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MALI

L'illusione della "vittoria lampo" sugli islamisti

Nella capitale maliana dilaga un entusiastico ottimismo delle forze che stanno combattendo gli estremisti islamici. Ma i nemici si stanno solamente spostando per preparare una lunga ed estenuante guerriglia. E a Parigi l'hanno capito molto bene. 

Esteri 28_01_2013
Mali

Solo dieci giorni fa a Bamako gli esponenti del governo si apprestavano a bruciare i documenti e a lasciare la città minacciata dall’offensiva dei tre movimenti jihadisti (Ansar Eddine, al Qaeda nel Maghreb Islamica e Mujao) che avevano occupato il Nord del Malì nel marzo scorso.
Oggi nella capitale maliana dilaga invece un entusiastico ottimismo. "Stiamo vincendo molto rapidamente, i ribelli sono stati sbaragliati, ci aspettiamo che la guerra finisca entro pochi giorni" ha affermato il ministro dell'informazione del Mali, Manga Dembelé, dopo che si era diffusa la notizia che i fanti di marina francesi del 21° reggimento e truppe governative maliane erano penetrate in alcuni quartieri di Timbuctù.

La città simbolo del Malì, della cultura tuareg e di questa guerra sta tornando sotto il controllo governativo grazie al successo dell’offensiva francese che sabato aveva liberato Gao. Successi ottenuti quasi senza combattere perché i miliziani hanno rifiutato il combattimento e si sono dileguati verso nord, raggiungendo Kidal, ultima roccaforte degli islamisti, e forse transitando al di là del confine con il Sahara algerino.
Proprio a Kidal i cacciabombardieri francesi hanno distrutto la casa di Iyad Ag Ghaly, ex ufficiale di etnia tuareg dell’esercito maliano divenuto il capo del gruppo jihadista Ansar Eddine. Il governo del Malì ha mobilitato due battaglioni di polizia militare, 800 uomini in tutto, per garantire la sicurezza e scongiurare saccheggi e violenze a Gao e Timbuctù.

La rapida avanzata delle truppe franco-africane, rafforzata dall’arrivo di 2mila militari del Ciad e dei primi 2mila messi a disposizione dai Paesi dell’Africa occidentale che ne hanno promessi beh 6mila, soddisfa anche Parigi che però non sembra farsi illusioni circa il futuro.
L’obiettivo dei 2.500 soldati francesi appoggiati da 14 cacciabombardieri e una ventina di elicotteri è completare la riconquista dei territori settentrionali del Malì raggiungendo Kidal e il confine algerino per poi lasciare agli 8mila soldati africani e 4mila maliani il compito di presidiare le città strappate ai jihadisti in attesa che 200 istruttori europei e un centinaio di statunitensi addestrino le reclute di Bamako.

Le fonti militari francesi riferiscono che finora i caduti tra i miliziani non sono stati più di un centinaio. Un dato che potrebbe risultare inattendibile perché in molti casi le vittime dei raids e delle battaglie sono stati seppelliti o portati via dai jihadisti, ma se anche le perdite fossero più alte non c’è dubbio che la gran parte dei 3.500 miliziani che secondo le stime militano sotto le bandiere dei tre movimenti islamisti sono sfuggiti all’attacco dei francesi. Forze che si preparano a dare filo da torcere con azioni terroristiche e di guerriglia, incursioni lungo la strada che unisce Bamako alle città del nord o scatenando nuove rivolte islamiche nei Paesi vicini.
Una minaccia alla quale Parigi sembra voler far fronte accelerando le operazioni aeree contro i miliziani in fuga e mantenendo nel nord del Malì unità di forze speciali, fanteria leggera (legionari o fanteria di Marina) ed elicotteri.

Non è un caso che in questi giorni la Francia abbia chiesto un maggior appoggio logistico agli alleati, soprattutto aerei da rifornimento in volo necessari a garantire ampia autonomia ai jet Rafale e Mirage 2000.
Washington ha risposto positivamente mettendo a disposizione dell’Armèe de l’Air tre tanker KC-135 basati in Spagna mentre la Germania ha detto no giustificandosi con il fatto che i suoi Airbus A-310 non sono omologati per rifornire in volo i cacciabombardieri francesi.
Il supporto più importante sembra venire però da Londra che ha schierato in Senegal uno dei suoi aerei radar Sentinel R-1 in grado di rilevare ogni movimento militare sul terreno grazie al suo sofisticato radar Astor. Già impiegati in Afghanistan, i Sentinel potrebbero consentire di individuare e colpire i miliziani in fuga verso nord e su un terreno scoperto.