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IL PUNTO

Libia, 40 milizie in cerca di un leader

Attaccata Beni Walid, poi toccherà a Sirte, ma le due roccaforti di Gheddafi potrebbero resistere a lungo e porre le basi per una lunga lotta tribale.

Attualità 05_09_2011
libia beni walid

La roccaforte lealista di Beni Walid, dove si diceva fosse nascosto Muammar Gheddafi, si è arresa senza combattere, anzi no, resiste ancora. Ma no, la  battaglia deve ancora cominciare. Difficile valutare la situazione sul campo di battaglia libico dominato ancora una volta dal caos di dichiarazioni, smentite e bugie diffuse dai ribelli. Una confusione dettata certo dalla volontà di fare propaganda e disinformazione, armi "letali" in guerra ma anche dal semplice protagonismo di comandanti spesso di basso rango e sconosciuti autonominatisi alla gesta di milizie che pomposamente vengono  definite "brigate".

Il Consiglio Naziionale di Transizione (Cnt), che dopo una settimana dalla liberazione di Tripoli non si è ancora trasferito nella capitale, non è riuscito a creare un vero comando unificato di tutte le milizie ribelli. Una struttura del genere in realtà esiste ma solo sulla carta, nota come Comitato Supremo per la Sicurezza che in pratica però non sembra avere autorità e non costituisce certo un vero strumento di comando e controllo militare.

Le difficoltà a unire i ribelli sotto un unico esercito non sono dovute solo a gelosie o pretese di autonomia ma anche a una crisi politica interna agli insorti emersa in modo più profondo dopo la presa di Tripoli. Si acuiscono le rivalità tra i diversi gruppi tribali ma anche tra chi, come i miliziani di Bengasi, Misurata e i berberi, guardano con sospetto a quelli di Tripoli scesi in campo solo all'ultimo momento contro il raìs mentre gli oppositori storici del regime diffidano dei tanti ex gerarchi riciclatisi nel Cnt. Del vuoto di potere potrebbe approfittare lo stesso Gheddafi per scatenare azioni di disturbo e di guerriglia ma soprattutto i gruppi estremisti islamici composti da veterani di Afghanistan e Iraq (dove hanno combattuto tra le fila di al-Qaeda) e che rappresentano le milizie più efficienti tra quelle degli insorti.

Il comando militare di Tripoli è affidato a Abdel Hakim Belhaj, già prigioniero della Cia e delle carceri di Gheddafi in quanto esponente di spicco e fondatore del Gruppo Islamico Combattente Libico affiliato al network di Osama bin Laden. Un altro comandante islamista, Ismail al-Salabi che guida circa 3 mila miliziani, ieri ha attaccato duramente il Consiglio Nazionale di Transizione. ''Il ruolo del comitato esecutivo non è più richiesto perché sono tutti esponenti del vecchio regime. Dovrebbero tutti dimettersi, dal vertice della piramide alla base''. Negando ogni legame con al-Qaeda, al-Salabi ha accusato i membri laici del Cnt "che vorrebbero ritrarci come estremisti per escluderci dalla comunità internazionale e causare una divisione che sarebbe utile solo al tiranno''.

Per comprendere l'incerta guida delle 40 milizie degli insorti libici basta ricordare che il Consiglio Nazionale di Transizione aveva stabilito che l'ultimatum per la resa delle ultime quattro roccaforti lealiste (Beni Walid, Sirte, Cufra e Sebha) scadesse giovedì prossimo. I miliziani diretti a Beni Walid
hanno però autonomamente anticipato la scadenza alla mattina del 4 settembre, forse per forzare alla resa i leader dei clan della tribù Warfalla che domina la città di 50 mila abitanti a 180 chilometri a sud di Tripoli.

I Warfalla sono la tribù più numerosa della Libia (un milione di libici su sei) e solo una  parte dei 50 clan che la compongono hanno aderito alla rivolta (ne fa parte anche il numero due del Cnt, Mahmoud Jibril) mentre almeno un migliaio di miliziani di questa tribù sono morti negli ultimi sei
mesi combattendo con le forze di Gheddafi.

La decisione di attaccare la città, le prime scaramucce sono iniziate la notte tra domenica e lunedì, rischia di essere interpretata dai Warfalla come un attacco alla loro tribù portato dai cirenaici e dai berberi creando così il contesto per una guerra tribale già annunciata dallo stesso Gheddafi.

"I negoziati per ottenere una resa pacifica dei lealisti a Beni Walid sono falliti e terminati" ha annunciato ieri sera Abdallah Kenchil, capo negoziatore degli insorti. A metà pomeriggio una radio degli insorti, Libya al Hurra (Libia libera) aveva annunciato invece che Beni Walid era caduta e che i ribelli ne avevano preso pacificamente il controllo mentre Abu Sanif Ghaniya, uno dei comandanti dei ribelli aveva affermato ad Al Jazeera di aver raggiunto un accordo per la resa con i leader tribali della città.

A Beni Walid invece si combatterà come si combatterà probabilmente a Sirte, città natale di Gheddafi dove la popolazione appartiene alle tribù Warfalla e Gaddafa, la stessa del raìs del quale si sono perse nuovamente le tracce. Secondo indiscrezioni sarebbe fuggito da Beni Walid con tre suoi figli (Mutassim, Saadi e Saif al Islam) su un convoglio blindato della 32a Brigata diretto verso sud, forse nelle oasi di Cufra e Sebha.

Ancora tranquilla la situazione intorno a Sirte dove stanno confluendo mezzi e miliziani da Misurata e dove si concentrano i raids aerei della Nato che nei giorni scorsi hanno colpito duramente anche Beni Walid. In assenza di soluzioni politiche e di una vera leadership alla testa degli insorti le ultime battaglie intorno alle roccaforti di Gheddafi potrebbero risultare le più dure dell'intera guerra.