Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL BUON USO DELLE PAROLE / 2

L’essenziale per un retore: una salda cultura

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La capacità di espressione è figlia di un percorso fatto di studio e fatica. Come diceva Catone il Censore: «Possiedi gli argomenti, le parole seguiranno». Il buon retore non è uno che sa tutto, ma si forma in discipline basilari.

Cultura 05_02_2024
Cicerone (Musei Capitolini, licenza CC_Glauco92)

L’ignoranza non può andare a braccetto con la retorica, perché da sempre il retore deve possedere una salda cultura. Non sarà un caso che Catone il Censore offriva un suggerimento a tutti per esprimersi meglio: «Rem tene, verba sequentur» ovvero «possiedi gli argomenti, le parole seguiranno». Suggerimento, questo, che permetterebbe di risolvere tante situazioni sia nel mondo scolastico che extrascolastico: a uno studente che si accinge alla scelta della traccia, Catone suggerisce di cimentarsi sull’argomento che conosce meglio; al ragazzo che è convinto di non saper parlare ed esprimersi, Catone consiglia di partire dalla fatica di studiare per migliorare nell’espressione; a tutti i tuttologi che si esprimono su qualsivoglia argomento di morale, di politica, di attualità, Catone raccomanda di coltivare la cultura, approfondire le questioni e soltanto dopo esprimere un giudizio, che uscirà in una forma che sarà più chiara, comprensibile e precisa.

Se oggi molti studenti non si esprimono bene nelle interrogazioni, le ragioni sono da ricercare anche nel fatto che non conoscono bene gli argomenti. Fateli parlare di temi che li appassionano, vedrete come cambieranno la loro sicurezza espositiva, il tono dell’eloquio e la scelta lessicale. Uno dei primi consigli che si offrono ai neofiti nei corsi di scrittura è quello di scegliere soggetti e argomenti ben conosciuti per i propri romanzi e racconti.

Duplice è, quindi, l’insegnamento del detto catoniano: «Possiedi gli argomenti, le parole seguiranno». Da una parte, informati, preparati, studia prima di parlare, di scrivere, di argomentare, di formulare un giudizio e di prendere posizione. Dall’altra, muoviti in acque che conosci bene e non mostrarti esperto su tutto.

Le parole hanno un peso, possono essere armi che feriscono o medicine che leniscono la sofferenza e guariscono. «Le parole tue sien conte» consiglia Virgilio a Dante prima che si diriga verso la tomba di Farinata e inizi a discorrere con lui. «Conte» significa conosciute, ma anche ponderate, soppesate. Conoscenza, giudizio e buon senso sono fondamentali prima di dialogare con l’altro. Occorre, quindi, coltivare l’arte della pazienza e del sacrificio. La capacità di parola, l’argomentazione e l’espressione di un giudizio sono figlie di un percorso serio che necessita fatica e spirito di abnegazione. La forma è importante. I toni, la cortesia, l’eleganza sono intimamente connessi con i contenuti.

Che cultura deve avere un buon retore secondo Cicerone? Nel De oratore lo scrittore latino sostiene che per formarsi il retore deve: «Leggere i poeti, conoscere le storie, leggere e rileggere i maestri e gli scrittori delle belle arti, farne l’elogio, spiegarli, emendarli, esporne i difetti […]. Bisogna imparare a fondo il diritto civile, conoscere le leggi, apprendere tutta la storia antica, gli statuti del Senato, l’ordinamento dello Stato, i diritti degli alleati, i trattati pubblici, i patti privati, i privilegi dell’impero». Storia, filosofia, diritto, letteratura, poesia sono alla base della formazione del retore. Da queste discipline il retore ricava immagini, exempla, citazioni, aneddoti, fatti, racconti che possono rendere più accattivante il discorso o dimostrare una tesi.

Ma non bastano queste conoscenze. In un mondo come quello romano assai diffidente nei confronti della filosofia, Cicerone fu il primo fautore di una formazione anche filosofica per la gioventù romana. Retorica e filosofia non si oppongono. La filosofia è guida per la vita come ben esprime Cicerone nel V libro delle Tusculanae disputationes: «O filosofia, guida della vita, maestra di virtù, distruggitrice dei vizi! Che cosa, senza te, non solo io, ma tutta la vita umana, sarebbe potuta essere? […] In te ci rifugiamo, a te chiediamo aiuto, a te, come prima in gran parte, così ora profondamente e totalmente ci dedichiamo».

Eppure, molti trascurano la filosofia. Ma la formazione umanistica è fondamentale per costruire le basi di un retore, di uno scrittore, di un parlatore, di chiunque voglia lavorare nell’ambito della comunicazione. In un mondo dominato dalla tecnocrazia e dalla finanza, ove le facoltà umanistiche sono considerate di secondo ordine, occorre il coraggio di mostrare sempre più la loro utilità per la formazione dell’uomo e di una civiltà migliore. Le facoltà universitarie umanistiche dovrebbero tutte offrire corsi di insegnamento della retorica. Aggiungiamo noi che la conoscenza della retorica è propedeutica al mondo dell’insegnamento di qualsiasi disciplina.

Partendo da Cicerone, nell’Institutio oratoria Quintiliano amplia ancor di più le discipline in cui il perfetto oratore si dovrà formare. Non bastano la retorica, la storia, la filosofia, il diritto, la conoscenza dei costumi, della religione e dello Stato. Il giovane deve studiare perfino la musica, la matematica, la geometria e l’astronomia. Per quali ragioni?

La conoscenza della musica permette di conferire un andamento musicale all’orazione che possa impressionare maggiormente gli animi degli uditori. Storia, letteratura, poesia permettono al retore di usufruire di un ampio panorama di immagini e di esempi antichi che possano essere utilizzati nel discorso. Non saranno certo matematica, musica e altre arti che possiamo aggiungere «a formare l’oratore che deve essere colto», ma «anche queste arti lo aiuteranno a completarsi».

L’eloquenza, considerata da Quintiliano il dono più alto che è stato offerto all’uomo, ha bisogno «di parecchie arti, le quali, anche quando non si rivelano e non si scoprono, le aggiungano nondimeno una forza misteriosa e, pur silenziosamente, fanno sentire la loro presenza».

Pensiamo al canto XVII del Paradiso, quando il trisavolo Cacciaguida sta per rivelare il destino di Dante; dinanzi alla dimensione incomprensibile del futuro, il poeta si avvale di un linguaggio preciso appartenente alla geometria piana e solida. Dapprima afferma che Cacciaguida vede chiaramente nella mente di Dio così come le menti umane in terra comprendono «non capere in triangol due ottusi». Poi, per descrivere la propria sicurezza si avvale dell’immagine del «tetragono» ovvero del «cubo». L’antifrasi che si crea tra la geometria (disciplina deputata a misurare la terra) e l’incapacità umana a comprendere il futuro sottolinea ancor più l’inanità degli sforzi umani e l’efficacia della grazia del Cielo.

In sintesi, il retore non è esperto di ogni disciplina, rifugge dal mostrarsi profondo conoscitore di ogni ambito dello scibile, ma deve crearsi una base solida che gli permetta di avvalersi di immagini tratte da settori differenti della realtà. Il perfezionamento dello studio della retorica seguirà ad una fase di studio che mira a creare una base del sapere. I consigli di Cicerone e di Quintiliano confortano nell’opinione che la specializzazione debba arrivare solo dopo la formazione di una solida cultura, lungi dalle prospettive di quanti oggi vorrebbero smantellare la cultura anche nei licei, per preparare meglio al mondo del lavoro.



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