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L’Eucaristia, la forza del beato Pier Giorgio Frassati

Inizia oggi l’Anno Frassatiano, dedicato al grande beato e prossimo santo di cui nel 2025 ricorre il centenario della morte. Ai suoi funerali venne alla luce la sua carità per i poveri. Che aveva una sorgente: l’Eucaristia.

Ecclesia 04_07_2024
Pier Giorgio Frassati

Oggi, dies natalis del beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925), si apre l’Anno Frassatiano, dedicato appunto al giovane laico nato e vissuto a Torino nel primo quarto del XX secolo, di cui il 4 luglio 2025 ricorrerà il centenario della morte. Sempre l’anno prossimo, anno di Giubileo per tutta la Chiesa cattolica, si attende la canonizzazione dello stesso Frassati, preannunciata dal prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il cardinale Marcello Semeraro.

Tanto è stato detto di questo giovane dal fisico atletico e che pur digiunava (cfr. L. Frassati, Mio fratello Pier Giorgio. La fede, Paoline, 2004, pp. 97-103), morto ad appena 24 anni a seguito di una malattia a decorso rapidissimo, che lo riconsegnò al Creatore nel giro di cinque giorni dai primi sintomi. Si è sottolineato il suo senso dell’amicizia, l’allegria, l’appartenenza a diverse associazioni, la sua concezione della politica, le escursioni in montagna, le scalate da alpinista provetto, l’amore per i poveri, che Pier Giorgio aiutava sia collaborando con le Conferenze di San Vincenzo sia con continue elemosine personali. Non si trattava di offerte del superfluo perché i suoi genitori, sebbene ricchi, non gli passavano molto denaro. Non di rado il beato donò ai poveri anche i soldi a lui necessari per il biglietto del tram, con il risultato che a volte tornava a casa a piedi. Una carità di cui erano ignari i suoi stessi genitori, che ne ebbero contezza solo dal giorno dei funerali in poi, quando a onorare la salma di Pier Giorgio si presentarono innumerevoli poveri, rendendo manifesta la sua santità.

Ma se questi erano alcuni dei tanti frutti del nostro futuro santo, bisogna ricordare che cosa dava nutrimento all’albero. È necessario cioè sottolineare la sua intensa vita di preghiera e la costanza nell’accostarsi ai sacramenti.

Le molte testimonianze sul beato Frassati – sia da parte di sacerdoti e religiosi che di laici – convergono nel restituirci il ritratto di un giovane dalla grande purezza. A motivo di essa, Pier Giorgio sentiva il bisogno di confessarsi spessissimo, anche in più giorni consecutivi, per ripulire l’anima da ogni macchia di cui fosse cosciente. «Assistetti a un suo scatto durante una gita in montagna; non ricordo i particolari – affermava l’ingegner Cesare Randone – ma ho presente che il mattino successivo ci precedette in chiesa per confessarsi». Dai 14 anni fino alla morte ebbe un confessore abituale – il salesiano don Felice Cane – ma non si faceva alcun problema, a seconda delle necessità, a confessarsi con altri sacerdoti. D’altra parte, scriveva Luciana Frassati (1902-2007), sua sorella, «era talmente privo di rispetto umano e così puro di cuore, che non rappresentava per lui una fatica mutare le orecchie che lo ascoltavano». Il suo unico fine era essere gradito a Dio, sapendo che da qui discende tutto il resto.

Già da bambino, Pier Giorgio aveva manifestato una pietà straordinaria. Si commuoveva quando le cameriere di casa Frassati gli raccontavano episodi della vita di Gesù. E i domestici riferivano che già intorno ai 10-11 anni non andava a letto se non dopo aver pregato a lungo.

