Liturgia, con Sarah il Vaticano "corregge" Ratzinger
Il rapido intervento della Sala Stampa vaticana che smentisce il prefetto della Congregazione per il culto divino sull'orientamento a Dio nella messa e sulla "riforma della riforma", ha in realtà come obiettivo il Papa emerito che più volte ha denunciato il crollo della liturgia quale causa della crisi ecclesiale.
Con certa solerzia la Sala Stampa della Santa Sede ha ritenuto opportuna «una precisazione a seguito di notizie di stampa circolate dopo una conferenza tenuta a Londra dal card. Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto Divino». «Tutto ciò – recita la nota - è stato concordemente espresso nel corso di una recente udienza concessa dal Papa allo stesso Cardinale Prefetto della Congregazione del Culto Divino». Quindi, ovviamente, è lo stesso Papa Francesco che, dopo la conferenza londinese del prefetto, ha promosso e voluto questa precisazione. La nota indica che «alcune (...) espressioni [del cardinale Sarah] sono state (...) male interpretate, come se annunciassero nuove indicazioni difformi da quelle finora date nelle norme liturgiche e nelle parole del Papa sulla celebrazione verso il popolo e sul rito ordinario della Messa».
LE PAROLE DI SARAH E LA MALA-COMPRENSIONE
Il cardinale Sarah al convegno “Sacra Liturgia” (vedi qui) aveva chiaramente detto che «è molto importante tornare al più presto possibile a un orientamento comune, di sacerdoti e fedeli insieme nella stessa direzione - verso est, o almeno verso l'abside - verso il Signore che viene. Vi chiedo di attuare questa pratica per quanto possibile». E aveva anche indicato una data simbolica, il prossimo 27 novembre, per dare atto concretamente a questa indicazione.
La seconda “novità” londinese consisteva in una richiesta fatta dal Papa al cardinale per continuare a studiare la cosiddetta “riforma della riforma” liturgica. Queste le parole di Sarah: «Quando sono stato ricevuto in udienza dal Santo Padre lo scorso aprile, Papa Francesco mi ha chiesto di studiare la questione di una riforma della riforma e di come arricchire le due forme del rito romano».
Di fronte a queste dichiarazioni, al di là del merito, la mala-interpretazione è sempre possibile, e certamente queste parole (anche per il tono e il contesto in cui sono state pronunciate) non significavano l'annuncio di chissà quali novità in campo liturgico. Tuttavia è chiaro il significato delle parole di Sarah. Concetti che, tra l'altro, il cardinale ha già espresso in altre occasioni. Quindi la precisazione della Sala Stampa, in quest'occasione particolarmente celere, al di là delle diplomazie curiali, pare relegare le parole e i concetti di un Prefetto di Curia a semplici gusti personali, o poco più. Forse ne sarà contento il cardinale Vincent Nichols che, subito dopo la conferenza di Sarah, aveva scritto ai sacerdoti di Westminster scoraggiandoli dal celebrare la messa rivolti a Est.
LA QUESTIONE DELL'ORIENTAMENTO AD DEUM E LA "RIFORMA DELLA RIFORMA"
Proprio nella lettera scritta da Nichols ai sacerdoti, si citava un passo dell'Institutio Generalis Missalis Romani (Ordinamento Generale del Messale Romano) per ribadire che «l’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo, la qual cosa è conveniente realizzare ovunque sia possibile». Proprio lo stesso identico passo del Messale è citato nella nota della Sala Stampa, con un chiaro significato: la forma “ordinaria” della Messa è quella prevista dal Messale promulgato da Paolo VI, e quindi sembra chiaro che l'orientamento è versus populum.
L'altro elemento della nota di p. Lombardi richiama, invece, la questione dello studio della cosiddetta “riforma della riforma”, per dire che questa espressione è da «evitare (...) riferendosi alla liturgia, dato che talvolta è stata fonte di equivoci». Anche perché, specifica la nota, la forma “straordinaria” del rito romano, «che è stata permessa dal Papa Benedetto XVI per le finalità e con le modalità da lui spiegate nel Motu Proprio Summorum Pontificum, non deve prendere il posto di quella “ordinaria”».
ALCUNE QUESTIONI IRRISOLTE
Il dibattuto tema dell'orientamento liturgico non è secondario nell'ambito della cosiddetta “riforma della riforma”, un processo di approfondimento sorto sulle ali di diversi interventi di papa Benedetto XVI. Nel caso specifico, ecco cosa scriveva papa Ratzinger nella prefazione a un noto studio sul tema (Uwe M. Lang, Rivolti al Signore, Cantagalli, 2008):
“Al cattolico praticante normale appaiono i risultati più evidenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II: la scomparsa della lingua latina e l’altare orientato verso il popolo. Chi legge i testi conciliari potrà constatare con stupore che né l’una né l’altra cosa si trovano in essi in questa forma…[…] L’introduzione alla nuova edizione del Messale romano del 2002 ha ripreso questo testo alla lettera, ma alla fine ha fatto la seguente aggiunta: “è auspicabile laddove è possibile”. Questa aggiunta è stata letta da molte parti come un irrigidimento del testo del 1969, nel senso che adesso ci sarebbe un obbligo generale di costruire – “laddove possibile” – gli altari rivolti verso il popolo. Questa interpretazione, però, era stata respinta dalla competente Congregazione per il Culto divino già in data 25 settembre 2000, quando spiegò che la parola expedit [è auspicabile] non esprime un obbligo ma una raccomandazione. L’orientamento fisico dovrebbe – così dice la Congregazione – essere distinto da quello spirituale. Quando il sacerdote celebra versus populum, il suo orientamento spirituale dovrebbe essere comunque sempre versus Deum per Iesum Christum…. Sarebbe un grave errore immaginare che l’orientamento principale dell’azione sacrificale sia la comunità. Se il sacerdote celebra versus populum, ciò che è legittimo e spesso consigliabile, il suo atteggiamento spirituale dev’essere sempre versus Deum per Iesum Christum, come rappresentante della Chiesa intera. Bollare frettolosamente certe posizioni come ‘preconciliari’, ‘reazionarie’, ‘conservatrici’, oppure ‘progressiste’ o ‘estranee alla fede’, non dovrebbe più essere ammesso nel confronto, che dovrebbe piuttosto lasciare spazio ad un nuovo sincero comune impegno di compiere la volontà di Cristo nel miglior modo possibile…”
Il Responso del Culto divino del 25 settembre 2000, venuto in seguito a una domanda che fu posta dal card. Schonborn, concludeva così: «Irrigidirsi su una posizione e “assolutizzarla” potrebbe tradursi nel rifiuto di alcuni aspetti della verità che meritano rispetto e accoglienza». D'altra parte proprio Ratzinger, nel volume “La mia vita”, si era detto «convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia». Una diagnosi che pare non abbia mai trovato molto “rispetto e accoglienza” nell'orbe cattolico.