Libertà religiosa, all’Ue non interessa
L’Unione europea abolisce l’ufficio dell’inviato speciale per la difesa della libertà religiosa, che dal 2016 era occupato da Jan Figel’, di cui da più parti veniva chiesta la riconferma. Una decisione politica, quella della Commissione guidata da Ursula von der Leyen, che stride con i dati drammatici sulle violazioni della libertà dei credenti in tutto il mondo e va in controtendenza al positivo, e rafforzato, impegno di Trump.
L’Unione europea abolisce l’ufficio dell’inviato speciale per la difesa della libertà religiosa (FoRB), istituito nel 2016 per volere del presidente Jean-Claude Juncker e al quale era stato chiamato Jan Figel’. Una decisione politica della nuova Commissione e della presidente Ursula von der Leyen che dimostra solo un chiaro disinteresse dell’Ue per il diritto umano fondamentale della libertà religiosa.
Tutto ciò accade negli stessi giorni in cui il Dipartimento di Stato degli Usa pubblica un drammatico Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, nel quale tra l’altro si evidenziano le gravissime violazioni in Cina, Nigeria, Pakistan, Iran e molti altri Paesi che non soddisfano gli standard internazionali. Un terribile rapporto a sua volta pubblicato a pochi giorni dall’ordine esecutivo di Trump (2 giugno 2020) per incrementare ancor più il ‘peso’ della libertà religiosa nella politica estera degli Stati Uniti (vedi qui).
L’ennesimo campanello d’allarme di ciò che invece sta accadendo in Europa dovrebbe svegliare tutti, a partire dalle gerarchie e dai credenti di ogni chiesa e religione. Intervistato da Agensir nel maggio 2016, a pochi giorni dalla nomina, Figel’ aveva ricordato le ragioni del suo incarico: “La libertà di religione e di credo è un diritto fondamentale alla base della costruzione dell’Unione europea. Alla luce delle persecuzioni che continuano a colpire le minoranze etniche e religiose, è ancor più importante proteggere e promuovere questo diritto dentro e fuori l’Unione”. Perciò l’allora presidente Juncker aveva assegnato l’incarico a Figel’ come “rappresentante speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione europea”. Il suo mandato si era formalmente concluso nel dicembre scorso, con l’entrata in carica della Commissione von der Leyen. Figel’ aveva sempre lavorato con incarichi annuali, con contratto part-time, con una struttura pressoché inesistente (vedi qui), eppure la sua relazione conclusiva presentata al Parlamento europeo racconta e dimostra uno sforzo indefesso per la promozione della libertà religiosa nel mondo, di cui la liberazione di Asia Bibi è solo l’esempio più noto.
Nel sito web di Figel’ si trovano i dettagli di tantissime iniziative, appelli, viaggi e riflessioni che hanno in questi anni visto il suo impegno di rappresentante speciale per la libertà religiosa. In un articolo, lo storico Alberto Melloni aveva chiesto lo scorso aprile non solo la conferma per Figel’ ma anche un reale potenziamento del suo incarico, affinché l’Europa potesse incrementare la propria rilevanza e protagonismo politico nel mondo globalizzato. Nello stesso mese di aprile diverse iniziative si sono succedute per chiedere alla von der Leyen di potenziare e rinnovare il mandato a Figel’, tra esse quella dell’International Religious Freedom Round Table, la petizione popolare promossa da IFamnews e poi, a maggio, la richiesta dell’intergruppo del Parlamento europeo per la libertà religiosa e di quello del Parlamento inglese (Appg). Nulla di tutto ciò è stato capace di smuovere né la von der Leyen, né la Commissione europea dalla decisione politica di abolire il proprio ruolo nella difesa della libertà religiosa.
Nella lettera dello scorso 4 giugno inviata dalla Commissione europea, in risposta all’appello dell’International Religious Freedom Round Table, si afferma infatti che “a questo punto” si è “presa la decisione di non procedere alla nomina dell’Inviato speciale” per la libertà religiosa nel mondo. La lettera aggiunge inoltre che “la Commissione sta discutendo per stabilire come meglio continuare a promuovere” la libertà religiosa nel mondo, che nello stesso testo si definisce come “una priorità”.
Colpisce che la risposta a una lettera indirizzata al presidente della Commissione, l’unico che possa incaricare un “inviato speciale”, venga data da un funzionario che nella risposta svela due allarmanti decisioni ormai già prese: primo, è il commissario alla Cooperazione Internazionale, Jutta Urpilainen, che ha deciso di non nominare nessun inviato speciale per la libertà religiosa, non la presidente von der Leyen a cui spettava la decisione; secondo, “le violazioni di questa libertà sancite dal diritto internazionale e dell’Ue continuano a essere monitorate e fatte presente regolarmente dalle delegazioni dell’Ue in tutto il mondo, nonché dal Rappresentante speciale per i diritti umani dell’Ue, Eamon Gilmore”. Gilmore, il cui incarico scadrà nel marzo 2021, era già stato nominato dalla Commissione Juncker nel 2019 e dunque già aveva collaborato nel rispetto delle rispettive funzioni con Jan Figel’, senza che si evidenziasse nessuna sovrapposizione né conflitto.
Una scelta politica della Commissione von der Leyen abolisce dunque la promozione e difesa della libertà religiosa rispetto all’azione diplomatica ‘esterna’. Un’ennesima prova, c’è da temere, del regime totalitario che si va preparando per tutti noi. Ora, a livello politico, possiamo solo sperare negli Usa ‘trumpiani’, unici guardiani rimasti a difendere il diritto umano di ogni credente e, con esso, la libertà di tutti.