Ma la svolta più netta nella sua vita spirituale fu quando – intorno ai 17 anni e mezzo, su consiglio di un sacerdote, il gesuita Pietro Lombardi, all’Istituto Sociale di Torino – iniziò la pratica della Comunione quotidiana. La madre tentò di opporsi e discusse animatamente con padre Lombardi, perché temeva che in quel modo l’Eucaristia potesse divenire, per il figlio, una sterile abitudine. «Non conosceva evidentemente suo figlio – testimoniò anni dopo lo stesso gesuita – e io mi limitai ad assicurarla che lo avrei fatto comunicare una volta alla settimana, dicendo però tra me: “Piglia tempo e camperai”. Infatti, soltanto quattro giorni dopo sentii battere alla mia porta: era Pier Giorgio che saltando di gioia mi diceva: “Padre, ho vinto io”. “E che cosa mai hai vinto da essere così felice? Un terno al lotto?”, gli risposi. E lui subito: “Eh, Padre… lei lo sa benissimo; posso fare la Comunione tutti i giorni. Ho insistito tanto!”. “Ma spero che tu non abbia mancato di rispetto”, gli replicai serenamente. Egli punto afflitto, come avessi pensato un’assurdità: “Oh, no, Padre!”. Non dimenticherò più la gioia del suo volto in quel giorno. Era luminoso per la sua stessa sincerità che gli permetteva di gustare appieno i godimenti spirituali. E infatti parlava di Nostro Signore e dell’Eucaristia con entusiasmo indescrivibile, vivo e schietto come tutta la sua persona».

La devozione con cui Pier Giorgio si accostava all’Eucaristia e, poi, faceva il ringraziamento era motivo di ammirazione per coloro che assistevano alla scena. I suoi gesti erano semplici, mai affettati. «Ecco un nuovo santo giovane il quale non può più restare a lungo lontano dal Cielo», disse fra Domenico Bandini la prima volta che lo vide comunicarsi. Diversi testimoni affermano che all’atto della Comunione o durante l’adorazione del Santissimo Sacramento il suo aspetto esteriore e, in particolare, il suo volto erano come trasfigurati, «quasi che la bellezza divina fosse trasfusa in lui», come affermò la professoressa Zaira Veneri Gallino, che aveva potuto osservare il beato durante diverse adorazioni eucaristiche notturne.

I fedeli rimanevano ammirati anche quando Pier Giorgio serviva Messa. Era attento a ogni parola e gesto del sacerdote, tanto più al momento della consacrazione, quando i suoi occhi si fissavano sull’Ostia. Anche qui i suoi gesti erano semplici e al tempo stesso precisi, come quelli di un soldato che si trova di fronte al suo re o, meglio, al “Re dei re”, come Frassati chiamava Gesù. Alcune volte gli capitò di vedere dei giovani che seguivano la S. Messa sempre in piedi: «Potrebbero inginocchiarsi almeno al Sanctus e adorare il SS. Sacramento», disse un giorno a un sacrista, Giovanni Cerruti, manifestando così il suo dispiacere.

All’amore per l’Eucaristia si accompagnava quello per la Madonna. Recitava il Rosario ogni giorno: questa recita costante iniziò nello stesso periodo della Comunione quotidiana. Raccomandava agli altri di fare altrettanto, come fece ad esempio nel discorso del 29 giugno 1923 ai giovani di Pollone, quando si soffermò sul come mettere in pratica il motto di Azione Cattolica: «preghiera, azione e sacrificio». A proposito della preghiera, esortò i giovani a coltivare «tutte le pratiche di pietà, prima fra tutte la SS. Eucaristia. (…) Cibatevi di questo pane degli angeli e di là trarrete la forza per combattere le forze interne, le lotte contro le passioni e contro tutte le avversità perché Gesù Cristo ha promesso a coloro che si cibano dell’Eucaristia la Vita eterna e le grazie necessarie per ottenerla. E quando sarete totalmente consumati da questo Fuoco Eucaristico allora potrete più coscientemente ringraziare il Signore Iddio, che vi ha chiamato a far parte della sua schiera e godrete di quella pace, che i felici secondo il mondo non hanno mai provato (...)».