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100 ANNI DI CALVINO / 6

L’essere dimezzato e la necessità di essere salvato

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Nel Visconte dimezzato Calvino intende mettere in evidenza l’uomo «dimidiato, mutilato, incompleto», cioè l’uomo contemporaneo. Innegabile nella sua opera, come confessa lo stesso scrittore italiano, è l’influsso di Stevenson.

Cultura 29_05_2023

Qual è il destino del Medardo buono e di quello cattivo? Da quando la parte buona del visconte è tornata in paese e viene considerata un santo per tutti i gesti di bontà che profonde in nome dei bisognosi, il dottor Trelawney riprende a praticare la medicina e si rende conto di tutti i dolori e i mali di cui soffre la gente, mentre il Gramo medita di sopprimere il Buono al più presto. Così ordisce una congiura contro di lui, ma gli sbirri che devono trucidare il Medardo altruista gli rivelano il piano, decidendo di uccidere il cattivo. Il Buono però si oppone:

Non alzate le mani su di lui né su nessuno, vi scongiuro! Anche a me addolora la prepotenza del visconte: eppure non c’è altro rimedio che dargli il buon esempio, mostrandoglisi gentili e virtuosi.

Così, il Buono consegna loro una parte dell’unguento che gli eremiti gli hanno lasciato quando lo hanno salvato: assegna loro il compito di donarlo al Gramo perché senta meno il dolore, quando c’è il cattivo tempo. Gli sbirri obbediscono, ma vengono trucidati dal Medardo cattivo.

L’unica persona che non si commuove mai per il visconte buono è la balia Sebastiana che lo rimprovera per le malefatte del cattivo, mentre offre al cattivo consigli che potrebbe intendere e seguire solo il Buono. Insomma, tratta Medardo come un’unità, un’unica persona.

Immunizzato dal contagio («sempre, pare, per le cure misteriose degli eremiti»), il Buono inizia a curare i lebbrosi preoccupandosi anche delle loro anime. Ora, con questo «figuro ritto su una gamba sola, […] cerimonioso e sputasentenze» nessuno può «fare il piacer suo senz’essere recriminato in piazza suscitando malignità e ripicche». Anche le donne lebbrose si ritrovano sole, senza più possibilità di far baldoria. Così l’ammirazione per il Buono va diminuendo prima tra i lebbrosi, poi tra gli ugonotti, anche loro divenuti oggetto delle sue prediche. A Terralba tutti si sentono perduti «tra malvagità e virtù ugualmente disumane».

Nel paese si sparge la notizia che Pamela si sposa con il visconte: con quale parte convolerà a nozze? Neanche Pamela lo sa precisamente, la notte prima delle nozze. La mattina dopo il cavallo del Gramo si azzoppa, mentre il Buono arriva puntuale in chiesa. Così il matrimonio viene celebrato regolarmente. Pronunciate le formule, sopraggiunge il Gramo che pretende di essere lui il marito di Pamela. Si fissa un duello per il giorno seguente al Prato delle Monache. I due combattono con foga e si feriscono riaprendo così le ferite provocate quando il corpo era stato diviso in due dalla palla di cannone. I due finiscono per terra l’uno accanto all’altro, mentre il dottor Trelawney grida di gioia, già certo che il visconte verrà salvato. Il Gramo e il Buono vengono bendati insieme (tanto che il corpo sembri un antico «morto imbalsamato») in modo tale che le viscere e le arterie dell’una e dell’altra parte possano combaciare esattamente. Il visconte viene vegliato giorno e notte finché riprende a muoversi e a dar segni di guarigione. Finalmente si ristabilisce, apparentemente tornando com’era prima dell’incidente, possedendo ora però la coscienza della cattiveria e della bontà.

Nel paese non inizia però un periodo di felicità, perché non basta «un visconte intero perché diventi completo tutto il mondo». Il dottor Trelawney riprende ad interessarsi ai malati, finché un giorno non riparte per l’Australia.

Innegabile, confessa Calvino in un’intervista rilasciata a Bernardo Valli per la Repubblica («Quei “cattivi” pieni di fascino», 5-6 novembre 1978), è l’influsso di Stevenson di cui si sente il profumo «anche nel giro delle frasi e nel tono della narrazione» e si sente l’omaggio nel nome del dottor Trelawney (ne L’isola del tesoro compare il personaggio Squire Trelawney). In Stevenson il tema del doppio ritorna spesso. Il romanziere scozzese affronta il tema del Male con la emme maiuscola, del «fondo nero dell’animo umano» con grande calcolo e razionalità. Confessa ancora Calvino a Giorgio Soavi:

«Lo scrittore ideale, per me, è forse Stevenson. Il suo racconto è pieno di forza morale ed è una favola; lui, come uomo intendo, sta lottando contro il male, è malato quindi debole, debilitato: ma con il coraggio ce la fa, si salva. E quando va a stare in quell’isola nella quale ormai sta malissimo non solo riesce a scrivere ma diventa, per quelli del luogo, una specie di santone. Si fa adorare proprio come un uomo. Una vita e un talento non sprecati, non egoisti. Lui è esistito per gli altri da vivo, oltre che per la sua arte» (intervista per la rivista Amica).

Stevenson aveva scritto Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886). Il dottore protagonista della vicenda ha creato un siero per realizzare un uomo nuovo che sia immune dal male. Il suo tentativo è quello di dare vita ad una nuova natura umana. Il dottore è emblematico dell’epoca contemporanea che ha posto sul piedistallo la scienza eliminando Dio e il Mistero.

La creazione di un uomo nuovo, scevro dal male, porterebbe all’affrancamento definitivo dalla necessità di un Salvatore e della grazia. Un uomo così si pone sul piedistallo e si erge definitivamente a Dio. Il delirio di onnipotenza del dottor Jekyll è destinato a scontrarsi con la realtà e la natura umana. Il dottore deve riconoscere che nonostante tutti gli sforzi è ancora perseguitato dalla sua duplicità, dalla possibilità di compiere il male, dagli istinti più bassi che, repressi, iniziano a «ringhiare per uscire dalla prigione». Il dottore si sdoppia così in due: il dottor Jekyll (con le sue aspirazioni, le sue velleità di bene, il suo atteggiamento formalmente corretto) e Mr. Hyde, concentrato di male, dall’apparenza quasi diabolica, non più umana. La seconda componente, quella cattiva, odia sempre più quella buona, rinuncia «alla propria interezza di persona per regredire alla condizione subordinata di parzialità», finisce per prevalere. Il tentativo della scienza di creare l’uomo nuovo è miseramente fallito.

Nel Visconte dimezzato Calvino intende mettere in evidenza l’uomo «dimidiato, mutilato, incompleto», cioè l’uomo contemporaneo. In un’intervista del 1979 (rilasciata a Nico Orengo) Calvino sottolinea come la parte cattiva è molto crudele, mentre quella buona è noiosa e meticolosa. «Il personaggio positivo può essere soltanto l’uomo intero, e non una metà né l’altra». È una constatazione il fatto che nell’uomo ci siano una parte buona e una cattiva. L’esperienza e l’osservazione della realtà umana portano Calvino ad una descrizione obiettiva dell’essere umano molto simile alla visione antropologica cristiana secondo la quale l’uomo è lacerato, ferito dal peccato originale. Non esistono uomini totalmente cattivi né tantomeno del tutto buoni. L’uomo è suscettibile di cadere e commettere errori.