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IL CONVEGNO

Libertà scolastica, quei sindacati rimasti allo statalismo

Il convegno Uil Scuola a Milano ha mostrato la distanza tra due mondi nel concepire la scuola: la Uil ancora statalista che non ha esitato a bocciare il costo standard di sostenibilità perché “la scuola è una funzione dello Stato e non va delegata al privato”. A difendere il costo standard Anna Monia Alfieri, che ha dimostrato la convenienza economica di una svolta radicale. 

Editoriali 11_11_2019

Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie, scuole del mercato - tesi a confronto

E’ questo il tema della tavola rotonda organizzata dalla Uil Scuola Lombardia nell’aula magna del Liceo Classico Statale Carducci alla quale hanno partecipato protagonisti “di tutti i colori” del mondo della scuola. Studenti compresi. Un’iniziativa fortemente voluta dalla UIL come si legge sul loro sito.

Al confronto la Uil Scuola ha chiamato una delle voci più esperte e aperte, ma soprattutto libere al confronto, Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche, autrice di numerose pubblicazioni la più recente “Lettera ai politici sulla libertà di scuola” scritta con Dario Antiseri edita dalla Rubettino.

Conosciamo Anna Monia firma del nostro giornale e da sempre schierata a favore e della loro libertà di scelta educativa dei genitori, degli studenti e del loro diritto di apprendere senza discriminazione, dei docenti e del loro diritto di insegnare a pari titolo con pari trattamento economico, come avviene in tutta Europa, ad eccezione di Italia e Grecia.

Veniamo ai risultati del convegno cosi come li leggiamo dalle dichiarazioni delle parti.

«Per noi della UIL la scuola è una funzione dello Stato e non può essere delegata al privato se non per consentire una sua convivenza alle condizioni della Costituzione che 70 anni fa già disponeva misure per garantire l’istruzione di tutti, al riparo dalle diatribe laici-cattolici», ha detto Pino Turi durante la tavola rotonda. La tesi di suor Anna Monia Alfieri non è particolarmente innovativa, nè originale e tantomeno moderna  - ha detto Turi - cambia solo il nome e la rende più scientifica: costo standard di sostenibilità. La Costituzione dice chiaramente ‘senza oneri per lo Stato’ – ribadisce Turi -  mentre il sussidio dato dalla Regione Lombardia è di 24 milioni alle famiglie, 9 milioni alle scuole dell’infanzia direttamente e 4,5 milioni per la disabilità».

E’ chiara la posizione statalista della UIL che alla domanda a chi spetta l’istruzione ha risposto alla scuola di Stato.

Di tutt’altro avviso la Alfieri che ha ribadito come il sistema scolastico sia il primo fattore propulsivo di un Paese, sia a livello economico che sociale. In Italia, «il sistema scolastico è iniquo: egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. Il Rapporto OCSE-PISA mostra chiaramente che in Italia non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità. Questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati».

La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. Le famiglie più agiate tendono a scegliere le scuole pubbliche – paritarie e statali – migliori e seguono con più attenzione i loro figli. “Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati” (Ocse).

Ogni alunno della pubblica statale costa al contribuente 10.000 euro all’anno, con scuole che cadono a pezzi, docenti sottopagati e alunni dispersi o culturalmente azzerati. Tutto ciò, nonostante la sussidiarietà al contrario degli alunni delle paritarie che garantiscono ogni anno allo Stato entrate per più di 6 miliardi di euro. Infatti non costano nulla (500 milioni di euro a fronte dei 53 miliardi, per un decimo della popolazione scolastica) e in più pagano le tasse per la scuola pubblica statale, che non frequentano.

L’unico passaggio, di fatto, che la storia suggerisce a beneficio della scuola pubblica italiana tutta è l’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo con la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria. I risultati sono inequivocabili: una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; l’innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano; la valorizzazione dei docenti e l’abbassamento dei costi. Concetti che certo mondo sindacale non riesce ancora a comprendere.