso dopo le parole pronunciate da Macron nel discorso di commemorazione del professor Samuel Paty decapitato da un terrorista ceceno. “Non rinunceremo alle vignette, anche se altri indietreggiano, perchè in Francia i Lumi non si spengono, la nostra è una storia di lotta contro tirannie e fanatismi. Andremo avanti", ha detto Macron, denunciando il "separatismo islamico" e affermando l'esigenza di "strutturare l'Islam" in Francia. Dopo aver consigliato a Macron cure psichiatriche per i suoi “problemi mentali”, Erdogan ha rincarato la dose nel suo consueto stile istrionico e sopra le righe chiedendo ai cittadini turchi di boicottare i prodotti made in France. "In Francia hanno detto di non comprare prodotti turchi, mi rivolgo al mio Paese e chiedo di evitare assolutamente di comprare prodotti francesi", ha affermato Erdogan che ha trovato adesioni entusiastiche in buona parte del mondo islamico. "I musulmani in Europa sono soggetti a una campagna di linciaggio come gli ebrei prima della Seconda guerra mondiale" ha affermato con sprezzo del ridicolo Erdogan, la cui propaganda ha solitamente un notevole effetto tra le masse islamiche del suo e di altri Stati musulmani.
Erdogan ha quindi accusato i governi europei di essere "fascisti nel vero senso della parola" e "anelli della catena del nazismo" per la propagazione dell'islamofobia: "L'ostilità anti-musulmana si è diffusa come la peste, i luoghi di lavoro, le case e le scuole musulmane sono attaccati da gruppi fascisti quasi ogni giorno", ha detto facendo appello ai leader mondiali affinché frenino "la persecuzione dei musulmani in Francia". Erdogan ha risposto così alle misure contro jihadismo e islam politico annunciate da Parigi dopo la decapitazione alla periferia di Parigi del professor Paty, “colpevole” di aver mostrato in classe le caricature di Maometto pubblicate dalla rivista satirica Charlie Hebdo per discuterne con gli studenti. Il presidente turco replica quindi alle iniziative annunciate da Macron contro il "separatismo islamico" che ha ormai strappato al controllo della Republique moltissime aree urbane periferiche (banlieues) in cui viene applicata la sharia e dove spesso la polizia non riesce neppure a entrare. Aree in cui si diffonde e si afferma la cultura dell’islam politico che si oppone, nel cuore della Francia e dell’Europa, allo Stato di diritto, alla libertà di espressione e alla laicità dello Stato, pilastri su cui si fonda non solo la Francia ma l’intera Europa e l’Occidente tutto.
Meglio non dimenticare che Erdogan e parte del mondo islamico sono irritati con Macron perché difende la libertà di pubblicare vignette, anche quelle contro il profeta Maometto e di discuterne liberamente nelle scuole. Il premier pachistano, Imran Khan, pressato dalle opposizioni e dai movimenti islamici, ha accusato Macron di "incoraggiare l'islamofobia", si segnalano proteste a Gaza, in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti (monarchie sunnite alleate di Parigi) e in Libia, in Bangladesh migliaia di persone sono scese in strada come in Kuwait dove i negozi hanno ritirato dagli scaffali prodotti alimentari francesi mentre in Qatar una università ha cancellato la settimana della cultura francese. Parigi è preoccupata dall’estendersi delle proteste e delle adesioni al boicottaggio dei prodotti francesi, rimbalzate soprattutto negli ambienti vicini alla Fratellanza Musulmana e ad altri movimenti jihadisti.
Macron con un tweet scritto in francese, inglese e arabo, ha cercato il dialogo "razionale" ma riafferma che “non torneremo indietro mai. Rispettiamo tutte le differenze in uno spirito di pace. Non accettiamo l'incitamento all'odio e difendiamo il dibattito ragionevole. Saremo sempre dalla parte della dignità umana e dei valori universali". Per il Ministero degli Esteri francese "gli appelli al boicottaggio sono inutili e devono cessare immediatamente, così come tutti gli attacchi diretti contro il nostro Paese, strumentalizzati da una minoranza radicale". Le nuove misure legislative varate da Macron sono state "strumentalizzate" mentre mirano solo a "combattere l'islamismo radicale, e a farlo con i musulmani in Francia, che sono parte integrante della società, della storia e della Repubblica francese", ha precisato una nota del Quai d'Orsay. Lo stesso ministero esorta i francesi residenti, o in viaggio nei paesi musulmani, a evitare le zone dove si tengono queste manifestazioni: l'avviso ai viaggiatori riguarda diversi Stati, tra cui Tanzania, Bahrein, Kuwait, Indonesia, Bangladesh, Iraq, Mauritania e, ovviamente, Turchia. Il ministro dell'Economia, Bruno Le Maire, ha annunciato sostegni economici alle aziende colpite dal boicottaggio aggiungendo che "tali pratiche sono inaccettabili e lo sono ancora di più quando prendono di mira una politica che punta solo a difendere la libertà e la libertà di espressione. La Francia non attacca nessuno, non prende di mira nessuno, la Francia difende i suoi valori e difende la libertà".
L'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell ha definito "inaccettabili" le frasi pronunciate da Erdogan. Lo stesso termine è stato ripetuto da Giuseppe Conte, secondo cui "le invettive personali non aiutano l'agenda positiva che l'Ue vuole perseguire con la Turchia ma, al contrario, allontanano le soluzioni". Di affermazioni "diffamatorie e assolutamente inaccettabili" ha parlato anche il portavoce di Angela Merkel mentre il premier olandese Mark Rutte si è schierato “saldamente” con la Francia e “i valori collettivi dell'Unione europea" e l’austriaco Sebastian Kurz ha condannato gli insulti di Erdogan.
Al di là della doverosa solidarietà a Parigi, la Ue cerca di smorzare le polemiche per non accentuare lo scontro con Ankara che alcuni Stati membri, Germania e Italia in testa, tentano da tempo di scongiurare su tutti i fronti caldi aperti dall’aggressiva politica turca che sembra crescere d’intensità proporzionalmente con il crollo della sua economia: la lira turca ha toccato un nuovo minimo storico verso il dollaro e l'euro, perdendo dall’inizio dell’anno il 35% del suo valore. Se da un lato il realismo politico impone agli europei di salvaguardare i rapporti con un vicino (e un alleato, nella NATO) scomodo quale la Turchia e con il mondo islamico, dall’altro non dovrebbe sfuggire che la battaglia di principi in atto tra la Francia e una parte rilevante dell’islam riguarda tutti noi, i valori fondanti della nostra società e l’essenza stessa della civiltà basata su quei diritti riconosciuti come universali dalle Nazioni Unite nel 1948 ma mai “digeriti” dall’islam. La minaccia islamica che deve oggi fronteggiare la Francia, con il “terrorismo fai da te” e intere aree urbane dominate dalla sharia, è la stessa che presto o tardi dovranno affrontare tutti quegli Stati europei che da anni accettano come in fatto ineluttabile o con supina rassegnazione la massiccia immigrazione islamica.
La tentazione di voltare le spalle alla Francia o a Macron, esprimendo solo una solidarietà di facciata, o di approfittare in termini commerciali del boicottaggio dei prodotti “made in France”, non solo sarebbe in antitesi con tutti i proclami all’unità europea che da anni vengono profusi in ogni circostanza, ma rappresenterebbe un pericoloso autogol che galvanizzerebbe ulteriormente quanti ritengono l’Europa pronta a essere “convertita” , a rinunciare alla sua civiltà o troppo debole per difenderla.