Libertà religiosa, un problema "politico" da risolvere
Un documento pubblicato nei giorni scorsi dalla Commissione teologica internazionale sul tema "La libertà religiosa per il bene di tutti" lascia irrisolto il nodo fondamentale aperto dalla dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, ovvero se ci sia un dovere, non solo delle persone e delle società (cosa che in essa viene chiaramente affermata) ma anche della politica verso la religione vera, cioè quella cattolica.
- LIBERTÀ RELIGIOSA E VITA, ALTRI PASSI AVANTI DI TRUMP, di Ermes Dovico
La Commissione teologica internazionale (CTI) ha pubblicato nei giorni scorsi il documento “La libertà religiosa per il bene di tutti”, a conclusione di un lavoro pluriennale di una sua sotto-Commissione. Il testo, approvato a maggioranza dalla CTI, è stato accolto dal Presidente della Commissione, cardinale Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e la pubblicazione è stata autorizzata da papa Francesco.
Si tratta di un testo lungo che tocca svariati argomenti connessi con il tema della libertà religiosa. Viene dato un giudizio entusiasta ed enfatico della dichiarazione conciliare Dignitatis humanae e si riesamina l’intera questione alla luce dei cambiamenti nel frattempo intervenuti nella storia umana e della ricezione della stessa dichiarazione conciliare. Vale la pena chiarire in via preliminare che questo documento non è magistero, anche se la sua pubblicazione è stata autorizzata dal Papa. Ricordo che durante il sinodo sulla famiglia, papa Francesco dispose che nella relatio synodi fossero inseriti anche due articoli bocciati dai Padri sinodali a larghissima maggioranza, ritenendoli utili per il dibattito. Anche questo documento va accolto così: uno strumento per il confronto.
La domanda che ci si pone inevitabilmente davanti a questo documento è la seguente: le questioni aperte dalla Dignitatis humanae e rimaste aperte fino ad oggi, vengono ora chiuse? Qual è la principale questione rimasta aperta? La dichiarazione conciliare non chiarisce se ci sia un dovere, non solo delle persone e delle società (cosa che in essa viene chiaramente affermata) ma anche della politica verso la religione vera, cioè quella cattolica. Se l’autorità politica avesse questo dovere ne conseguirebbe che non potrebbe considerare le religioni come aventi tutte la stessa dignità pubblica, fondata sul diritto alla libertà religiosa, fondato a sua volta sulla dignità della persona umana, come appunto dice il concilio e ripete il documento CTI.
Questo presunto dovere della politica non sarebbe accidentale, ossia determinato da ragioni storiche e quindi soggetto a venire superato, ma sarebbe essenziale per la politica, la quale non potrebbe avere consapevolezza del proprio fine – il bene comune – né tantomeno coerentemente perseguirlo senza l’aiuto – la “purificazione” direbbe Ratzinger – della religione cattolica, chiamata religio vera non perché vera per i suoi fans, ma perché completamente adeguata alla verità, anche alla verità della politica. Ora, nemmeno il documento CTI chiude questa partita e dà risposta a questa domanda.
Circa gli insegnamenti preconciliari che sostenevano tesi diverse dalla Dignitatis humanae, il documento CTI fa un errore di prospettiva, considerandoli solo frutto “del contesto storico in cui il Cristianesimo rappresentava la religione di Stato”, ed evitando di cogliere in essi il problema che ho esposto qui sopra, problema che trascende i diversi momenti storici, in quanto pretende di indicare delle esigenze essenziali ed intrinseche della politica e della religione cristiana.
Il documento parla, naturalmente, del cristianesimo (meno del cattolicesimo) in modo specifico, ma più spesso parla della “religione” in generale, presentandola in quanto tale come un fatto positivo per il bene di tutti. “La religione custodisce i temi della vita e del senso con tutta la loro misteriosa profondità… esplicita e tiene in campo la trascendenza dei fondamenti etici e affettivi dell’umano: li sottrae al nichilismo della volontà di potenza e li restituisce alla fede nell’amore dell’Altro”. Siamo sicuri che ciò valga per tutte le religioni? Possiamo dire che solo la religione cattolica lo fa in pienezza? Possiamo negare che la politica debba tenere conto di queste diversità? Non farlo non è già indifferentismo? Per essere non indifferente alle religioni la politica deve essere indifferente a quella cattolica? E questo non vorrebbe dire essere indifferente a se stessa, alla politica, dato che la religione cattolica le permette di riconoscere e rimanere fedele alla propria verità?
Nel documento CTI la parola forse più ricorrente è l’aggettivo legittimo/a: “legittima autonomia delle realtà temporali”, “legittima separazione tra Chiesa e Stato”, “legittime forme di manifestazione pubblica”, “legittimo potere”, “legittima autorità civile”. Qual è il fondamento di questa “legittimità” del potere politico e delle manifestazioni pubbliche della libertà di coscienza così spesso chiamata in causa? Il documento CTI conferma che “ogni autorità dell’uomo deriva ultimamente da Dio”, ma pensa che “la città di Dio vive e si sviluppa all’interno della città dell’uomo” e quindi “legame sociale e governo politico rimangono un’impresa umana”. Impresa umana sì, ma fondata su se stessa o su Dio? Come è possibile che l’elemento fondante e legittimante non sia presente in quanto è fondato e legittimato? Come si vede, il cerchio non viene chiuso.
L’espressione “La città di Dio vive e si sviluppa all’interno della città dell’uomo” è di notevole importanza e rivela la dipendenza dell’intero documento dalla “svolta antropologica” di origine rahneriana. Se fosse così, non sarebbe più Cristo a illuminare l’uomo ma viceversa, non sarebbe più la religione cattolica ad illuminare la politica ma viceversa, non sarebbe più Dio a fondare la dignità dell’uomo ma il contrario. La libertà di religione – diceva la Dignitatis humanae e afferma ora la CTI - è fondata sulla dignità dell’uomo, ma questa su cosa si fonda? La libertà della Chiesa trova le sue ragioni dentro la cornice delle libertà fondamentali dell’uomo, come dice il documento, o accade il contrario? E la libertà della Chiesa è solo quella di un corpo intermedio da farsi valere per il principio di sussidiarietà o è una libertà fondativa delle condizioni stesse del bene comune?
La soluzione del problema, dopo 54 anni, è ancora rimandata.