Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Leonardo da Porto Maurizio a cura di Ermes Dovico

CLIMA

L'immobilismo frenetico del vertice di Durban

In occasione del COP17 i soliti allarmi diseducativi sul riscaldamento. E un probabile nulla di fatto in attesa del vertice dell'anno prossimo.

Attualità 02_12_2011
durban

Quest’anno passerà alla storia come il più caldo dal 1880 ad oggi, con un aumento delle temperatura che può far temere gli ecologisti per il futuro della Terra. Degli ultimi 19 anni ben 15 sono stati i più caldi da quando sono cominciate le misure nel 1880, un segno inequivocabile dell’ultima chiamata a far qualcosa per la Terra. Il rapporto preliminare sull’andamento atmosferico globale dell’annata emesso dagli scienziati conferma l’urgenza delle scelte, dell’avvicinarsi del punto di non ritorno. E’ l’ennesimo anno più caldo della media e quindi della normalità.


Se si va a rileggere i dati della temperatura globale calcolati dall’Ente statunitense NOAA, quanto scritto sopra si poteva ad esempio affermare nel 1944, usando gli stessi metodi di presentazione dei dati e criteri di dimostrazione scientifica utilizzati da alcuni esperti sui quotidiani in questi giorni.

Si potrebbe anche aggiungere un elenco dei disastri naturali più tragici per completare il quadro degli anni precedenti il 1944. Anni “caldissimi” in cui il cambiamento climatico ha dato probabilmente un significativo contributo ad immani catastrofi non ricordate a memoria d’uomo, come la carestia in Ucraina con 7 milioni di morti (solo un decennio prima una tragica carestia aveva provocato 5 milioni di vittime); i 5 terribili anni di siccità che unita alla cattiva gestione del territorio hanno provocato la perdita di tutti i loro averi da parte di 300.000 contadini; New York ed il New England per la prima volta nella storia furono devastati da un terribile uragano che causò più di 600 morti; il Bangladesh fu danneggiato gravemente da una serie di uragani causando la disastrosa carestia del Bengala con 2-3 milioni di morti (come raccontato da Amartya Sen e ripreso anche da Pascal Acot); le inondazioni in Cina dovute al fiume Huang He che causarono 3.700.000 morti.

Nel 1944 però i problemi erano altri e nessuno era angosciato dall’andamento della temperatura globale. Essa anche allora aveva una variabilità, ma non era ritenuto sicuramente argomento da prima pagina. Le catastrofi all’epoca accadevano ugualmente, a differenza di oggi però le assicurazioni non risarcivano i danni  mentre, come sempre, erano i più deboli a dare il maggior contributo di vittime e sofferenza.

Anni fa per ridurre i rischi ci si adattava ad essi: si costruivano argini e zone di “espansione” per controllare i fiumi; per superare i periodi siccitosi si costruivano e riparavano acquedotti e cisterne; si manutenevano i canali di scolo ed i torrenti; l’estate per difendersi dal caldo si andava in villeggiatura in campagna dai nonni; ogni palazzo aveva il suo cortile alberato; per ridurre i consumi delle auto o si cercava nuova tecnologia o si utilizzavano piccole cilindrante; in Romagna si ponevano degli scogli artificiali contro l’erosione dovuta alle mareggiate; si cercava di stabilizzare Venezia che lentamente moriva sprofondando nel mare, e così via.

Da qualche tempo invece facciamo opera di “disadattamento”: non si manutengono i corsi d’acqua e gli acquedotti; si costruisce lungo le sponde dei fiumi e dei torrenti  ed in alcuni casi addirittura sopra; l’estate i nonni rimangono soli nelle città arroventate dall’isola di calore (non dal “global warming”) mentre i figli vanno al lavoro in completo grigio e cravatta lamentandosi per il caldo dovuto al “buco dell’ozono”; le cilindrate delle auto sono aumentate cospicuamente per “viaggiare” da soli nel traffico con “immense” station-wagon in cui i bagagli usufruiscono dell’aria condizionata; Venezia è sempre allo stesso livello mentre ora siamo preoccupati perché il mare si sta innalzando, e così via.
 

In questi anni abbiamo fatto opera di “disadattamento” convinti “scientificamente” del fatto che i disastri naturali, noti attualmente come “eventi estremi”, siano dovuti principalmente alla concentrazione dell’anidride carbonica e alle emissioni connesse con i “rutti” delle mucche.

Ci hanno convinto che se i buoni al COP17 di Durban vincono - cioè si fa un accordo vincolante che imponga un mercato globale dei “carbon credit” o imponga a tutti una “carbon tax” - allora sarà possibile stabilizzare le emissioni dei cosiddetti gas serra e Madre Terra ci sarà grata diminuendo numero ed intensità delle catastrofi. Un nuovo paradiso terrestre ove  piove di notte non appena il terreno è asciutto, mentre di giorno c’è sempre il sole ed una temperatura gradevole. I fiumi avranno portata costante ed i laghi sempre lo stesso livello, le coste sabbiose saranno immobili, le piste da sci saranno innevate naturalmente esattamente dall’Immacolata fino a Pasqua, i ghiacciai saranno sempre delle stesse dimensioni visto che ormai i laghi di origine glaciali sono in numero sufficiente.

Anche quest’anno, però, il finale più probabile del COP17 è che i ventimila di Durban non concludano nulla di fattivo come nei precedenti numerosi incontri, tutto sarà rimandato alla prossima conferenza che diverrà come ogni anno l’ultima possibilità d’accordo prima che la Terra sia spacciata.

Un immobilismo frenetico in attesa che la soluzione alla fine del “petrolio” sia trovata nell’innovazione tecnologica e la capacità di produrre tecnologie che creino business, anziché dover essere sostenute da cospicui incentivi statali come attualmente il fotovoltaico e l’eolico. Il tutto analogamente, ad esempio, a quanto avvenuto con l’esigenza di aumentare la capacità di calcolo: per soddisfarla si è provveduto aiutando la ricerca per sviluppare il computer e non mettendo tasse sul “regolo calcolatore”. Successivamente la diffusione dei PC è avvenuta senza incentivi statali, come per tutte le grandi innovazioni tecnologiche.

Aspettiamo fiduciosi che la creatività dell’uomo, guidata dall’etica e la Provvidenza, sarà in grado di innovare positivamente, resta però il dubbio che qualcuno dei numerosissimi “cervelli” eliminati dall’aborto forse sarebbe stato già in grado di aiutare l’umanità in tal senso. Purtroppo un’epoca “sazia e disperata” vede le persone solo come bocche da sfamare piuttosto che meravigliose ed uniche “menti” da “custodire e coltivare” essendo una parte visibile del Creato.