L'islam denunci la violenza
Nigeria, Siria, Libia, Egitto, Sudan, persino nel Brunei: ovunque, nel mondo islamico, arrivano notizie di violenza. Perché? Il linguaggio politicamente corretto impone di non porsi neppure il problema. Benedetto XVI ne parlava, invece.
Negli ultimi tempi sono troppe le notizie che riportano con forza alla ribalta il terrorismo, l’estremismo di radice islamica, ma scivolano come acqua sulla pietra, senza suscitare dibattiti, proposte, prese di posizione, incontri, dialogo con i fratelli musulmani in Italia. Pare quasi che discutere dell’islam, come si fa del cristianesimo, sia uno dei tanti tabù che il “politicamente corretto” ha imposto all’informazione e alla cultura italiana. Non si può parlare male dell’islam, si dice, perché è una grande religione praticata da un miliardo e 300 milioni di fedeli, in più di trenta stati a maggioranza islamica. Sono convinto anch’io di questa affermazione che ho sostenuto spesso. Ma di fronte a questa serie di notizie non solo negative, ma tragiche, che esprimono una crudeltà e una ferocia disumane e la mancanza assoluta della misericordia e del perdono, vedo che molti ormai, tacitamente, si convincono di questo: l’islam stesso è una religione imbevuta di violenza.
Non so se è vero, spero e prego di no, questo è comunque un pericolo grave anche per la nostra amata Patria. Non è più possibile tacere, non possiamo più far finta di niente. Ecco cosa dicono le cronache quotidiane: crocifissione di cristiani in piazza a Maalula, l’antico villaggio cristiano della Siria, dove si parla ancora l’aramaico; in Sudan una donna musulmana condannata a 100 frustate e all’impiccagione per aver sposato un cristiano; 200 e più studentesse rapite da Boko Aram in un villaggio cristiano in Nigeria e vendute come schiave del sesso; il progresso militare dell’islam violento in Niger, Nord Nigeria, Ciad, Repubblica Centroafricana; da due anni e mezzo la Siria è distrutta dalla guerra civile fra opposte fazioni dell’islam; la guerra civile sta esplodendo anche in Libia, dopo il massacro del dittatore Gheddafi due anni e mezzo fa; l’Egitto è tornato alla dittatura militare, dopo la breve esperienza democratica che aveva mandato al potere i Fratelli musulmani; i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente stanno riversando ogni giorno sull’Italia migliaia di profughi disperati, che nessuno è in grado di fermare; in Brunei, il paese più ricco del mondo per il petrolio, il Sultano ha annunziato che torneranno gradualmente alla sharia, la legge islamica applicata integralmente; in Turchia, il presidente “islamico moderato” Erdogan sta riorientando il paese verso un islam sempre meno democratico.
L’elenco potrebbe continuare. Nessuno si interroga: dove sta la radice di queste violenze e crudeltà che sembrano caratterizzare i popoli che praticano l‘islam? Nel colonialismo europeo e americano? Un certo “terzomondismo” datato, ancora lo sostiene. Domenica scorsa 18 maggio, in Tv un “esperto” italiano ha detto che il sequestro delle 200 e più studentesse in Nigeria è colpa anche dell’Occidente, perché la Nigeria galleggia sul petrolio, ma le ricchezze che questo “oro nero” produce finiscono allo 0,7% dei nigeriani e il popolo rimane nella miseria, che è la radice del terrorismo! Affermazione a cui nessuno crede, ma bisogna dirla per stare nel “politicamente corretto” di cui stampa e Tv sono protagoniste e vittime. Capisco che la paura dell’arroganza integralista e del terrorismo di radice islamica ci condizionano pesantemente, ma non è un buon motivo per tacere quando si tratta di difendere l’uomo e i suoi diritti.
Benedetto XVI, che parlava con sincerità, nella famosa conferenza all’Università di Ratisbona (13 settembre 2006) ha detto che l’islam, per entrare nel mondo moderno, deve “confrontarsi con la violenza sull’uomo per Dio, che non esiste, non può esistere”. Il 19 marzo 2009, lo stesso Benedetto XVI, incontrando nella Nunziatura di Yaoundé 22 rappresentanti dell’islam, che rappresenta il 20% della popolazione camerunese, ha detto: le religioni debbono collaborare per “rendere manifesto il vasto potenziale della ragione umana, che è essa stessa un dono di Dio… Ciò che è 'ragionevole' va ben oltre ciò che la matematica può calcolare, la logica può dedurre e gli esperimenti scientifici possono dimostrare”. Il “ragionevole”, ha spiegato il Papa, “include anche la bontà e l’intrinseca attrattiva di un vivere onesto e secondo l’etica”. Questa visione della religione, ha aggiunto, “rifiuta tutte le forme di violenza e di totalitarismo: non solo per principi di fede, ma anche in base alla retta ragione. In realtà, religione e ragione si sostengono a vicenda, dal momento che la religione è purificata e strutturata dalla ragione e il pieno potenziale della ragione viene liberato mediante la rivelazione e la fede”. Il Pontefice ha concluso il suo discorso auspicando che “l’entusiastica cooperazione tra musulmani, cattolici ed altri cristiani in Camerun sia per le altre Nazioni africane un faro luminoso sul potenziale enorme di un impegno interreligioso per la pace, la giustizia e il bene comune”.
È anche l’augurio che ogni uomo di buona volontà esprime oggi e che si può realizzare anche entrando davvero in dialogo con i musulmani di casa nostra (non solo personale, ma di enti culturali e altre associazioni), senza tabù e ipocrisie, interrogando i musulmani su questo tema, disposti ad accettare i valori dell’islam e della tradizione islamica, che sono tanti e di cui anche noi cristiani abbiamo bisogno.