L'Inferno non è vuoto: scegliamo noi di andarci
Il silenzio sull'Inferno viene spezzato da Padre Livio e Diego Manetti, con il libro Inchiesta sull'Inferno, fondato sui messaggi della Madonna a Medjugorje. L'Inferno non è vuoto, ma è scelto da chi volta le spalle a Dio.
Perché sull’Inferno è in atto la congiura del silenzio? Si preferisce parlare del Paradiso come possibilità per l’uomo dopo la morte, dimenticando che esiste anche la possibilità della dannazione eterna. Ben vengano, dunque, i libri su questo argomento, come quello scritto da Padre Livio con Diego Manetti, Inchiesta sull’Inferno. Salvezza e predizione nelle profezie di Medjugorje. E infatti le fondamenta della riflessione di queste duecento pagine sono i messaggi della Regina della Pace su questo argomento: “Oggi molti vanno all’Inferno. Dio permette che i suoi figli soffrano nell’Inferno perché hanno commesso colpe gravi e imperdonabili. Coloro che vanno all’Inferno non hanno più possibilità di conoscere una sorte migliore” (28 luglio 1982).
L’inchiesta di questo libro è a 360 gradi, dalla ribellione di Lucifero alla sua azione nel mondo; dalle pene degli inferi alla sua negazione nella teologia moderna, da Rahner a von Balthasar; e poi l’Inferno nelle parole di Gesù, nella dottrina della Chiesa antica, della teologia tridentina, dei mistici cristiani e nelle visioni da Fatima e Medjugorje, fino appunto ad arrivare ai giorni nostri.
Uno dei capitoli ha un titolo provocatorio: “All’Inferno ci va chi vuole andare”, come ha spiegato la Madonna accompagnando Jakov e Vacka (i veggenti di Medjugorje) nel viaggio compiuto nell’Aldilà, nei primi tempi delle apparizioni.
Ma chi è così pazzo da desiderare di starsene per l’eternità nella Geenna, dove “là sarà pianto e stridore di denti, poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Matteo 22, 13-14)? L’Inferno, spiega Padre Livio, è un mistero della libertà umana e della capacità dell’uomo di fare delle scelte: se un’anima rifiuta Dio, respinge il suo amore, sceglie di essere dio al posto di Dio, ecco che comincia già a vivere quell’Inferno che, dopo la morte, semplicemente prosegue. Una aversio a Deo et conversio ad creaturas della quale parla Sant’Agostino: ecco quando si va all’Inferno, quando si volta le spalle a Dio per “convertirsi” alle persone e alle cose mondane. Un scelta, una libera scelta.
Le condizioni per questa perdizione eterna sono espresse con chiarezza dal Magistero della Chiesa cattolica, anche se non si può tuttavia affermare con certezza la dannazione di nessuna anima, neppure quella di Giuda il Traditore: «Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’Inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno» (CCC 1036).
A condannare l’uomo alla dannazione eterna non è Dio, ma è l’Uomo stesso che sceglie liberamente e responsabilmente la propria auto-esclusione da Lui. «Ogni anima – spiega Padre Livio – ha la possibilità di accorgersi verso quale destino sta andando, perché la voce della coscienza parla a tutti e ad ognuno indica il Bene da fare e il Male da evitare». Appunto, all’Inferno va chi ci vuole andare.
Un Inferno che, come il Paradiso, non è un luogo da intendesi con le categorie umane: spazio e tempo non possono caratterizzare le realtà spirituali; sono proprietà della materia, anche se Gesù parla di fuoco e fiamme e l’Apocalisse di “stagno ardente di fuoco e zolfo” (Apocalisse 20, 10).
Il libro di Padre Livio si chiude – e come avrebbe potuto essere diversamente? - con un capitolo sull’antidoto per l’Inferno e la chiamata della Madonna per tutti alla salvezza. E sono certo che il lettore lo leggerà più attentamente degli altri. La prima preoccupazione della Madre di Dio è quella di risvegliare la fede e di farci recuperare, sempre Padre Livio, «la prospettiva dell’eternità, tanto da insistere spesso sulla precarietà della condizione terrena dell’uomo». Dal suo messaggio ai veggenti di Medjugorje del 18 marzo 2003: «Figli miei, senza Dio non potete nulla, questo non dimenticatelo nemmeno per un istante». La salvezza passa proprio in questo non dimenticare mai. Neppure nel dolore, come insegna Giobbe.