L'eterna scelta tra Babele e la Pentecoste
Non è casuale, ci dice Papa Francesco, che la fede nella Chiesa sia professata nel Credo subito dopo la fede nello Spirito Santo. E lo Spirito ci aiuta a non dimenticare che la ragion d'essere della Chiesa è l'evangelizzazione.
Proseguendo nelle sue catechesi sul Credo per l'Anno della fede, il 22 maggio Papa Francesco ha iniziato a commentare le parole «Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica», affermando che non è casuale che la fede nella Chiesa sia professata nel simbolo apostolico subito dopo la fede nello Spirito Santo. «C’è un profondo legame tra queste due realtà di fede: è lo Spirito Santo, infatti, che dà vita alla Chiesa, guida i suoi passi. Senza la presenza e l’azione incessante dello Spirito Santo, la Chiesa non potrebbe vivere».
Guardare allo Spirito Santo aiuta a non dimenticare che la ragion d'essere della Chiesa è l'evangelizzazione. «Evangelizzare è la missione della Chiesa, non solo di alcuni, ma la mia, la tua, la nostra missione».
Il Papa ha citato il venerabile Paolo VI (1897-1978), il quale nell'esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi» sottolineava che «evangelizzare… è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare». Nello stesso documento di Papa Montini leggiamo: «È lui, lo Spirito Santo che, oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da Lui, che gli suggerisce le parole che da solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo l’animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere la Buona Novella e il Regno annunziato». Se vogliamo davvero evangelizzare, si tratterà allora di «aprirsi all'orizzonte dello Spirito di Dio, senza avere timore di che cosa ci chieda e dove ci guidi. Affidiamoci a Lui! Lui ci renderà capaci di vivere e testimoniare la nostra fede, e illuminerà il cuore di chi incontriamo», rinnovando l'esperienza della Pentecoste.
Lo Spirito Santo garantisce, come confessiamo nel Credo, che la Chiesa sia «una». Crea «l’unità, la comunione», che sono il contrario della confusione e della divisione descritte nell'episodio biblico di Babele. «A Babele, secondo il racconto biblico, era iniziata la dispersione dei popoli e la confusione delle lingue, frutto del gesto di superbia e di orgoglio dell’uomo».
La Pentecoste sana la ferita inferta all'umanità a Babele: «non c’è più l’ orgoglio verso Dio, né la chiusura degli uni verso gli altri, ma c’è l’apertura a Dio, c’è l’uscire per annunciare la sua Parola: una lingua nuova, quella dell’ amore che lo Spirito Santo riversa nei cuori». Se a Babele ci fu la confusione delle lingue, a Pentecoste «la lingua dello Spirito, la lingua del Vangelo è la lingua della comunione, che invita a superare chiusure e indifferenza, divisioni e contrapposizioni».
Tutti dobbiamo scegliere fra Babele e la Pentecoste. «A volte sembra che si ripeta oggi quello che è accaduto a Babele: divisioni, incapacità di comprendersi, rivalità, invidie, egoismo. Io che cosa faccio con la mia vita? Faccio unità attorno a me? O divido, con le chiacchiere, le critiche, le invidie? Che cosa faccio? Pensiamo a questo».
La Chiesa una evangelizza. E lo fa con coraggio. «Ecco un altro effetto dell’azione dello Spirito Santo: il coraggio, di annunciare la novità del Vangelo di Gesù a tutti, con franchezza (parresia), a voce alta, in ogni tempo e in ogni luogo».
Le difficoltà non mancano. Le superiamo non rinunciando all'evangelizzazione, ma al contrario impegnandoci di più nell'uscire e portare l'annuncio agli altri. Sperimentiamo allora quella che ancora la «Evangelii nuntiandi» del venerabile Paolo VI chiama «la dolce e confortante gioia di evangelizzare». Sì, «evangelizzare, annunciare Gesù, ci dà gioia; invece, l'egoismo ci dà amarezza, tristezza, ci porta giù; evangelizzare ci porta su». La Chiesa una è dunque caratterizzata dall'unità e dal coraggio.
C'è un terzo elemento: la Chiesa è una e si mantiene una se prega. La preghiera non sottrae tempo all'evangelizzazione. Al contrario, «una Chiesa che evangelizza deve partire sempre dalla preghiera, dal chiedere, come gli Apostoli nel Cenacolo, il fuoco dello Spirito Santo. Solo il rapporto fedele e intenso con Dio permette di uscire dalle proprie chiusure e annunciare con parresia il Vangelo. Senza la preghiera il nostro agire diventa vuoto e il nostro annunciare non ha anima, e non è animato dallo Spirito».
C'è in queste parole un'eco implicita di un classico della spiritualità che Benedetto XVI citò nel suo viaggio a Lourdes: «L'anima di ogni apostolato» del benedettino dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935), un testo che spiega come in effetti un apostolato che pensi di diventare più efficace sottraendo tempo alla preghiera diventa un apostolato senza anima.
Papa Francesco ha concluso citando le parole di Benedetto XVI al Sinodo dei Vescovi del 2012: la Chiesa «sente soprattutto il vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così, con nuovo entusiasmo, siamo in cammino e ringraziamo il Signore».
Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, non dai nostri progetti umani, e la Chiesa sarà davvero una.