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L'incontro fra San Carlo e San Filippo in via del Paradiso

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L'uno intellettuale e studioso, l'altro semplice e burlone: l'amicizia tra i due santi è testimoniata a Roma dai loro profili marmorei, proprio dove le loro strade tanto diverse si incrociarono, nel comune desiderio di servire il Signore.

Ecclesia 04_11_2024

Due volti, o meglio due profili. L’uno di fronte all’altro. Sembrano quasi parlarsi, in quel silenzioso marmo. Sono i profili di due santi: uno di San Filippo Neri (Firenze, 21 luglio 1515 - Roma, 26 maggio 1595), l’altro di San Carlo Borromeo (Arona, Novara, 1538 - Milano, 3 novembre 1584) di cui oggi ricorre la memoria liturgica. È interessante comprendere dove sono collocati questi profili marmorei: il luogo, infatti, racconta una storia davvero affascinante per diversi motivi. Primo fra tutti, forse, perché riguarda due personaggi, due santi, assai diversi fra loro ma con lo stesso desiderio del cuore: servire il Signore.

Ci troviamo a Roma. In uno dei quartieri più belli e caratteristici della Capitale: la Garbatella. Un quartiere non proprio centrale ma assai grazioso per il suo carattere artitettonico: piccole villette familiari e tanti alberi attorno, questa è la scenografia. Il tutto immerso in un silenzio un po’ surreale nella caotica Roma. Il tempo, qui, sembra essersi fermato agli anni ‘20 del Novecento, l’epoca in cui il quartiere fu costruito. Fra queste piccole villette, a un certo punto, si apre un piazzale con una chiesa: è la chiesa di San Filippo Neri, costruita tra il 1952 ed il 1955, su progetto dell’architetto Pier Luigi Maruffi e su suggerimento dell’allora sostituto alla Segreteria di Stato della Santa Sede Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Ma proprio vicino a questa chiesa moderna ne sorge una assai piccola: è la chiesetta dei Santi Isidoro ed Eurosia che per gli abitanti del quartiere è conosciuta però con il semplice nome de “la chiesoletta”. Nel 1800, una parte del tracciato di questo luogo sacro, cadeva nella cosidetta “Tenuta dei 12 Cancelli” di monsignor Alessandro Niccolai, ministro dell’Agricoltura sotto papa Gregorio XVI. Fu monsignor Niccolai a desiderare questa chiesa che doveva rappresentare un luogo di spiritualità per i contadini della sua tenuta e per il conforto dei pellegrini. La costruzione dell’edificio – su disegno dell'architetto Giuseppe Valadier  – iniziò intorno al 1818 per terminare nel 1822, anno in cui avvenne la consacrazione della chiesa.

Ma ciò che colpisce di più di questo tempio cattolico è la sua posizione: infatti, è stata costruita sul tragitto della famosa visita delle Sette Chiese, ideata dal santo fiorentino (ma romano d’adozione), e infine istituita ufficialmente da Papa Sisto V. Ed è proprio in quest’area che avvenne un incontro del tutto particolare. A descriverlo è Mariano Armellini, archeologo e storico della Capitale, che nelle pagine del suo Le chiese di Roma (1891), scrive: «È situata nel sito detto via Paradisi, come leggesi in una lapide in marmo bianco, a lettere dipinte a minio, posta nella parte meridionale della chiesa lungo la strada tra due medaglioni in marmo bianco, ove a rilievo in uno è scolpito s. Carlo Borromeo e nell’altro s. Filippo Neri, in memoria dell’incontro avvenuto tra i due santi nel 1575 in una visita che ambedue facevano delle Sette Chiese».

Un incontro di cui poco sappiamo, in verità, ma che comunque segnò profondamente le biografie dei due. Tra l’altro, fa un certo effetto tutto ciò visto anche la diversità dei due illustri personaggi: l’uno, intellettuale e studioso, San Carlo Borromeo; l’altro, fiorentino di nascita e romano d’adozione, semplice e “burlone”, San Filippo Neri. A testimoniare l’amicizia tra i due sono due oggetti conservati nelle stanze di San Filippo Neri nella chiesa di santa Maria in Vallicella (ora detta “Chiesa Nuova”): una mozzetta cardinalizia con una stola bianca del santo arcivescovo custodite in un'urna preziosa e il «Reliquiario del Card. Borromeo Vecchio»  (il «Vecchio»  sta per San Carlo per distinguerlo dal cardinale Federico, suo cugino). Si tratta di un medaglione ovale, a doppia faccia, incorniciato di diaspro e finiture in argento, citato tra l’altro in una deposizione del processo canonico per san Filippo Neri da Francesco Zazzara, fedele figlio spirituale del Neri: «Il Padre mi disse, mentre stava bene, che tutte le sue infermità procedevano dalla palpitazione del cuore; et che sia il vero che i medici lo tenevano, alcune volte, per spedito et la mattina era guarito. Et lui, il Padre, diceva che pregava Dio che li medici intendessero et conoscessero la sua infermità. (...) Et burlando con li medici, quando era guarito, diceva: “Non siete stato voi che mi avete guarito, ma questo reliquiario (il quale reliquiario era del cardinale Borromeo vecchio, dove ci era il legno della Croce et delle reliquie di S. Pietro et di S. Paolo et di S. Francesco); et la sera era morto, la mattina si levava et camminava senza bastone; et li medici dicevano che era vero che loro non l’havevano guarito».

Da queste righe si comprende bene quanto san Filippo Neri avesse nel cuore il suo amico cardinale. Un connubio celebrato non solo dall’iscrizione della piccola chiesa a Roma ma anche da molti artisti come – per citarne solo uno – Domenico Mondo (1723-1806) che dipinse i due santi in maniera sublime: sono al centro della tela, posti sopra una scalinata; si abbracciano con grande affetto; i loro volti sono l’uno di fronte all’altro. Sembrano davvero ricordare quei due medaglioni posti sul muro vicino la piccola chiesetta dei santi Isidoro ed Eurosia nella via delle Sette Chiese a Roma, nel quartiere Garbatella. Fra i due volti marmorei posti su quel muro, l’iscrizione «Via Paradisi». Sembra questa davvero l’unica iscrizione possibile da inserire fra quei due volti poiché è proprio vero, la via del Paradiso passa per i santi.

 



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