Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
SCHEGGE DI VANGELO

L'inferno dell'innominato

Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro (Lc 16, 23)

Schegge di vangelo 12_03_2020 English Español

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». (Lc 16, 19-31)

Un particolare notevole della parabola del ricco epulone riguarda la circostanza che Lazzaro, giudicato degno del paradiso, è qualificato per nome, a differenza del ricco condannato all’inferno che rimane innominato. Questo è un primo insegnamento: i dannati, già in questa vita, tendono a perdere l’identità, limitando i propri desideri agli orizzonti terreni. Il ricco, una volta morto, riconosce Lazzaro quindi anche in vita lo aveva notato nel suo bisogno ma, ciononostante, aveva voltato lo sguardo da un’altra parte perché distratto da altri pensieri. Amare il proprio benessere più dei fratelli è dunque sufficiente ad essere dannato. Lazzaro, invece, nella sua sofferenza non si lamenta né contro il ricco, né contro Dio e per questo diviene beato. E noi a chi somigliamo di più? Cerchiamo di essere sempre più simili a Lazzaro nell'accettare la volontà di Dio, anche se comporta privazioni e sofferenze... il premio del paradiso è dietro l'angolo