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LOTTA AL TERRORISMO

La Francia chiude la moschea dopo l'attentato

Chiusa in Francia per sei mesi la moschea di Saint-Denis. Per gli inquirenti l'ultimo attentato islamico sarebbe nato proprio nella moschea oggi chiusa. Ma in Europa si tende, spregiudicatamente, a ignorare il significato non solo dell'islam, ma anche di cosa sia una moschea. Motivo per il quale ogni misura adottata, sempre dopo una tragedia, è vuota e inconcludente. Anche in Italia. 

Attualità 28_10_2020

Il destino della moschea di Pantin, a Seine-Saint-Denis, è ora nelle mani della giustizia. Chiusa alcuni giorni fa, come era prevedibile, è già bersaglio di ricorsi per contestare la chiusura di sei mesi, decisa cinque giorni dopo l'assassinio del professore Samuel Paty

Per gli inquirenti l'ultimo attentato islamico sarebbe nato proprio nella moschea oggi chiusa. Che non è esattamente a due passi dal luogo della decapitazione e dal liceo dove insegnava il professore. Per le autorità la moschea avrebbe "legami con il salafismo" e sarebbe frequentata "da individui appartenenti al movimento islamista radicale". L'imam e direttore della moschea, M'Hammed Henniche, è nell'occhio del ciclone. Per anni uomo di riferimento dell'islam per la politica francese, prima dell'attentato ha pubblicato, sulla sua pagina Facebook, il video del padre di una studentessa che denunciava l'ormai nota lezione del professore sulla libertà di parola e denunciato, sempre sui social, l'identità del professore e il liceo dove insegnava. Elementi che, denuncerebbero, per le autorità, il legame tra moschea e attentato islamico. 

Non sappiamo se il decreto di chiusura alla fine durerà davvero sei mesi, ma soprattutto, decorso il termine, che cosa accadrà? 

Ma le moschee vengono ignorate. Non vengono controllate. Tant'è che la decisione brusca, e che non ha precedenti recenti, di chiuderne una ha suscitato una strana reazione nei musulmani di Francia. Dopo le proteste iniziali, la posizione del Ministero è stata declassata a un gesto utile solo a fare clamore per accontentare i francesi un po' innervositi. È quanto sostiene testualmente M'hammed Henniche. È lui che nel 2013, ha firmato un contratto di locazione per 99 anni con il municipio di Pantin per un terreno che ospiterà una futura grande moschea. Oggi è occupata in particolare da una palestra che funge da moschea temporanea (la struttura oggi chiusa) in attesa del completamento del progetto. Il sindaco socialista, Bertrand Kern, ha sostenuto il progetto della Grande Moschea di Pantin a diverse condizioni come,  una su tutte, la creazione di una stanza di preghiera per le donne.  

L’Europa da sempre tende, spregiudicatamente, a ignorare il significato non solo dell'islam, ma anche di cosa sia una moschea. Motivo per il quale ogni misura adottata, sempre dopo una tragedia, è vuota e inconcludente. 

La moschea non è una "chiesa" musulmana, ma il luogo dove i musulmani si "prostrano" e si "radunano". In moschea, che può essere improvvisata ovunque e in qualsiasi contesto, la comunità di islamici si riunisce per esaminare le urgenze politiche, culturali, le questioni sociali del momento presente. Chi limiti la moschea a luogo di preghiera sta facendo un torto alla tradizione musulmana, sta mentendo. 

Il venerdì - yawm al-giumu'ah - non è il giorno sacro per l'islam, come quello delle altre grandi religioni. Non esiste un giorno di festa nel quale non si lavori. Ma solo il giorno in cui la comunità si raduna - giumu'ah - e lo fa a mezzogiorno per la preghiera pubblica, cui segue il discorso che non ha niente della predica in senso cristiano. In moschea nascono le riflessioni, i piani per affrontare la vita in un territorio di non-musulmani come è l'Europa. E in casa islam è il posto dove si studiano le strategie per conquistare l'Occidente: con le armi e culturalmente.

Il motivo per cui le moschee nei paesi musulmani come in Europa sono spesso sorvegliate dalla polizia sta nel fatto che le decisioni politiche nascono in quelle stanze. La storia islamica ha sempre visto rivoluzioni e sollevamenti popolari partire dalle moschee. Il jihad, che è "la guerra sul cammino di Dio", obbliga ogni musulmano a difendere la comunità, ed è proclamato sempre in moschea. Non si può in altri contesti.

Quello che è successo in Francia per il professore è, così, semplicemente nella norma. Ed è solo l'ultimo caso di una lunga serie. 

L'Italia non è lontana dallo Stato in cui versa la  Francia. Da noi gli incidenti inizieranno, in maniera più plateale di quelli a cui già assistiamo, tra quindici anni.

L'infiltrazione è già a uno stato avanzato. E nasce nelle moschee, mentre sta per arrivare nelle scuole, proprio come in Francia.

Quando nel 2018, esplose la notizia dell'acquisto da parte dei musulmani di una chiesa di Bergamo per farne una moschea, sconvolse non poco. Non tanto perché là non ci sarebbero stati più i frati cappuccini ma il Corano, quanto per la quantità di denaro a disposizione degli islamici per completare l'operazione. 

Da dove veniva quel denaro non si seppe perché il governatore della Lombardia Fontana, infatti, intervenne per bloccare la vendita: sarebbe stata una beffa per la Regione, che aveva appena approvato norme antimoschee.

I centri islamici legati al wahhabismo, al salafismo e ai Fratelli Musulmani spuntano come funghi e i più giovani vengono spediti in Turchia per formarsi come imam. Soltanto il Qatar, attraverso la Qatar Charity Foundation, fra il 2013 e il 2016 ne ha finanziati 43 con un investimento di 25 milioni di euro. Due milioni e mezzo per mettere tende in mezza Sicilia. Ottocentomila euro per finanziare la maximoschea di Ravenna, quella specializzata nella produzione di foreign fighters per la Siria o l'Iraq.

Le regioni più a rischio rimangono la Lombardia, il Lazio e il triangolo più pericoloso resta quello di Milano-Brescia-Bergamo. I centri islamici abusivi, però, si stanno insediando anche in provincia. In Lombardia, Lazio e Campania abbiamo avuto il 60% delle 12.034 intercettazioni dell'antiterrorismo dal 2005 al 2017. Solo in Lombardia i sospetti monitorati, nel medesimo periodo, sono stati 4567.

Il 2019 è stato l’anno di più grande corsa ad aprire moschee in Italia. Milioni di euro di finanziamenti sono arrivati dal Golfo Persico e dall'Asia minore tramite banche e società finanziarie, finanziatori locali e privati. Lo scopo è raddoppiare le 1250 moschee ufficiali – impossibile censirle tutte dato il numero spropositato di strutture clandestine - sul territorio italiano controllate perlopiù da Turchia e Qatar.

E nel frattempo, Chiesa e Stato collaborano per sostenere l'islam e le moschee. A Bologna il comune ha concordato di cedere gratuitamente un terreno di 7mila metri quadrati per una moschea. A Bergamo si sta collaborando per trasformare una chiesa in moschea. A Sesto Fiorentino è stato direttamente il vescovo ad approvare la vendita di un terreno della Curia per un centro islamico. 

Esiste una resistenza islamica nostrana. E l'Italia tra pochi anni sarà come la Francia di oggi: il ritardo è solo imputabile a ragioni storiche e geopolitiche.