Lettonia, la "disinformatja" Lgbt colpisce la Chiesa
Nei giorni scorsi sulla stampa internazionale è passata la notizia che l'arcivescovo di Riga, monsignor Stankevics, ha chiesto al Parlamento di approvare una legge per riconoscere le unioni gay. Ma la notizia, come spiega alla Bussola lo stesso arcivescovo, era falsa, originata dal totale travisamento delle sue parole da parte dell'agenzia di stampa nazionale. Al contrario, in una audizione davanti alla Commissione affari sociali del Parlamento, l'arcivescovo aveva perorato la causa dell'unicità della famiglia naturale e del matrimonio, in un momento di forte pressione, anche internazionale, per approvare le unioni gay.
Disinformazione. Come ai tempi dell’Unione Sovietica, "disinformatja". Questa volta a servizio del potere del momento, cioè la lobby Lgbt, e la vittima è la Chiesa cattolica della Lettonia, più precisamente l’arcivescovo di Riga, monsignor Zbignevs Stankevics. È successo che nei giorni scorsi l’agenzia nazionale di stampa, Leta, ha diffuso con grande rilievo la notizia che monsignor Stankevics ha chiesto al Parlamento lettone (Saeima) di approvare una legge per il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso. Richiesta poi reiterata dall’intera Conferenza episcopale lettone.
La notizia è di quelle che non passano inosservate, e infatti veniva ripresa da diverse testate internazionali e quindi anche dalla Bussola (articolo ora rimosso). Peccato non fosse vera. Ovvero: monsignor Stankevics è stato effettivamente ascoltato in una audizione alla Commissione Saeima per gli affari sociali, ma il suo discorso era di tutt’altro tenore, puntava invece a difendere l’unicità del concetto di famiglia dagli assalti della lobby Lgbt.
È lo stesso monsignor Stankevics a spiegarlo alla Nuova Bussola Quotidiana, denunciando questa fake news che «ha causato un danno morale non solo a me personalmente, ma all’intera Chiesa di cui sono vescovo».
Che cosa sta dunque succedendo in Lettonia? «Come nell’Europa occidentale 10-20 anni fa, anche qui da qualche anno c’è una guerra contro la famiglia naturale. Con le elezioni del 2018 la Lettonia ha un Parlamento e un governo molto frammentato, con forte crescita della presenza pro-Lgbt nella politica e nei media». Lo scontro tra difensori dell’ordine naturale e fautori della rivoluzione antropologica si è quindi radicalizzato e il tema del riconoscimento delle unioni gay è arrivato in Parlamento. In questo scenario è poi arrivata in novembre, pesantissima, la sentenza della Corte Costituzionale che riconosce il diritto al “congedo di paternità” anche in una coppia dello stesso sesso, invitando il Parlamento ad adeguare la legge a questa sentenza.
Così il 14 dicembre la Conferenza episcopale lettone ha pubblicato una lettera aperta al presidente della repubblica Egils Levits, al primo ministro Krišjānis Kariņš, al presidente del Parlamento e ai capi delle commissioni parlamentari interessate, chiedendo di non modificare la definizione di famiglia naturale e di matrimonio. È qui che si colloca l’intervento dell’arcivescovo di Riga davanti alla Commissione Saeima per gli affari sociali, il 15 dicembre: «L’attacco alla famiglia naturale - spiega monsignor Stankevics - sta creando una forte tensione sociale e una profonda spaccatura della nostra società. La situazione, aggravata anche dalle paure per il Covid-19, è esplosiva, perciò ho chiesto a degli esperti un suggerimento su come risolvere alcuni problemi pratici legati alle convivenze – ogni genere di convivenza – senza mettere in pericolo la definizione di famiglia e di matrimonio». Ne è nata una proposta, cioè una “Legge sulla convivenza domestica dichiarata e sull’assistenza reciproca”, che è ciò che l'arcivescovo di Riga ha sostenuto in Parlamento.
In cosa consiste? Nel riconoscere alcuni diritti – subentro nell’affitto, visita negli ospedali e altre questioni economiche – a tutti coloro che vivono insieme prendendosi cura l’uno dell’altro, quindi anche anziani, genitori affidatari, persone con bisogni speciali con i loro accompagnatori, anche membri di congregazioni religiose. Ovvero «una soluzione tecnica che non tocca questioni ideologiche e che non viola i valori fondamentali della società», dice monsignor Stankevics. Per questo motivo si parla anche di “dichiarazione” e non “registrazione”: «Dichiarazione – spiega l’arcivescovo di Riga – è un concetto neutro, è un semplice atto davanti a un notaio e non implica registrazioni statali che assimilerebbero queste convivenze al matrimonio». Infatti, altri hanno poi proposto al Parlamento una semplice modifica della Legge notarile.
Tutto questo ha detto l’arcivescovo alla Commissione parlamentare, ma nel lungo resoconto dell’agenzia di stampa nazionale, le parole di monsignor Stankevics sono state artatamente travisate facendogli dire che ci sono «ritorsioni e odio» per coloro che raccolgono firme a favore della registrazione delle unioni gay; e quindi è bene «lasciare da parte l’ideologia» e «offrire meccanismi di protezione per le famiglie dello stesso sesso». E lo stesso titolo della notizia indirizzava chiaramente l’interpretazione delle parole del vescovo: «Quando si decide sulla protezione delle coppie dello stesso sesso, l’ideologia e le credenze religiose devono essere abbandonate».
Dopo reiterate proteste e con la prova della registrazione del discorso in Commissione parlamentare, l’arcivescovo di Riga ha ottenuto che l’agenzia Leta correggesse la notizia, a cominciare dal titolo, ma il danno era ormai fatto perché la notizia della richiesta della Chiesa cattolica lettone per una legge sulle unioni gay era ormai girata nel mondo. A rafforzare l’impressione che ormai la Chiesa si stia ovunque accodando al potere dominante.
Detto questo, e denunciata quindi con forza questa opera sistematica di disinformazione, una parola va però anche detta sulla proposta caldeggiata dall’arcivescovo, che anche in Italia era stata avanzata a suo tempo dall’onorevole Carlo Giovanardi come alternativa alla legge Cirinnà. Noi crediamo che, malgrado le buone intenzioni e anche le ragioni giuridiche, si tratti di una proposta ingenua e inefficace se è pensata come strumento per evitare l’equiparazione delle unioni gay al matrimonio e alla famiglia. Anche ammesso che fosse approvata, sarebbe soltanto intesa come un primo cedimento, il classico buchino nella diga che ne provocherà il crollo.
Guardando anche all’esperienza degli altri Paesi occidentali e a cosa sta succedendo nella Unione Europea, è ingenuo pensare che la lobby Lgbt si accontenti di risultati di questo genere: la guerra è stata dichiarata per arrivare alla totale distruzione della famiglia e non si fermeranno fino a obiettivo pienamente raggiunto. È come se alla Germania nazista che voleva prendersi la Polonia si fossero offerti i gabbiotti della polizia polacca di confine.
Inoltre, a un risultato pratico sostanzialmente nullo, corrisponde l’alto rischio di essere fraintesi e strumentalizzati nei princìpi che si vuole difendere. Ci si espone più facilmente all’opera di disinformazione del potere. Come l’episodio dell’arcivescovo di Riga dimostra chiaramente.