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GIUSTIZIA E POLITICA

Liste per le europee, anche la sinistra scopre il garantismo

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Essere accusati di un reato non può diventare un motivo di esclusione dalle elezioni. Ora che i sospetti toccano Decaro, la sinistra sposa questo principio nelle sue candidature.

Politica 28_03_2024
Ally Schlein e Antonio Decaro (La Presse)

In un tempo non lontano erano i partiti di sinistra a tuonare contro quelli di centrodestra, che tendevano a candidare alle elezioni personaggi chiacchierati o magari sotto inchiesta o, in alcuni casi, addirittura sotto processo. In nome di un moralismo di facciata, gli eredi del Partito Comunista bollavano come complicità con la malavita l’atteggiamento di Forza Italia che chiedeva agli elettori il voto per figure coinvolte in inchieste o vicende giudiziarie ancora da chiarire. «Siamo anche noi garantisti, ma per ragioni di opportunità meglio che il candidato X faccia un passo indietro», era il ritornello degli esponenti della sinistra a proposito delle liste elettorali dei loro avversari.

Oggi sembra che anche la sinistra abbia compreso che il garantismo è sancito nella Costituzione all’art.27 (presunzione di innocenza) e dunque essere accusati di un reato, anche grave, non può e non deve diventare un motivo di esclusione da una competizione elettorale. Si può certamente discutere sull’opportunità che un politico si dimetta dopo una condanna in primo grado, sebbene non sia in alcun modo tenuto a farlo, mentre appare una forzatura davvero incomprensibile quella di stoppare una candidatura se sussistono accuse ancora tutte da dimostrare.

Il caso di Antonio Decaro, sindaco di Bari, finito nell’occhio del ciclone nelle ultime settimane per la vicenda delle ispezioni ministeriali al suo Comune, in odore di infiltrazioni mafiose, ha segnato una vera e propria discontinuità di atteggiamento da parte dei dem rispetto al rapporto tra politica e giustizia. Nonostante l’azione amministrativa del comune capoluogo pugliese sia stata attenzionata da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, che il 26 febbraio scorso ha portato all’arresto di 130 persone per presunti intrecci tra mafia e politica e il Ministro dell’Interno abbia nominato una commissione d’accesso per verificare un’ipotesi di scioglimento del Comune, la segretaria nazionale dem, Elly Schlein ha annunciato che Decaro, da lei celebrato come «uno dei più bravi sindaci d’Italia», si candiderà alle elezioni europee e sarà il numero due nelle liste della circoscrizione sud. Evidentemente sulle scelte del Partito democratico non hanno inciso minimamente le riserve espresse da molti stessi leader di sinistra dopo l’infelice uscita del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che durante la manifestazione di sabato scorso a sostegno di Decaro aveva raccontato di aver portato quest’ultimo, all’epoca assessore della sua giunta comunale, a casa della sorella di un boss mafioso per chiedere di proteggerlo.

La domanda che sorge spontanea è: se Decaro fosse stato di centrodestra, come avrebbero reagito i partiti di sinistra all’annuncio di una sua candidatura? Come minimo lo avrebbero accusato di candidarsi per procurarsi l’immunità in vista di possibili guai giudiziari. In questo caso, invece, i dem lo trattano come un martire, di fatto delegittimando l’azione del Ministero dell’interno che ha disposto le ispezioni presso il suo Comune. Senza parlare dei grillini, che hanno sempre fatto del giustizialismo il principale tratto distintivo della loro azione politica e ora tacciono di fronte a questa imbarazzante vicenda che vede protagonista il duo Emiliano-Decaro e una delle amministrazioni comunali più importanti del sud Italia.

Ma tra gli annunci roboanti che Elly Schlein ha fatto due sere fa negli studi di Giovanni Floris (Di martedì, La 7) ce n’è un altro ancora più inaspettato: a guidare la lista del Pd al sud per le elezioni europee sarà la giornalista Lucia Annunziata «non solo - ha detto Schlein - perché è una figura di grande valore come giornalista (purtroppo risorsa non sfruttata adeguatamente per le condizioni che non erano ospitali), ma soprattutto per la sua grande conoscenza di politica estera e internazionale». Anche qui una domanda è legittima, anzi doverosa: che cosa è scattato nella Annunziata, che il 3 settembre, dopo aver annunciato il suo addio alla Rai, smentendo categoricamente ogni voce su una sua possibile candidatura, aveva dichiarato in una nota ufficiale: «Non mi candiderò mai e poi mai alle Europee. Né con il Pd né con nessun altro partito. Spero che questa smentita sia chiara abbastanza per mettere tranquilli tutti»?

Per carità, gli italiani sono abituati a personaggi pubblici che si rimangiano la parola data, a partire da Matteo Renzi che avrebbe dovuto abbandonare la politica dopo la sconfitta al referendum, quindi non c’è da stupirsi. Però che il Pd al sud candidi una che non voleva in alcun modo saperne fino a qualche mese fa e un sindaco che deve presentarsi in commissione antimafia per chiarire torbide vicende non è proprio il massimo per i suoi elettori.

A completare il quadro sul versante della sinistra la strana ammucchiata tra Emma Bonino (Più Europa), Matteo Renzi (Italia Viva), Andrea Marcucci (Libdem) i socialisti di Enzo Maraio e i pan-europei di Volt. Il nome prometterebbe benissimo “Stati Uniti d’Europa”. Peccato che il loro unico collante sia il timore, assai fondato, di non superare la soglia del 4% correndo da soli. Meglio, quindi, unire le forze per non rimanere a bocca asciutta. Ce n’è dunque abbastanza per concludere che la sinistra dei nobili ideali sopravvive solo nel cuore di qualche nostalgico.