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SERVIZI SOCIALI

L'espiazione di Berlusconi

Berlusconi inizia domani il suo periodo ai servizi sociali, da scontare come pena sostitutiva agli arresti domiciliari. Ma servire il prossimo è una forma di "punizione", di "espiazione". O non piuttosto un dovere cristiano di carità?

Editoriali 27_04_2014
Silvio Berlusconi

Ma che hanno fatto i tuoi amici che servono i poveri alla mensa per più sere a settimana? Quali pene espiano? Sono volontari o ai “lavori forzati”? Questi sono i semplici dubbi che nascono in una bambina dopo aver ascoltato i radiogiornali di questi giorni che “informavano” sulle vicende giudiziarie dell’ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

La notizia era che, dopo la sentenza definitiva per il processo Mediaset, è stata discrezione del giudice decidere di affidarlo ai servizi sociali invece di fargli scontare la pena in una delle sue case. Data anche l’età, era certo che non sarebbe finito in carcere.

Probabilmente lunedì, 28 aprile, Silvio Berlusconi comincerà ad espiare la sua pena presso la Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone. L’ex-Cavaliere, dopo un primo momento di osservazione guidata, potrà svolgere attività del tipo più vario (si pensa a mansioni di animazione o, nei limiti del possibile e compatibilmente con le sue condizioni di salute, di assistenza). L'attività durerà per tutto il periodo dell'affidamento, per almeno quattro ore consecutive, una volta alla settimana.

«Si tratta comunque di una forma di espiazione della pena», ci tengono in molti a precisare. Ma si può presentare l’assistenza agli anziani come lo scontare o riparare ad una colpa accettando con rassegnazione la relativa punizione? Eppure nel mondo attuale, per molti adulti, ciò non desta sorpresa.

Assuefatti al fatto che spesso “sub-appaltiamo” l’assistenza di figli piccoli e genitori anziani a, inizialmente quasi sconosciute, persone non-italiane (persone che, per assistere i nostri cari, lasciano i loro, dovendo guadagnare per sopravvivere), ormai appare “espiazione” tutto quello che si fa per gli altri rinnegando il proprio egoismo. Si fa qualcosa solo se ci aggrada, se c’è un ritorno per se stessi, altrimenti è divenuto comprensibile il farlo solo quando c’è un corrispettivo in soldi o dobbiamo espiare una pena. Per molti sarebbe ragionevole scontare la pena versando una cauzione.

In questa prospettiva in cui la comunicazione spesso ci porta inconsapevolmente, ad esempio, il progetto di una famiglia “per sempre”, luogo in cui ognuno aiuta l’altro senza compenso “monetario”, in cui il più debole, quello che non può dar niente in cambio, è il più amato, diviene una dannosa e non conveniente gabbia. Più comprensibile la “famiglia” temporanea, ragionevole diviene affermare: ”la Juventus è per sempre, il matrimonio è finché dura”. Se è difficile far comprendere il senso della famiglia, figurarsi come è possibile far credere che aiutando gli altri gratuitamente si riceve più di quel che si dà. La fraternità e gratuità sembrano riguardare solo i Santi e le encicliche, le migliaia di persone che si dedicano agli altri scompaiono sui mass-media.

In questo clima assumono ancor più senso le parole di Papa Francesco alla Messa "In coena Domini”: “Lui è Dio e si è fatto servo, servitore nostro. Questa è l'eredità: anche voi dovete essere servitori gli uni degli altri, lui ha fatto questa strada per amore, anche voi dovete amarvi, essere servitori e nell'amore. Questa è la verità che ci lascia Gesù”, ha detto il Papa, che ha sottolineato che la lavanda dei piedi “è un gesto simbolico, lo facevano gli schiavi, i servi: la gente che veniva a pranzo o a cena, poiché a quel tempo le strade erano di terra, quando entravano in casa era necessario lavarsi i piedi".

Essere servitori e nell'amore, senza esser schiavo o dover espiare pene. “Sognamo noi forse quando parliamo di civiltà dell’amore? No, non sognamo. Gli ideali, se autentici, se umani, non sono sogni: sono doveri. Per noi cristiani, specialmente. Anzi tanto più essi si fanno urgenti e affascinanti, quanto più rumori di temporali turbano gli orizzonti della nostra storia.” (Paolo VI - 31 dicembre 1975). Chissà quando si presenterà sui mass-media il dover assistere gli anziani semplicemente come “l’obbligo” a vivere una vita più umana.