Libertà di culto... ma per tutti? e su quale fondamento?
Nel recentissimo Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, papa Francesco ha chiesto ai governi di garantire la libertà di culto. Egli si è riferito in modo particolare alle restrizioni adottate a causa del Covid-19, ma il significato della richiesta andava oltre questa emergenza.
Quando si sentono queste richieste del Magistero ecclesiastico, da un lato si dà il proprio assenso, in quanto si comprende che togliendo la libertà di cercare Dio e di adorarlo in pubblico si finisce poi per perdere ogni altra libertà. Ciò accade perché Dio è il fondamento della verità e senza verità tutto è permesso e il potere ha sempre ragione, prevalendo l’unico criterio della forza. Dall’altro lato, però, e contestualmente, ci si chiede spontaneamente: ma i governi devono approvare qualsiasi culto? Oppure c’è un limite all’esercizio pubblico delle fedi religiose? Stiamo parlando, ovviamente, non della fede che vive nelle coscienze, ma della sua espressione pubblica, il culto fatto in pubblico. Nel sacrario della coscienza i governi non possono entrare, ma questo significa che devono permettere la manifestazione pubblica di ogni fede coltivata nel sacrario della coscienza? Quando il Magistero, come è stato il caso recente del Discorso del papa a cui stiamo facendo riferimento, chiede la libertà di culto, spesso si ferma lì, e non approfondisce i limiti di questa richiesta, limiti intrinseci alla stessa libertà di culto. Certamente non si può fare un trattato sulla libertà di religione in ogni discorso pronunciato dall’autorità ecclesiastica e quindi è comprensibile che si debba implicitamente rimandare ad altri interventi del Magistero. Però bisogna realisticamente e sinceramente dire che anche in riferimento a questi altri documenti la questione non è definitivamente chiarita. Inoltre, la prassi di chiedere la libertà di culto senza ulteriori precisazioni induce a pensare che queste limitazioni non ci siano e che la Chiesa abbia la stessa concezione della libertà di culto degli Stati agnostici e indifferenti alla verità delle religioni.
Di solito si sostiene che la Chiesa chiede non una libertà di culto assoluta e illimitata ma nel rispetto dell’ordine pubblico e del bene comune, che rappresentano i criteri-guida dei governi politici. Ma così facendo il discorso si complica ancora di più anziché chiarirsi. È infatti evidente che la ragione politica non riesce da sola a vedere fino in fondo il bene comune. Questo concetto, infatti, richiede una fondazione assoluta che la sola ragione politica non può dare e senza questa fondazione assoluta ben presto esso si corrompe. Per questo la politica ha una esigenza essenziale di rivolgersi a qualcosa al di spora di essa, ossia alle religioni, con due criteri, però, ossia: 1) che tali religioni garantiscano adeguatamente la trascendenza, altrimenti si ritorna nelle difficoltà già viste; 2) che tale trascendenza confermi, sostenga e purifichi la dimensione naturale del bene comune e non neghi la possibilità della ragione politica di conoscerlo. Ora, è evidente non solo che non tutte le religioni sono in grado di fare questo, ma anche e soprattutto che solo una religione, la religio vera, è in grado di farlo e questa è la religione cattolica. Se quindi si pone come limite della libertà di culto il rispetto del bene comune, si finisce per ammettere la necessità della presenza pubblica della religione cattolica, mentre delle altre religioni si può al massimo pensare ad una presenza accidentale e tollerata.
Circa il fondamento della libertà di culto, normalmente si dice che essa si fonda sulla dignità della persona umana. Però, in questo modo si ricade nello stesso circolo vizioso visto sopra. Come ha sostenuto tra gli altri Romano Guardini, il concetto di dignità della persona nasce col cristianesimo e quando il cristianesimo si indebolisce nella vita sociale e politica allora anche la dignità della persona viene persa di vista. Allora anche la dignità della persona ha bisogno della religione vera, sicché non è corretto fondare su di essa la giusta libertà di culto che è invece il suo stesso fondamento. Si fonda sulla dignità umana il ruolo pubblico della fede cattolica, quando invece è quest’ultima a fondare ultimamente la dignità umana.
Ripeto, quando si sentono parole come quelle pronunciate da papa Francesco al Corpo diplomatico non si può non assentire, e nello stesso tempo non si può non tornare con la mente a come la questione della libertà di culto attenda ancora un chiarimento definitivo.